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— Ernie? — La parola era accompagnata da uno sguardo che di solito si riserva agli idioti e ai bambini piccoli. — Se dice che era la Brunner, era lei. Ora vi faccio vedere…

La stanza non guardava verso il lago, e le finestre davano su un grande edificio grigio, sull’altro lato della via. Appunto verso quella direzione puntava il dito il fattorino. — Gli uffici Brunner — spiegò. — Phyllis ci andava spesso e in genere dopo veniva qui al bar Nuvola per. ammazzare qualche ora. L’ho vista io stesso tante volte. Mi chiedevo sempre perché fosse tanto infelice una ragazza provvista di tutto come lei.

— Infelice?

— Lo sembrava. Nervosa, irascibile. Credete a me, se le fosse saltato il ticchio di raccattare un uomo lo avrebbe fatto. Sono passatempi pericolosi, però.

Per un attimo Casey provò il desiderio di scaraventare quello sputasentenze pieno di insinuazioni fuori dalla finestra, ma d’altra parte voleva ottenere ulteriori informazioni. Del resto, non erano tanto le parole del fattorino a dargli quel senso di vuoto allo stomaco, quanto la tremenda consapevolezza di non sapere sull’accaduto più di quanto poteva raccontargli quell’equivoco cameriere o altri teorici. No, non era esattamente così. Era al corrente dell’esistenza dei cinquemila dollari, e non si racimola una somma di quell’entità in una notte, standosene seduto a casa a leggere il manuale del Giovane Esploratore.

— E l’individuo? — chiese. — L’hanno trovato?

— È un punto interessante — fece il ragazzo, aggrottando la fronte, pensieroso. — Si dice che un assassino non possa mai farla franca, e invece succede spesso. Se l’acciuffano, potrà sempre ricorrere all’infermità mentale, è vero, ma non gli servirà molto. Vi occorre altro?

Forse la fantasia di Casey era un poco sovreccitata, ma gli pareva di essere oggetto di un esame troppo attento, a meno che non fossero i dieci dollari a risvegliare l’interesse dell’altro. — Scusa — borbottò, tendendogli la banconota. — Stamattina non sono troppo in gamba. Ieri sera nell’atrio mi sono imbattuto in un vecchio amico e abbiamo alzato il gomito. — (Forse quella frase sarebbe valsa a giustificare il suo intontimento, e per di più sarebbe stata utile nel caso improbabile che il portiere avesse provato a telefonargli durante la notte.)

— Potrei procurarvi qualcosa — si offrì il fattorino, — Ernie ha un rimedio che guarisce o ammazza.

Di nuovo il barista. Casey stava cominciando a odiarlo.

— In questo momento è indaffarato con la Squadra Omicidi, ma in caso di emergenza…

— La Squadra Omicidi! — esclamò Casey con voce strozzata. — Qui?

— Quando sono andato a cambiare il vostro biglietto da cento, stavano ascoltando la deposizione di Ernie. Posso andare a chiedergli…

Casey quasi gridava quando disse: — No, devo prendere un treno. — Ma ora parlava sul serio. Appena il fattorino fu uscito, si lasciò cadere sul letto, ascoltando il martellare ritmico che gli rintronava nella testa.

Questa è la situazione, diceva il martellare. Con tanti posti a disposizione, dovevi proprio cacciarti nel bel mezzo di una muta di segugi a caccia di piste. Del resto, era difficile che le ipotesi del fattorino fossero originali; probabilmente era soltanto il portavoce di idee di altri. Comunque, non aveva importanza. Non erano certo le congetture altrui a spaventarlo, bensì le proprie. In cuor suo stava già fuggendo ancor prima di avere udito il macabro racconto, ancor prima di aver letto i giornali, e l’istinto che gli aveva consigliato di scappare stava facendosi più impellente ogni momento. Se Ernie, che il diavolo lo prendesse, stava parlando alla polizia, esisteva ancora una possibilità di filare dall’albergo prima che ci fosse un allarme generale. La sigaretta, che non ricordava di avere accesa, cominciava a bruciargli le dita. Si alzò in piedi di scatto. Non era il momento di riflettere, occorreva agire.

Per cambiare un poco aspetto, aveva soltanto la risorsa di mettere una camicia pulita e una. cravatta diversa. La maggior parte del suo bagaglio si trovava ancora al deposito della Stazione, e gli pareva quasi di udire Ernie descrivere un individuo che indossava un vestito di gabardine beige. Color sabbia, aveva detto il commesso raffinato, sabbia del deserto, molto elegante. Casey non aveva nessuna voglia di apparire elegante e soprattutto non voleva avere niente in comune con il tizio che Phyllis Brunner aveva raccattato al bar.

Stava già allungando la mano per prendere l’impermeabile (che almeno non era vistoso), quando la propria immagine riflessa nello specchio gli ricordò una cosa. Alzando il braccio destro, vedeva un’ombra scura sotto la manica, e d’un tratto gli tornarono in mente le parole di Maggie. “Era sporca.” La giacca era sporca, e lei l’aveva pulita. Gentile, ma la macchia riflessa nello specchio faceva riaffiorare alla sua mente la macabra fotografia del corpo di Brunner ripiegato su se stesso e dell’attizzatoio insanguinato, che sporcava il tappeto accanto a lui.

Sotto la manica della giacca. Rovesciò quella corrispondente dell’impermeabile e trovò quanto cercava. Maggie non aveva smacchiato altro: il sangue c’era ancora.

4

“Sono Casey Morrow, giovane uomo d’affari (o meglio, exuomo d’affari), appena arrivato da Los Angeles. Sono stato tutta notte in camera mia da bravo ragazzo, non ho mai visto Phyllis Brunner né ho avuto nulla a che fare con l’uccisione di suo padre. La manica della mia giacca non è sporca di sangue e non ho cinquemila dollari incriminati in tasca. Se vedo un poliziotto non ho nessun bisogno di aver l’aria colpevole e non ho ragione alcuna di fuggire…”

Quando l’ascensore giunse nell’atrio aveva a malapena finito di recitarsi questa litania. Uscì con passo frettoloso, adatto a chi vada a prendere un treno, e allontanò con un gesto l’inserviente che voleva prendergli la valigia.

— Faccio io — disse, avviandosi verso il banco della direzione.

“Se fossi stato furbo e avessi ricordato di aver pagato in anticipo avrei potuto dare la chiave a quel giovinastro. Ma forse è meglio così. Non mi pare di vedere nessuno che abbia l’aspetto del poliziotto… o mi sbaglio?”

Un uomo maturo, dal viso austero, stava parlando con un impiegato della direzione, appoggiato al banco. Occhi azzurri e cappello della stessa sfumatura, sotto la cui falda s’intravedevano i capelli grigi. Indossava un impermeabile grigio sgualcito e ormai piuttosto consunto e aveva un aspetto comune, quanto lo può avere un poliziotto. Casey stesso non avrebbe saputo spiegare questa sua erudizione in materia, ma sapeva di vedere giusto. Era inoltre presente una terza persona, un individuo piccolo, con un inizio di calvizie, vestito di scuro, con la cravatta a farfalla, e Casey non dubitava che rispondesse al nome di Ernie. In quel momento stava parlando lui:

— Personalmente — insisteva — non credo che troverete quel tizio registrato qui. Era al verde e contava ogni dollaro come se fosse l’ultimo.

Casey si era avvicinato abbastanza per udire, tenendo la testa girata, e, mentre consegnava la chiave, trasse di tasca il portafogli in modo da far notare quanto fosse rigonfio.

— Un momento, tenente — mormorò l’impiegato, accostandoglisi. — Buon giorno, signore. Ci lasciate?

— Appunto.

— Tutto è stato di vostro gradimento?

— Perfetto, perfetto. Ho dormito come un neonato.

Dopo aver compilato le necessarie schede, l’impiegato sorrise. — Mi pare che il vostro conto sia già saldato, signor Morrow — osservò.

— Davvero? Ah già, ora ricordo. — Stava andandosene, evitando con cura i due all’altro capo del banco, quando gli venne un’idea geniale. — Se qualcuno mi cercasse — aggiunse — dite che ho concluso i miei affari e sono tornato sulla costa.