Non tutto era mutato. Non poteva ancora entrare con passo noncurante nel commissariato più vicino, raccontare i fatti e aspettarsi che tutti gli stringessero la mano e facessero auguri di una vita felice a Casey Morrow e alla sua sposa. Non poteva ancora camminare per la strada senza avere sempre a fianco la paura: e che vita era questa? Qualcosa doveva succedere. Questo continuo nascondersi doveva cessare, le fughe e le menzogne dovevano cessare. Si sciacquò il sapone dal viso e stava terminando di vestirsi, con lentezza, pensieroso, quando rincantucciato in fondo alla mente ritrovò un compito non ancora portato a termine. Maggie gli aveva noleggiato una macchina, e il suo scopo era stato di andare a trovare la signora Brunner. Da un pezzo le doveva quella visita, a pensarci bene. La signora Brunner non era la polizia, non era una nemica. Doveva essere in preda all’ansia per la figlia, e poteva darsi che gli riuscisse di contrattare, con quell’arma in mano. Da solo stava concludendo ben poco.
Phyllis stava ancora dormendo quando tornò in camera da letto a prendere il cappotto. Bene. Gli pareva già di sentire la discussione che avrebbe intavolato se le avesse comunicato il suo piano, mentre a giudicare da come dormiva ce l’avrebbe fatta ad andare e tornare, senza che lei sapesse se aveva fatto un viaggio di cinquanta chilometri o se era soltanto andato al bar dell’angolo. Mentre scendeva le scale alla chetichella, sorrideva. Per essere uno sposo novello, stava imparando in fretta!
Non erano necessari né indirizzo né carta topografica per trovare la proprietà di campagna di Darius Brunner: occorreva comprare qualche litro di benzina a una stazione di rifornimento nei dintorni di Arlington e fare due normali chiacchiere. Col passare del tempo, il cielo coperto si era andato rischiarando e il sole cominciava a lanciare qualche timido raggio.
— Oggi, forse, ce la caviamo senza pioggia — osservò Casey.
L’uomo in calzoni da militare e giacca di cuoio, che stava strofinando il parabrezza, sorrise. — Pare di sì — annui.
— Sarà un sollievo, dopo la settimana scorsa.
— Già, ho sentito che in città ha diluviato. Qui non vediamo una goccia d’acqua da ottobre.
Mentre la pompa riversava la benzina nel serbatoio, Casey ebbe tempo da dedicarsi a un altro piccolo problema. Forse era stato il modo accurato con cui l’inserviente aveva pulito il parabrezza à fargli tornare in mente il negro dell’autorimessa di Gorden. Comunque, qualcosa non collimava. Il negro ricordava di avere lavato la macchina di Gorden, dopo quella notte piovosa, eppure questi risultava essere stato con la signora Brunner, e nella zona della signora Brunner non aveva piovuto. Un problema che faceva riflettere, e Casey era felicissimo del totale che saltava fuori.
— Era di queste parti, o sbaglio, quel milionario che è stato assassinato? — chiese, quando l’inserviente apparve di nuovo accanto al finestrino.
— Darius Brunner?
— Proprio lui. Ne hanno parlato tutti i giornali. Lo conoscevate?
L’uomo dalla giacca di cuoio sorrideva di nuovo. Quello non era certamente il primo curioso che gli fosse capitato fra i piedi, nella passata settimana. — L’avevo visto qualche volta — rispose — ma non veniva spesso. Alla moglie piace la campagna, e s’intende molto di cavalli da sella. A voi piacciono i cavalli? A Casey i cavalli non piacevano affatto, e questo suo sentimento era abbastanza giustificato, se si pensa alla batosta che si era buscato per colpa loro, all’ippodromo di Santa Anita; ma per ottenere informazioni era pronto a dichiarare che li adorava.
— Ogni tanto, circa un paio di volte l’anno, la signora permette che si faccia nel suo parco una mostra equina per beneficenza, e io ci vado sempre. Ha dei saltatori in gamba.
— Ci credo! Cercherò di venirci la prossima volta. È qui vicino?
— A ovest del paese. Se andate da quella parte tenete gli occhi aperti: è una casa grande con i granai intonacati di bianco, cintata tutt’attorno da una palizzata bianca.
Granai intonacati e palizzata bianca tutt’attorno… facilissimo. Il resto fu invece meno facile. Ora che si trovava proprio sul posto e stava infilando il cofano della guida interna nel lungo viale tortuoso, Casey aveva paura. Che cosa si dice a una donna il cui marito è stato assassinato e la cui figlia è scomparsa da una settimana? Che cosa si dice a una persona del gran mondo quando si è uno straccione che vive sopra la taverna di Big John e fra parentesi si è il genero di lei? Era questo il fatto che l’aveva trascinato lì e fu per questo che continuò per la sua strada, pur decidendo di non svelarle la verità.
Era ormai arrivato al punto dove il viale si allargava in un ampio parcheggio che si estendeva fino ai granai, ora adibiti probabilmente a scuderie, fiancheggiati da una casetta bianca che doveva essere l’abitazione del custode. Tutto ciò in aggiunta alla grande casa bianca, le cui finestre occhieggiavano tra gli aceri privi di foglie, dignitosa ed elegante quanto gli era parsa la signora Brunner quell’attimo in cui aveva potuto vederla nell’appartamento del marito. Più che spaventato Casey si sentiva intimidito, ma d’un tratto dal recinto apparve un uomo di mezza età in calzoni di cotone e camicia a scacchi rossi che lo mise subito a suo agio.
— Che cosa volete? — chiese il nuovo venuto, aggrottando le folte sopracciglia.
— È la villa Brunner, questa? — domandò Casey, spegnendo il motore.
— E se anche lo fosse?
— Voglio vedere la signora.
Un cane da guardia non avrebbe avuto l’aria più ostile dell’uomo in camicia a scacchi, ma a Casey, la cui paura stava svanendo, non garbava di essere guardato in cagnesco.
— Ah, volete vedere la signora? Tanti altri ficcanaso vorrebbero vederla. Filate e badate ai fatti vostri.
— È proprio quello che sto facendo.
— E cioè?
— È quanto intendo dire a lei.
La conversazione avrebbe potuto continuare all’infinito su quel tono, per cui Casey radunò quanto coraggio aveva e scese dall’automobile, sicuro di riuscire a sistemare quel tipo minaccioso ritto in mezzo al viale. — Non cerco ricordi e non voglio autografi — dichiarò. — Però intendo vedere la signora… a meno che non le interessi affatto avere notizie di sua figlia.
— Un momento!
Casey ristette. No, non era frutto della sua fantasia. L’uomo era impallidito.
— Aspettate, dirò alla signora che siete qui.
Casey accese una sigaretta preparandosi all’incontro. Il custode si allontanò con passo svelto e spari in uno dei granai. Casey fece in tempo a fumare mezza sigaretta, prima di doverla schiacciare col tacco per l’avvicinarsi frettoloso ma misurato della signora Brunner. Misurato, proprio la parola giusta. Non poteva fare a meno di provare ammirazione per quella donna. Anche Phyllis aveva le stesse qualità, ma in lei l’effetto era diverso, in quanto non si sapeva mai se capisse o meno la situazione, mentre la madre capiva, accettava e cercava di prendere le cose per il meglio senza batter ciglio. Stava uscendo dal recinto, figura piena di dignità anche in calzoni da cavallerizza e vecchia giacca di tweed. Camminando, si toglieva un paio di vecchi logori guanti, e i suoi occhi grigi e penetranti non si staccavano dal viso di Casey.
— Desiderate parlarmi? — domandò.
— Infatti.
— Non ho capito il vostro nome.
— Morrow. Casey Morrow.
— Dite di avere notizie di mia figlia?
Nella sua voce era palese un tremito, per quanto lieve. Si sarebbe detto che ritenesse indecoroso manifestare emozione di fronte agli estranei, se pure a volte non riusciva a celarla.
— Sta bene — spiegò Casey con prontezza. — Non le è successo nulla.
Era naturale che non gli gettasse le braccia attorno al collo e che non parlasse per qualche secondo. Guardava le lontane colline, limitandosi a mormorare: — Dio sia ringraziato. — In breve tuttavia si sarebbe ricordata della sua presenza, cominciando a far domande, per cui Casey decise che tanto valeva farla finita. Il custode era rimasto nel granaio e, nel caso che fosse stata necessaria una rapida ritirata, l’automobile era a portata di mano.