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Pazzesco, addirittura folle. Un “bluff” su tutta la linea. Una parola pronunciata da lei, un gesto verso la cabina telefonica, e sarebbe fuggito precipitosamente attraverso la cucina fino al vicolo sul retro. Non era possibile che qualcosa del suo pensiero non trapelasse; lei esitò, scrutandolo di nuovo con i suoi occhi grigi.

— Che c’è? — le domandò.

— Voglio vedere mia figlia. Voglio che la conduciate a casa.

Ora toccava a lui riflettere, ma c’era poco tempo per uno che aveva tante cose di cui occuparsi, e per di più, da un momento all’altro, Phyllis avrebbe potuto fare una mossa sbagliata, forse essere riconosciuta per strada, attirandosi addosso la polizia. Pensando a lei aveva l’impulso di rifiutare, fissando il pensiero su quell’assegno aveva l’impulso di chiedere…

— Quando?

— Stasera. Se vi è più comodo resterò nell’appartamento di mio marito.

Casey invece pensava alla lunga e larga strada maestra che portava a occidente, dove non esistevano semafori, autobus o polizia a intralciarlo se avesse dovuto procedere in fretta. — Non mi garba l’idea del traffico — disse. — Forse non accetterà comunque, ma può darsi che riesca a convincerla a venire in campagna.

Mentre la signora Brunner gli tendeva l’assegno, il suo sguardo gli diceva chiaramente che gli sarebbe convenuto di mantenere l’impegno.

L’assegno era firmato da Victor Vanno. Il nome non significava nulla per lui, ma il timbro sul rovescio indicava che il denaro era stato incassato a una banca nella La Salle Street e questo era un aiuto. Vanno era dunque in città o per lo meno c’era stato al momento in cui l’assegno era stato riscosso. Se i suoi indizi non erano sballati, Victor Vanno doveva trovarsi ancora a tiro. Era logico che esistesse un secondo personaggio, Gorden non avrebbe potuto agire da solo, qualcuno doveva servire da complice nel giochetto che si svolgeva tra la signora Brunner e Vanno per finire a Gorden e qualcuno doveva sapere di Carter Groot. Vanno aveva forse incassato l’assegno uscendo poi dalla banca con il denaro in tasca? Troppo rischioso. Era più facile che fosse rimasto in mano sua soltanto il tempo sufficiente per firmarlo.

Uscito dal ristorante, Casey attese poco lontano finché non apparve Maggie. — Indovinate un po’ — le disse. — Ho un incarico per voi. Potete fingere di essere un severo direttore di banca? Provate a telefonare a questa banca per chiedere se Victor Vanno è un cliente abituale. Informatevi se ha un conto corrente, ma soprattutto cercate di ottenere il suo indirizzo. Fate voi, siete in gamba.

— Un dollaro e sessantacinque — fece Maggie con tono deciso.

— Come?

— … compresa la mancia. Sarei potuta restare a casa mia a mangiare minestra in scatola. Su, datemeli.

— Vada per un dollaro e sessantacinque.

Uno strano indirizzo, quello che Maggie riportò dal suo incarico pomeridiano; strano soprattutto per un uomo che faceva affari da centomila dollari. Casey sentiva l’orgasmo salire. Le cose cominciavano ad assumere forma, prendevano proprio la piega da lui auspicata. Lasciò libera Maggie, che brontolava come sempre, e si avviò a piedi lungo la Madison Street.

Circa due isolati oltre il fiume, si fermò. Collimava perfettamente. Il numero sbiadito sulla porta a vetri corrispondeva a quello scarabocchiato da Maggie sull’assegno, e non si trattava certamente di un albergo di lusso. Su un lato un bar-ristorante, sull’all’altro una sala da gioco, e in mezzo l’alberghetto modesto, con l’ingresso grande come una scatola di fiammiferi e le scale strette, che salivano in direzione di una luce giallastra. Casey andò dritto verso il piccolo banco del portiere, da cui un vecchio con una sporca maglia marrone lo stava fissando.

Alle sue domande questi non si fece più cordiale e ripeté: — Vanno?

— Victor Vanno — confermò Casey.

— Chi lo vuole?

— Io, ve l’ho già detto.

— Non c’è.

Dopo una rapida occhiata tutt’attorno, Casey intravide una porta aperta che conduceva al bar, e decise che quel tipo d’indagine dava davvero una bella sete.

— Aspetterò — disse.

— Non so quando tornerà.

— Aspetterò ugualmente.

Il whisky non era di buona qualità, ma se non altro dissetava. Dopo circa venti minuti di attesa a un capo del bancone, notò con stupore di avere le mani umide di sudore e concluse che fosse dovuto all’orgasmo, in previsione non sapeva neppure lui di che cosa. Ordinò un altro whisky e lo sorseggiò lentamente, ansioso che le cose cominciassero a mettersi in moto. Chi era questo Victor Vanno? Che aspetto avrebbe avuto? Che cosa avrebbe detto? Il barista pareva poco loquace, ma Casey aveva deciso che valeva comunque la pena di tentare, quando la porta che dava sulla strada si aprì, e una donna grassoccia dagli arruffati capelli rossi si accostò al bancone. Non era sbronza, ma neanche del tutto lucida, se parlava tra sé.

— Fuori dai piedi, mi ha detto, non mi seccare. Vi pare il modo di parlare, dico io?

Non ottenne risposta, ma era previsto, in quanto non si rivolgeva a nessuno in particolare, e il barista si limitò a riempire un bicchiere di birra facendolo poi scivolare verso di lei con un gesto che denotava l’abitudine.

— Arie da granduca! Vi dico io… — Tacque il tempo sufficiente per ingollare la birra con un’unica sorsata, che lasciò Casey stupefatto, quindi si asciugò la bocca con il dorso della mano. — Non permetto a nessuno di maltrattarmi — riprese. — No davvero. Adesso vado a dire a quel figlio di…

Il barista fece: — Ehi!

Stava già avviandosi verso l’ingresso dell’albergo e ristette per volgere il capo, urlando: — Pagherà Vanno. Pagherà ben altro, prima che io abbia finito con lui. Non permetto a nessuno di maltrattarmi.

Vanno. A Casey non occorreva altro. Si lasciò scivolare giù dallo sgabello e seguì la donna nell’ingresso, ma lei non si diede la pena di accostarsi al banco del portiere. Sapeva dove andare, e Casey le stava alle calcagna. Le scale conducevano a un corridoio stretto e buio, e la donna, dopo aver sorpassato tre porte, si fermò e prese a girare violentemente la maniglia della quarta. L’uscio non si apri.

— Vanno! — chiamò allora.

Quindi, con voce fattasi improvvisamente melata: — Vanno, tesoro, aprimi.

Casey le diede trenta secondi prima di accostarsi a sua volta per dire: — Andiamo Vanno, aprite.

Dall’altro lato dell’uscio si udirono dei passi avvicinarsi alla porta e soffermarsi indecisi. Quando l’uscio si socchiuse, Casey ebbe l’impulso di farsi da parte, perché contro la luce si stagliava un uomo gigantesco. Vedendo le sue spalle, provò un formicolio alla nuca. Il volto gonfio per il sonno e per le troppe libagioni gli era ignoto, ma avrebbe riconosciuto quelle spalle ovunque. Casey Morrow non era tipo da dimenticare un aggressore, che lo aveva accarezzato con uno sfollagente.

— Ti ho già detto di levarti dai piedi — brontolò Vanno, lanciando un’occhiataccia oltre Casey e cioè in direzione della donna, che adesso esitava in un angolo a bocca aperta. — Chi ti sei tirato dietro? Che trucchi stai tentando? — Non fece neppure caso al bofonchiare di lei e indietreggiò di qualche passo, in modo che la luce proveniente dalla stanza illuminasse in parte il corridoio. Casey sentì di essere stato riconosciuto e intanto cercava di ricostruire come erano andate le cose. Gorden e il suo domestico si erano riferiti a vicenda una chiara descrizione dei loro misteriosi visitatori, e l’amico Vanno aveva avuto l’incarico di fare la spedizione alla Erie Street. Ora Vanno stava ricordando e la faccenda potevano complicarsi.

— Salve — fece, entrando nella stanza. — Vi secca se entro?

Non è che si sentisse molto coraggioso, anzi, cominciava ad apprezzare la bibita rincorante bevuta al bar. La donna entrò alle sue calcagna, e non appena Vanno ebbe richiuso la porta, la stanza apparve di colpo molto affollata.