Seguivano alcune righe di commento, ma non occorreva altro. Casey era già immerso nell’esame della fotografia, che rappresentava Phyllis Brunner, bella come in realtà, e Lance Gorden, che sorrideva come per la pubblicità di un dentifricio. Alto, biondo, robusto, gli fu immediatamente odioso.
— Quando gioca a tennis deve avere tattiche traditrici — borbottò.
— E starà benissimo in calzoncini corti — annuì Maggie.
Spinto da un improvviso risentimento, che non si diede la pena di analizzare, e che del resto non gli sarebbe garbato se lo avesse fatto, Casey lasciò cadere il ritaglio di giornale e si alzò in piedi. — Va bene — fece in tono secco. — E con questo? Ha a che fare in qualche modo col mio caso? Non m’interessa la vita amorosa di Phyllis, voglio soltanto scoprire dove si è cacciata questa volta e perché. Soprattutto perché. Non mi va che mi si tendano tranelli, se pure con biglietti da cento dollari.
— Forse fate male a non interessarvi della sua vita amorosa — osservò Maggie, che affrontava la situazione con molta calma.
— Come?
— Mi stavo chiedendo… — Prese il ritaglio di giornale e, dopo averlo steso sulla scrivania, lo esaminò attentamente, mentre un’espressione pensierosa le si dipingeva sul viso.
— Che giorno è? — chiese.
— Che giorno è? — fece eco Casey. — E come posso saperlo? Ieri sera ho dimenticato di scrivere nel mio diario.
— Parlo sul serio. Dovrebbe mancare poco alla festa del Ringraziamento.
— Bene! Ho sentito dire che nelle prigioni moderne passano il tacchino.
— Il giorno del Ringraziamento era la data stabilita per le nozze.
Casey cominciava a capire. — Ci sono! — esclamò, accostandosi alla scrivania. — L’orgasmo mi rode addirittura.
— Siete certo che Phyllis vi avesse chiesto di sposarla?
— Ve l’ho già detto, a meno che non abbia sognato tutto.
— I cinquemila dollari no di certo. Se Phyllis avesse finto di sposare qualcun altro, e cioè voi, avrebbe evitato il matrimonio con Lance Gorden, capite?
Maggie parve molto soddisfatta di sé, ma Casey era dubbioso. — Evitato? — fece eco, incredulo. — Volete dire che c’è una donna a cui Lance ripugna quanto a me?
— Perché no? Quei tipi sani e robusti soffocano il nostro complesso materno. Del resto, Phyllis Brunner non stava fuggendo da qualche cosa? Quando venne qui stava scappando, ma qualcuno la rintracciò e se la portò via. Chi vi dice che ieri pomeriggio non stesse scappando altrettanto affannosamente?
— E che lo stia facendo tuttora?
— È possibile.
— Ma perché?
— È questo il punto.
Casey rifletteva. In vita sua aveva sempre opinato che tutto debba avere una ragione di essere, ed ora questa sua convinzione veniva avvalorata. Cercava di ricordare il comportamento di Phyllis, e se al bar Nuvola aveva l’aspetto di una persona che fugge da qualcosa. Nulla. Gli riusciva soltanto di vedere due strani occhi obliqui e di sentire il profumo pungente dei suoi capelli. Però era un’idea, e a questo punto valeva la pena di seguire a fondo qualsiasi idea.
— Siete una brava ragazza — concluse. — E non fosse che per questo credo che vi permetterò di schierarvi dalla mia parte.
— Benone! — ribatté Maggie. — Accolgo un vagabondo ubriaco perché non muoia di congelamento e mi trovo immischiata fino al collo in un omicidio. Quanto credete che durerà la nostra alleanza con quella lingua lunga di un barista a zonzo?
— Ho un fisico molto comune e mi camufferò. Per prima cosa, potreste andare a comprarmi un bel cappello che non ricordi la moda della California.
— E poi?
“Poi…? Bisogna che mi accerti” pensava Casey. “Potrei essere un assassino, uno sposo, o un palo involontario, o magari tutte e tre le cose. Ma devo accertarmene.”
— In questa stagione fa troppo freddo per giocare a tennis — osservò. — Chissà come occupa i suoi pomeriggi quel biondo atleta?
6
Sotto la pioggia, Casey Morrow portava un cappello nuovo e teneva il capo chino, con il bavero dell’impermeabile rialzato. Avrebbe potuto notare che infiniti sosia lo sorpassavano frettolosi su ogni lato, e invece si sentiva vistoso come un esquimese nel deserto. Ricercato dalla polizia, e per quali reati Dio solo lo sapeva. Gli sarebbe stato facile convincersi della inutilità di questa spedizione, o almeno posporla finché la stampa si fosse calmata, ma non esisteva un posto dove nascondersi. Anche lo studio di Maggie era un indirizzo pericoloso, e l’attesa sarebbe stata un vero calvario. Quando svoltò finalmente nel porticato degli Uffici Brunner, gli pareva di avere inghiottito un’elica in movimento. C’era da aspettarsela che Gorden avrebbe avuto il suo ufficio in vicinanza di quelli del futuro suocero.
Lo studio pareva uno scenario di Hollywood prima del periodo di economia: sala a pannelli di legno verniciato, un tappeto paragonabile a un folto prato, e al di là delle finestre al diciassettesimo piano il lago e il cielo si fondevano in una squisita sfumatura grigiastra. Ancor più squisita la bionda prosperosa seduta dietro un tavolo col ripiano di vetro che fungeva da scrivania. Più squisita, ma non meno gelida.
— Il signor Gorden non c’è e non è atteso. Tutti gli appuntamenti per la giornata sono stati disdetti.
Le parole le uscivano di bocca come fosse stata una telescrivente, nonostante il suo aspetto tutt’altro che meccanico.
— Non ho un appuntamento — spiegò Casey. — Volevo soltanto vedere il signor Gorden.
— Lo so, dite tutti così.
— Tutti? — Attraversato il folto tappeto, Casey si chinò sulla scrivania. — Perché? Sono venuti in tanti a cercarlo?
La ragazza ebbe l’aria di non ascoltarlo.
— Ve l’ho già detto, il signor Gorden non c’è.
— E dov’è andato?
Non aveva mai visto ciglia tanto lunghe e tanto scure in una bionda di quella sfumatura cenere, e come sapeva servirsene!
— Sono la segretaria del signor Gorden, non la sua balia — aggiunse lei con tono secco. — Non mi ha comunicato i suoi programmi.
— Come fate a mettervi in contatto con lui se accade un imprevisto importante?
— Cioè?
— Ripeto, voglio vederlo.
Le lunghe ciglia ombreggiavano immensi occhi castani, che fissavano l’interlocutore con severo cipiglio.
— Se siete un giornalista arrivate in ritardo — sbottò.
Giornalista! Pareva un buon suggerimento, e Casey se ne valse.
— Oltre alle qualità troppo palesi perché valga la pena di parlarne — disse — vedo che siete anche telepatica. Intendete dire che i miei colleghi mi hanno battuto?
— Da alcune ore.
— Ecco che cosa succede a essere dormiglioni — sospirò Casey.
Trasse di tasca un pacchetto di sigarette e, dopo averlo teso alla bionda, si soffiò sulle dita per scaldarle per il gelido rifiuto di lei. Scorgendo poi un accenditore d’argento su un tavolo basso all’altro capo della stanza, andò a prenderlo e se ne servì. Anche il secondo tavolo era coperto da un ripiano di vetro, e a ogni lato lo fiancheggiava un divano. Casey non vedeva un luogo tanto lussuoso da quando aveva per l’ultima volta comprato dei calzini a Beverly Hills.
— Deve andare a gonfie vele il principale, per essere un novellino — mormorò.
— Si cava la fame — osservò la bionda.
— Suppongo che Brunner gli procurasse molti affari.
— Lo suppongo.
— Compresi i propri.
— Forse.
— Anche il suo testamento, per caso?
Per la prima volta un lieve sorriso increspò quelle labbra provocanti. — È stato qui anche il tenente Johnson.
Johnson. Casey si provò ad applicare quel nome al ricordo di un tale col cappello azzurro e l’impermeabile grigio, concludendo che gli si adattava. Johnson, della Squadra Omicidi, era dunque stato a ficcare il naso nell’ufficio di Lance Gorden. Gli sviluppi si facevano interessanti. L’elica gli si rimise in moto nello stomaco, ma non aveva certamente fatto un tentativo tanto rischioso per niente, e disse: — Immagino che Gorden sarà molto addolorato per la morte di Darius Brunner.