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«Noi cambieremmo tutto questo: esplorare i regni dello spirito come strani continenti, navigarli come lo spazio, scoprire se tutte le nostre menti riposano, come piccoli gusci d'arcobaleno, conchiglie sulle spiagge dello stesso mare nero, inconscio, battuto da mille tempeste. Forse da quella parte ci aspettano mondi inviolati. E poi, vogliamo delle macchine che rendano reali i pensieri… un'altra cosa che nessuno ha fatto.

«Ma sopra ogni altra cosa, noi vogliamo aprire l'iperspazio… non usarlo solo per rapidi viaggi costieri, navigando soltanto per le sue rive tempestose, e tenendo sempre in vista, anche se fievolmente, le spiagge e le linee costiere del nostro cosmo particolare… ma navigare audacemente oltre lo zoccolo universale, addentrandoci nel profondo ignoto con le sue immense tempeste. Questo è un compito per le galassie, non per i pianeti… uno oppure cento… anche se siamo pronti a correre il rischio, se sarà necessario.

«Noi crediamo che innumerevoli cosmi, oltre al nostro, viaggino nel vuoto turbinoso dell'iperspazio… un miliardo di trilioni di frammenti nel vento dell'uragano, un miliardo di trilioni di fiocchi di neve nella tormenta. Non saranno cosmi come il nostro, pensiamo, ma costruiti da particelle fondamentali diverse… o forse neppure particelle, ma continuità mutevoli. Mondi di solidità, o buchi immateriali. Mondi senza luce. Mondi nei quali la luce può muoversi lentamente come la parola, o rapidamente come il pensiero. Mondi nei quali frammenti di materia vivono di pensiero, come qui la mente sembra vivere di molecole.

«Mondi senza alcuna barriera tra niente e mente, e mondi fatti di celle di prigione più chiuse e severe delle nostre. Mondi dove il pensiero è reale, e dove ogni animale è un dio. Un universo fluido… pianeti come bolle… e mondi che si diramano nel tempo, come i viticci di liane possenti.

«Mondi dove lo spazio è attraversato da tele di ragno, invece di essere costellato di astri… un nuovo cosmo fatto di liane, o di strade. Un cosmo con dei solidi, ma senza gravità, mondi dalle dimensioni analoghe ai nostri, mondi diversi in ogni legge fisica fondamentale… una scala cromatica di universi, l'intero spettro del creato.

«Oppure, se non scoprissimo dei mondi nell'iperspazio… potremmo costruirli là!… creare la particella mostruosa che dà vita a un cosmo, esplodere da questo cosmo, come una farfalla dalla crisalide, senza curarci se esso verrà distrutto o no.

«Questi sono i nostri obiettivi più grandi. Quelli più piccoli: un riparo per tutto ciò che facciamo. Intimità, per il nostro pianeta e i nostri pensieri. Armi, secondo i nostri bisogni. Libertà di ricerca, da condurre segretamente come noi vogliamo. Nessuna ispezione! Il diritto di condurre il nostro pianeta dovunque vogliamo, anche se non ci aspetta un'orbita per la quale abbiamo già pagato l'affitto. Vivere tra le stelle, se così preferiamo, fuori, nella desolazione gelida, senza sole, brucando l'erba della prateria che è l'idrogeno… o nelle profondità oceaniche dello spazio che si stendono tra le galassie-isole. Il diritto di viaggiare sempre nell'iperspazio, ora riservato al governo e alla polizia. Il diritto di rischiare, il diritto di soffrire. Il diritto di essere stupidi e ciechi, il diritto di sbagliare, il diritto di morire.

«Questi nostri scopi sono detestabili, per il governo, che considera ogni topo spaurito e ogni passero caduto uguale a una tigre superba. Il governo vuole che una stazione di polizia mandi la sua luce azzurrina accanto a ogni sole, vuole un poliziotto che faccia la ronda intorno a ogni pianeta, autopattuglie che perlustrino il buio interstellare… polizia dappertutto, tanto da oscurare le stelle lucenti.

«Millenni or sono, il governo ha cominciato a criticare le nostre libertà… noi Selvaggi, noi Recalcitranti, noi Indomiti. Ci siamo riuniti tutti su un pianeta tutto per noi, abbiamo conquistato prestigio e potere, abbiamo alzato i nostri schermi, abbiamo vissuto la nostra vita, apparentemente abbiamo guadagnato terreno… e poi abbiamo scoperto che, così facendo, eravamo diventati un bersaglio unico e comodo per la polizia.

«Un secolo fa, siamo stati messi tutti sotto processo. Ben presto, è stato chiaro che la sentenza ci sarebbe stata sfavorevole: nessuna intimità, nessuna ricerca segreta, nessun viaggio nell'iperspazio, nessuna possibilità di risolvere da soli i problemi dell'universo.

«Arrenderci, allora… o morire? Siamo fuggiti.

«Da allora, è cominciata una caccia senza fine. I Segugi del Cielo sono sempre sulle nostre tracce: un pianeta inseguito da pianeti instancabili. Nessun luogo, in tutto il cosmo, è sicuro per noi. Nessun recesso è abbastanza lontano, in tutte le galassie, se non le tempeste dell'iperspazio che non abbiamo dominato… l'uragano della realtà.

«Pensa al mare, come se fosse l'iperspazio, e la sua superficie è l'universo che conosciamo, le sue navi i pianeti, e noi un sottomarino.

«Noi emergiamo vicino a qualche sole solitario, non ancora nascosto da globi artificiali. Allora essi appaiono, e noi dobbiamo immergerci di nuovo. A volte restiamo troppo a lungo, dobbiamo combattere una battaglia prima di svanire nell'oscurità crudele del vuoto. Abbiamo fatto esplodere tre soli, semplicemente come diversivi! Quelle novae si trovano in remote galassie. Forse abbiamo ucciso un pianeta: non ne siamo sicuri.

«A volte i nostri gelidi inseguitori stabiliscono una tregua, e ci supplicano per qualche tempo, e ci fanno delle offerte, prima di dirigere contro di noi le loro bombe e i loro raggi portatori di morte… sperando di farci vedere la luce della loro ragione, che splende sempre sopra il cortile della prigione cosmica.

«A volte i nostri gelidi inseguitori stabiliscono una tregua, e ci supplicano per qualche tempo, e ci fanno delle offerte, prima di dirigere contro di noi le loro bombe e i loro raggi portatori di morte… sperando di farci vedere la luce della loro ragione, che splende sempre sopra il cortile della prigione cosmica.

«Per due volte abbiamo rischiato tutto per scoprire un altro cosmo… ci siamo liberati da ogni ormeggio, nell'iperspazio, e abbiamo navigato alla cieca. Ma qualche mutamento dei venti dell'iperspazio ci ha respinto sempre in questo stesso universo… una foresta incantata di spine intorno a un castello, o una galleria che termina, per qualche oscuro trucco dello spazio, nella stessa cella dalla quale abbiamo iniziato a scavare.

«Noi siamo il Pianeta Vanderdecken del Cosmo, e giostriamo come cavalieri antichi intorno all'universo… ma lungo la strana curva dell'iperspazio, viene sempre, dietro di noi, quell'inseguimento freddo e instancabile.

«Cerchiamo di mantenere intatta la nostra morale, Paul, ma essa si allenta. Non avevamo necessità di fare del male al tuo pianeta, Paul!… almeno lo credo, non posso esserne certa… io sono soltanto una servitrice, sul Vagabondo. Ma pur non essendone certa, ti dirò una cosa: io spero che, prima di fare del male a un'altra creatura, noi possiamo piombare per sempre nella nera tempesta. Dicono che la terza volta si annega… Che possa essere così!»

La sua voce cambiò, e Tigerishka esclamò, d'un tratto:

«Oh, Paul, noi portiamo in tutto l'universo questi bellissimi sogni, eppure riusciamo soltanto a fare del male agli altri. Ti stupisci se, mano a mano, ci innamoriamo sempre più della morte?»

Tigerishka s'interruppe. Dopo qualche minuto, la sua voce, neutra ma tesa, come se lo sfogo fosse finito, e lei si fosse nuovamente rinchiusa in se stessa, disse:

«Ecco, ora ho detto tutto alla scimmia. La scimmia può sentirsi superiore al gatto, se vuole.»

Lentamente, sommessamente, Paul fece un profondo sospiro. Il cuore gli batteva forte. In qualsiasi altro momento avrebbe potuto mettere in dubbio la storia di Tigerishka, e la sua comprensione di quella storia, ma ora era semplicemente davanti ai suoi occhi, perfetta come lei l'aveva detta, come se le stelle che brulicavano alle sue spalle la portassero scolpita… una scrittura di diamanti, che diceva soltanto quello che aveva detto Tigerishka.