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Lo sguardo della ragazza si spostò da lui al serpente volante. Lentamente, si chinò a raccogliere il coltello, lo mise sul vecchio cassettone lì vicino e scoppiò in una risata nervosa.

— Tutto questo non ha alcun senso, ma niente di quello che mi è successo nelle ultime settimane ne ha. E poi, se anche solo la metà di quello che ho sentito è vero, allora quel coltello è del tutto inutile contro un minidrago.

— Non la metà — la corresse Flinx, — è tutto vero. — Rimase fermo. — Perché non ti siedi? Sei rimasta svenuta per parecchi giorni.

La ragazza si mise una mano sulla fronte. — Pensavo di essere morta, là fuori. — Indicò la finestra che si affacciava sulla città. — Non ero mai stata così certa di qualcosa in vita mia. Adesso non sono più sicura di niente. — Sbatté le palpebre e cercò di sorridergli. — Grazie. Credo che mi siederò.

C'era una sedia a sdraio fatta di liane lucidate. Sotto la superficie levigata, il legno splendeva di un arcobaleno di colori. Era l'unico mobile dai colori vivaci che ci fosse nella stanza. Flinx si sedette sul bordo del letto, mentre Pip si arrotolava attorno ad uno dei pomelli della testiera, simile ad una decorazione intagliata. Scrap andò a sistemarglisi in grembo e Flinx accarezzò la schiena del piccolo serpente volante con aria assente.

— Quanti anni hai? — gli chiese la donna sprofondando nella poltrona.

Perché gli chiedevano sempre quello? Non «grazie per avermi salvato» o «da dove vieni» o «che lavoro fai». Le diede la stessa risposta che usava da anni.

— Quanti ne bastano. Quanti ne bastano perché non fossi io quello che giaceva là nell'Ingre, pronto a diventare il pasto delle cimici e a morire disidratato. Come sei finita lì?

— Sono fuggita. — Trasse un profondo respiro, come se l'aria fresca della stanza fosse un regalo inaspettatamente gradevole. — Scappata.

— Sicuramente non avevo pensato che ci fossi finita per tua scelta, perché non eri vestita nel modo giusto. Alaspin non perdona.

— Neppure le persone che mi avevano presa. Come hai detto che ti chiami?

— Non l'ho detto, ma il mio nome è Flinx.

— Solo Flinx? — Quando lui non rispose, la ragazza accennò a un leggero sorriso. Era bellissimo a vedersi. — Va bene, so che ci sono dei limiti alle domande che si possono fare in un posto come questo. — Stava cercando di mostrarsi forte e risoluta. Da un momento all'altro avrebbe potuto mettersi a insultarlo… o sarebbe potuta scoppiare in lacrime. Rimase seduto tranquillamente, accarezzando l'insidiosa creatura accoccolata nel suo grembo.

— Hai detto che sei scappata. Io avevo pensato che magari il tuo veicolo si fosse guastato. Da chi sei scappata? Immagino che si trattasse di quello che ti ha picchiato.

La mano della ragazza corse istintivamente alla ferita sulla spalla. — Sì. Adesso non mi fa più così male.

— Ti ho prestato le prime cure — le spiegò Flinx. — Mi sono trovato in situazioni in cui ho dovuto prendermi cura di altri, oltre che di me stesso. Ma ho paura che le mie risorse fossero limitate quanto le mie cognizioni. Sei stata fortunata. Niente lesioni interne né ossa rotte.

— Questa è buffa, perché io mi sentivo proprio come se dentro fosse tutto rotto.

— Chiunque ti abbia pestato, non voleva ucciderti. Che cosa volevano?

— Informazioni. Risposte a delle domande. Ho rivelato il meno possibile, ma qualcosa ho dovuto dirgli… così per un po' hanno smesso. — Abbassò la voce. — Ma non ho detto tutto quello che volevano sapere, così hanno ricominciato. Ho finto di perdere i sensi… non è stato difficile, avevo fatto un sacco di pratica. Poi sono scappata.

«Mi tenevano in qualche posto, là nella giungla. Era notte e mi sono diretta verso il fiume. Ho trovato un tronco e mi sono lasciata trasportare dalla corrente. Non avevo idea di essere tanto lontana da qualunque posto abitato.»

— Ti ho trovata su di una spiaggia. Ti eri trascinata fuori dall'acqua.

Lei annuì. — Credo di ricordare di aver lasciato andare il tronco. Non avevo più forze e sapevo di dover tornare sulla terraferma, altrimenti sarei annegata.

— Saresti sorpresa di vedere quanta strada hai fatto strisciando.

Lei stava guardandosi le mani. — Hai detto che sono rimasta priva di conoscenza per parecchi giorni. — Flinx annuì, mentre la ragazza girava le mani, osservando i palmi escoriati. — Penso che tu abbia fatto un ottimo lavoro, grazie. Non posso dire di sentirmi bene, ma almeno va un po' meglio.

— Qualche giorno di riposo è un'ottima medicina per qualunque ferita.

— Mi sono svegliata, ti ho visto sdraiato nell'altro letto e ho pensato che mi avessero trovato. Ho creduto che tu fossi uno di loro. — Questa volta non sorrise. — Avevo quel coltello, nascosto nella suola dello stivale. È con quello che mi sono liberata. Non serve a molto contro un gruppo di persone, ma contro un uomo addormentato… stavo per tagliarti la gola.

— Pip non te lo avrebbe mai permesso.

— Me ne sono accorta. — Guardò il serpente volante arrotolato sul pomolo. — Quando mi si è gettato contro, ho cercato di raggiungere la porta. Ma è sigillata. Allora ho cominciato a gridare, ma nessuno è venuto a vedere cosa stava succedendo.

— Ho sigillato la porta perché non mi piace essere interrotto quando dormo. — Allungando una mano dietro la testiera del letto, prese un piccolo braccialetto e toccò un pulsante inserito sulla superficie. La porta emise un debole click. — Mi porto dietro i miei lucchetti. Non mi fido di quelli che ti affittano. In quanto alle tue urla, questa è una città molto aperta. Non è un posto in cui la gente si immischia negli affari dei vicini. A volte è difficile dire perché qualcuno grida. — Si infilò il braccialetto. — Hai mai visto il corpo di una persona assalita dalle cimici?

Lei posò lo sguardo sulle proprie gambe e poi fece scorrere un dito sulle pustole quasi completamente scomparse. — Queste?

Flinx fece cenno di sì. — Si nutrono sotto la pelle. Non sono molto grosse, ma sono voraci e persistenti. La prima cosa che fanno è di aprirsi la strada mangiando fino al punto in cui il muscolo si attacca all'osso. Cominciano dalle gambe. Poi, quando la loro preda non può più muoversi, si sistemano comodamente per un mese o più di pasti gratis.

La ragazza rabbrividì. — Eccomi qui a farti domande, senza nemmeno averti ringraziato a dovere.

— Sì che lo hai fatto. Un attimo fa.

Lei sbatté le palpebre. — Davvero? Scusa, non ti ho detto come mi chiamo. — Si passò una mano tra i corti capelli biondi e lui si chiese che aspetto avrebbe avuto un trucco accurato su quel viso dai tratti così perfetti. — Mi chiamo Clarity. Clarity Held.

— Piacere di conoscerti.

Lei rise, questa volta più apertamente. — Lo è davvero? Non sai nulla di me. Forse, se sapessi qualcosa, non sarebbe più un piacere.

— Ho raccolto un essere umano ferito nella giungla. In quelle circostanze avrei raccolto chiunque.

— Non ho dubbi. Avanti — lo canzonò, — quanti anni hai?

Flinx sospirò. — Diciannove. Ma sono stato parecchio in giro. Senti, cos'è tutta questa faccenda? Chi ti ha picchiato e perché ti stavano trattenendo contro la tua volontà?

Ma lei stava guardandosi attorno nella stanza, e ignorò la sua domanda. — C'è un bagno in questo posto?

Flinx mise un freno alla propria curiosità e fece un cenno in direzione dell'olo di una fontana sulla sinistra. — Là dietro.

— C'è una vasca? — La sua voce aveva un tono strano. Lui annuì e la ragazza sorrise felice. — È ora che le cose tornino alla normalità. Dall'inferno al paradiso, in un colpo solo. — Si alzò e si diresse verso l'ologramma.

— Aspetta un attimo. Non hai risposto a nessuna delle mie domande.