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Ma la voce non pareva giungere dall'accampamento, ma dall'aria.

Guardarono verso il mare, e videro che era disceso di dieci metri e più, lasciando un'ampia fascia di collina venata di nero e coperta di fanghiglia, là dove era giunta l'alta marea. L'acqua che ora si stendeva tra loro e Vandenberg Due assomigliava a un grande fiume, con piccole isolette che spuntavano qua e là. Il loro sguardo salì dal mare, e sullo sfondo del cielo grigio videro due figure di uomini, debolmente luminescenti, che scendevano nell'aria, eretti, ma con i piedi immobili. Le figure discendevano lungo una traiettoria inclinata, galleggiando leggere e senza peso, e svanirono nella collina, a metà strada tra la coppia e l'accampamento.

Hunter e Margo si tennero stretti, con tutto il corpo coperto di brividi e strani formicolii, perché entrambi ricordavano la figura che avevano visto nell'ombra del camion, ed entrambi ebbero l'idea che una delle figure senza peso fosse stata Doc… e l'intera visione un'altra, anche se più diretta, manifestazione di spettri, o una continuazione della prima.

Quando videro che non accadeva altro, ripresero a discendere, e dopo pochi passi Margo guardò in basso e mandò una esclamazione di orrore, e indietreggiò di due passi, improvvisamente, come se avesse visto la figura minacciosa di un serpente nell'erba, trascinando indietro con sé Hunter.

Dal terriccio, davanti a loro, spuntavano due teste umane, con i corpi sepolti nel terreno, dalle spalle in giù. I lineamenti dei volti erano confusi, benché un volto nebbioso sembrasse vagamente familiare a Hunter. Collo e spalle indicavano che uno era un astronauta in uniforme, l'altro… quello familiare… un civile. La mente di Hunter fu attraversata dal pensiero che quello era molto simile all'incontro di Ulisse con gli spiriti dei morti, negli Inferi, e che quei due fantasmi non erano stati evocati dal caldo sangue del toro sacrificale, ma dal sangue pulsante dell'amplesso di poco prima.

Poi le due figure si sollevarono dal terreno, non in virtù di uno sforzo fisico, perché non mossero né mani, né piedi, ma sollevati da un potere esterno a loro, fino a quando i loro piedi toccarono la superficie del terreno, eppure non dando l'impressione di stare in piedi, bensì di galleggiare, di fronte a Hunter e a Margo, a meno di due metri di distanza. Poi ciò che era confuso venne messo a fuoco, e Margo esclamò: «Don! Paul!» pur stringendosi ancor più a Hunter, nel dire questo… e anche Hunter riconobbe la seconda figura.

L'immagine-Paul sorrise, e schiuse le labbra, e una voce in perfetta sincronia con il movimento delle labbra, e che pure non usciva dalla gola, disse:

«Salve, Margo e professor… scusi la mia pessima memoria. Non siamo dei fantasmi. Questa è semplicemente un'avanzata forma di comunicazione.»

In maniera analoga l'immagine-Don disse:

«Paul e io vi stiamo parlando da un piccolo disco volante, sospeso nello spazio, tra voi e il Vagabondo, ma più vicino alla Terra. È bello rivederti, Margo cara.»

«È esatto,» interloquì Paul. «Voglio dire, il fatto di essere a bordo del disco volante. È lo stesso che mi ha raccolto sulla spiaggia. Guarda…» Sollevò qualcosa tra le mani. «Ecco Miao!»

La gattina rimase quieta per un momento, poi scoprì i dentini, ci fu un rabbioso sibilo sincronizzato, e la bestiola svanì nell'oscurità, in una macchia di pelo e zampe furiose.

L'immagine-Paul aggrottò la fronte, per un momento, e portò la mano alle labbra, succhiandosi un dito, per poi spiegare:

«Si è innervosita. L'intera faccenda è un po' troppo soprannaturale per lei.»

Margo lasciò andare la mano di Hunter, e fece un passo avanti, tendendo la mano a Paul, ma sollevando l'altra verso la guancia di Don, e piegando un po' il viso per baciarlo.

La mano passò attraverso la guancia, però, e con un gridolino nervoso… non tanto di paura, ma di rabbia per il suo nervosismo… Margo indietreggiò di nuovo, verso Hunter.

«Noi siamo soltanto delle immagini tridimensionali,» spiegò Paul, con un lieve sorriso. «Il contatto non si trasmette, con questo sistema. Noi vediamo le vostre due immagini, qui a bordo del disco volante, solo che non sono sempre unite nel disco volante, soprattutto quando stavano mettendosi a fuoco. È una situazione davvero strana, sembra una storia di fantasmi, se vuole scusare questa mia espressione, professor…»

«Mi chiamo Ross Hunter,» disse lui, riuscendo finalmente a parlare.

Don disse a Margo:

«Mi dispiace di essere troppo incorporeo per poterti baciare, cara. Rimedierò a questo, con gli interessi, quando ci vedremo fisicamente. A proposito, io sono stato fisicamente sul Vagabondo.»

«E io ho parlato con una delle sue abitanti,» disse Paul. «È una persona fantastica… dovreste conoscerla. Lei vuole che…»

Hunter lo interruppe:

«Siete stati sul Vagabondo, avete parlato con loro… Chi sono? Che cosa fanno? Che cosa vogliono?»

Paul disse:

«Non abbiamo il tempo neppure per provare a rispondere a domande simili. Come stavo per dire, la nostra… be', catturatrice… vuole che ci rassicuriamo sulla vostra salute, sul fatto che siate riusciti a sfuggire alle onde sismiche e alle maree, e che siate tutti sani e salvi. Questa è una metà del motivo di questa… chiamata.»

«Siamo salvi,» disse Margo, debolmente. «Per quello che può esserlo un abitante della Terra.»

«L'intero gruppo è sopravvissuto, finora,» continuò il Barba, «A eccezione di Rudolf Brecht, che è morto in un incidente di montagna.»

«Brecht?» domandò Paul dubbioso, corrugando la fronte.

«Lo ricordi; l'avevamo chiamato Doc,» spiegò Margo.

«Ma certo,» disse Paul. «E abbiamo chiamato quel buffo pazzoide stagionato Bacchetto, e il professor Hunter il Barba. Oh, mi scusi, professore.»

«Naturalmente,» disse Hunter, spazientito. «Qual è l'altro motivo della… chiamata.»

Don disse:

«Farvi sapere che, se tutto andrà per il meglio, atterreremo a Vandenberg Due tra poche ore, probabilmente a bordo della mia astronave lunare.»

«Per lo meno, lo farà Don,» aggiunse Paul. «Ora dobbiamo restare qui, nello spazio. Il Vagabondo può trovarsi in pericolo, si sta verificando un'emergenza.»

«Il Vagabondo, in pericolo?» ripeté Margo, incredula, quasi con ironia. «Un'emergenza si sta verificando? E come chiamereste quello che sta succedendo da due giorni?»

Hunter disse a Don:

«Siamo in vista di Vandenberg Due, come lei sa, e intendiamo raggiungere la base non appena ci sarà possibile.»

«Cerchiamo di raggiungere Morton Opperly,» interloquì Margo, quasi automaticamente.

Don disse a Hunter:

«Molto bene. Se riuscite a portar loro notizie sul mio conto, sarà più facile entrare nella base anche per voi. Dica a Oppie che il Vagabondo possiede degli acceleratori lineari lunghi ottomila miglia, e un ciclotrone di quel diametro. Questo dovrebbe convincerlo di qualcosa! Mi sarà molto utile, se essi saranno informati di anticipo dell'atterraggio che intendo compiere.» Guardò Margo. «Allora potrò baciarti come si deve, cara.»

Margo lo guardò, e disse:

«E anch'io ti bacerò, Don. Ma voglio che tu sappia che le cose sono cambiate. Io sono cambiata,» e si appoggiò a Hunter, per dimostrare quel che intendeva dire.

Hunter corrugò la fronte, e strinse le labbra, ma poi abbracciò Margo, e annuì, dicendo freddamente:

«È esatto.»

Prima che Don potesse dire qualcosa, se ne aveva avuto l'intenzione, il terreno intorno si fece improvvisamente di un rosso vivo, impallidì, ritornò rosso. La stessa cosa stava accadendo all'intero paesaggio: si illuminava di rosso, poi si oscurava, poi rosseggiava di nuovo, come se da una fonte invisibile venissero lanciati dei lampi ritmici di luce rossa. Hunter e Margo sollevarono lo sguardo, e chiusero immediatamente gli occhi, distogliendo lo sguardo dai piccoli lampi accecanti che ammiccavano rossi sul polo nord e sul polo sud del Vagabondo, arrossando ritmicamente la calotta polare del pianeta e tutto il cielo della Terra. In tutta la loro vita essi non avevano mai visto niente di simile a quelle fonti violente di luce monocromatica.