«Accidenti, questo secondo atto ha aspettato molto, prioria di arrivare,» si lamentò Jake Lesher, rivolgendosi a Sally Harris, mentre entrambi erano nuovamente seduti sul terrazzo, fianco a fianco, avvolti nelle coperte umide e con indosso dei guanti da sciatore trovati tra gli oggetti del signor Hasseltine. «Se la nostra commedia non si muove più in fretta, morirà a Filadelfia.»
In un altissimo osservatorio astronomico, solitario su una vetta delle Ande, il settantenne astronomo francese Pierre Rambouillet-Lacepède si fregò le mani con enorme soddisfazione, e prese da un tavolino carta e matita. Ah, finalmente, un autentico, stimolante esempio del Problema dei Tre Corpi!
Ci furono altri, sulla faccia notturna della Terra, che non videro affatto lo Straniero, a causa di cortine di nubi o di altri inconvenienti. Alcuni tra costoro non avevano ancora visto neppure il Vagabondo. Wolf Loner vide una piccola luce gialla, nella foschia perenne, che era stata aumentata dalla nebbia. Avvicinandosi, vide che si trattava di una lanterna a petrolio sistemata a pochi metri di altezza dalle acque, in un'alta finestra di pietra che aveva una volta rotonda. Quando la Pazienza si fu ancor più avvicinata, egli vide la stretta parete di pietra giallastra, e il nero campanile che si levava sopra il muro, e riconobbe il luogo perché vi era salito più di una volta, ma ugualmente non riuscì a credere ai propri occhi. Diede un colpo di timone e calò la vela, e la Pazienza urtò piano contro il tetto stretto, sotto la finestra. La vela batteva inerte nel vento, non c'erano correnti nell'acqua, intorno alla costruzione di pietra. Prese la fune di ormeggio, e salì sul tetto, e attraversò la finestra, mettendo prudentemente da una parte la lanterna, e poi si guardò intorno. Allora non ebbe più dubbi: si trovava nel campanile della Old North Church, nella parte più alta di Boston. In piedi, di fronte a lui, con la schiena appoggiata a una parete, come se avesse voluto attraversarla per magia, c'era una bambina bruna, dall'aspetto di italiana, che non aveva più di dodici anni, e lo fissava a occhi aperti, battendo i denti. Non rispose alle sue domande, neppure quando lui cercò di formularle in italiano o in spagnolo, chiamando a raccolta i suoi ricordi di quelle lingue; si limitò a scuotere il capo, e quello poteva essere soltanto un altro tipo di brivido. Così, dopo qualche tempo, tenendo ancora stretta la corda, si avvicinò alla bambina, e benché lei si ritraesse la prese in braccio, gentilmente ma con fermezza, e la portò fuori della finestra, rimettendo al suo posto la lanterna sul davanzale, e salì con la piccola a bordo della Pazienza. Posò la bambina nella piccola cabina, e l'avvolse in una coperta. Notò che ora l'acqua si stava muovendo, non con eccessiva forza, nella direzione dalla quale la sua imbarcazione era venuta. Così, scuotendo il capo, pensieroso, pensando a quello che c'era sotto di lui… il vecchio cimitero e la chiesa… fece virare la sua imbarcazione e, approfittando del riflusso, fece vela verso il mare aperto, lasciando l'estremo limite settentrionale della città di Boston.
Con diabolica precisione — per nulla voluta — i quattro capitani ribelli guidarono, con la forza dei motori atomici, la Principe Carlo nel Pororoca. Questa bocca di marea nell'estuario del Rio delle Amazzoni è, normalmente, una cascata lunga un miglio e alta cinque metri, un'onda di marea che risale il corso del fiume a una velocità di quindici miglia orarie, con un ruggito che può essere udito a dieci miglia di distanza. Ora si trattava di un'immensa collina liquida, alta quasi metà della lunghezza della Principe Carlo, che trasportava quella grande città-nave… una piccola Isola di Manhattan galleggiante… inclinata in avanti, a un angolo di venti gradi, risalendo il corso del più possente dei fiumi, ora gonfiato dal Vagabondo e anche dallo Straniero. Tutt'intorno gli uragani ruggivano con il Pororoca, e le onde sollevate da quei venti ciclonici gonfiavano ancor più le acque, e aumentavano la velocità di risalita. A oriente, la tempesta nascondeva completamente l'alba. Davanti, a occidente, c'era un deserto di tenebre e di nubi stracciate. In quel momento il capitano Sithwise raggiunse il ponte di comando… dato che una controrivoluzione era avvenuta a bordo senza incontrare la minima opposizione, nel periodo del cataclisma… e si mise al timone, e cominciò a lanciare degli ordini alle sale macchine che contenevano i potenti motori atomici. Dapprima pilotò la nave orientandosi con il riverbero e l'inclinazione del Pororoca, ma poi… dato che erano sospesi luminosi e immobili a tribordo, tra le nubi a brandelli che roteavano e mulinavano follemente… cominciò ad affidarsi anche, come riferimento, ai globi dello Straniero, in alto, e del Vagabondo, più in basso.
Paul e Don guardarono, in alto, il vuoto discoide dello Straniero, e il Vagabondo inanellato di luna, attraverso il soffitto trasparente del disco volante di Tigerishka, che ora si trovava immobile nello spazio, cinquecento miglia sopra Vandenberg Due.
Il campo di gravità artificiale era ancora in funzione, e così essi erano distesi sul fondo del disco volante. Anch'esso era trasparente. Attraverso quel fondo essi potevano vedere, grazie alla luce del sole riflessa dai due pianeti eruttati dall'iperspazio, la nera distesa della California Meridionale, qua e là invasa dal fievole argento del mare, e nell'altra metà dell'immagine offerta dal fondo vedevano la distesa relativamente illuminata del Pacifico, benché terra e mare fossero lievemente offuscati e distorti dagli strati più densi dell'atmosfera terrestre.
C'era qualcosa che ostruiva la visione, in basso. Dal portello ora visibile, al centro del pavimento trasparente, il grosso verme del tubo spaziale si stendeva da un lato, dove presumibilmente il Baba Yaga galleggiava, invisibile dal loro punto di osservazione. La luce riflessa dello Straniero e del Vagabondo, attraversando le due rigide trasparenze, riluceva sul metallo ruvido del tubo esterno e interno, mostrando i primi due sostegni, della lunga serie interna, grazie ai quali una creatura in caduta libera poteva muoversi attraverso il tubo.
Paul e Don evitarono di guardare in basso. Il campo di gravità artificiale, benché Tigerishka avesse loro assicurato che si stendeva soltanto all'interno del disco volante, rendeva l'abisso immenso sottostante qualcosa di intollerabile da osservare.
Avevano la stessa vista del Vagabondo e dello Straniero che godevano coloro che si avvicinavano a Vandenberg, solo che per Paul e Don i due pianeti erano molto più luminosi, e il loro sfondo non era un cielo grigio e livido, ma il nero velluto costellato di diamanti dello spazio.
Lo spettacolo era spettrale, incredibile, perfino 'glorioso', eppure, conoscendo la situazione che esso nascondeva, per quanto la loro conoscenza fosse parziale e frammentaria, Paul e Don provavano soprattutto un senso sempre crescente di tensione. Là, sopra di loro, galleggiavano l'Inseguito e l'Inseguitore, la Ribellione e l'Autorità, l'Avventura e la Repressione… immobili nella stasi di una tregua incerta, mentre i due globi si guardavano e si misuravano.
Il triangolo giallo e gonfio nella cruna d'ago purpurea del Vagabondo, e il vivido splendore solare nel globo più grande, gibboso, metallico dello Straniero erano due occhi che si fissavano senza tremare.
La tensione era mortale, estenuante. Don e Paul, malgrado il conforto della reciproca compagnia, provavano il desiderio di rimpicciolire, di affondare, affondare tra gli strati dell'atmosfera terrestre e nella rocciosa carne materna, per celarsi in chissà quale oscuro grembo silenzioso. Perfino l'ansia degli occhi, desiderosi di osservare ogni particolare di simili prodigi, cedeva a quel repentino impulso divorante.