Lei lo fissò a bocca aperta. — Non stai prendendomi in giro, vero? — Si lasciò cadere nella sedia accanto all'ologramma che non era ancora stato ripristinato. — Un ragaz… una persona di diciannove anni che possiede una nave privata. Tutta sua? Viaggia a velocità sub-luce?
— Oh, no — rispose in fretta. — Ti porterà in qualunque parte del Commonwealth tu voglia. Motori KK, un campo di proiezione molto stretto, servizi da tavola, tutti i comandi automatici. Io mi limito a dirle dove voglio andare e lei ci va.
— Chi sei tu, Flinx, per permetterti alla tua età una nave interstellare? Ho sentito dire che i capi delle grandi famiglie commerciali possiedono delle navi private e che altri hanno accesso a navi speciali delle compagnie. So che il governo mantiene navi per il servizio diplomatico e che i Primi Consiglieri della Chiesa Unificata hanno piccole navi private per le loro necessità. Chi sei tu per essere come loro? L'erede di una delle grandi Case Commerciali?
Mamma Mastino lo avrebbe trovato divertente, Flinx ne era certo. — Proprio no. Non ho mai avuto interesse per il commercio nel senso tradizionale del termine. — Ero solito alleggerire i ricchi del superfluo senza che se ne accorgessero, ma direi proprio che questo non si può qualificare come commercio, pensò.
— Allora cosa sei? Che cosa fai?
Lui rifletté attentamente sulla domanda, volendo darle una risposta a cui poteva credere, ma senza stiracchiare troppo la verità.
— Immagino che si possa dire che sono uno studente che fa ricerche avanzate.
— Studiando cosa?
— Soprattutto me stesso e quello che mi sta intorno.
— E che cosa “ti sta intorno”?
— Per qualcuno a cui è stata appena salvata la vita, fai un mucchio di domande. Direi che studio quello che mi circonda dovunque mi trovi. Ascolta — le disse deciso, — mi sono offerto di portarti dovunque tu voglia, di aiutarti ad andartene sana e salva da questo pianeta e lontana da quei pazzi di cui contìnui a parlare. Non è abbastanza?
— Più che abbastanza.
Non aveva ragione di proseguire, ma qualcosa dentro di sé lo costrinse a rispondere al resto della domanda. — Se ti interessa sapere come sono entrato in possesso del Teacher, ti dirò che è stato un regalo.
— E che regalo! Con quello che costa anche il più piccolo veicolo interstellare, potrei vivere nel lusso per il resto della mia vita. E anche tu.
— Vivere nel lusso non mi interessa granché — rispose sincero. — Viaggiare, scoprire delle cose, conoscere persone interessanti, quello mi interessa moltissimo. Una volta ho fatto un favore a certi amici e si sono sdebitati regalandomi il Teacher.
— Come vuoi. — Era chiaro che non credeva ad una sola parola, ma aveva abbastanza buon senso da lasciar perdere l'argomento. — La tua vita privata non è affar mio.
— Non sei costretta ad accettare, se la cosa ti rende nervosa.
Era sorpreso dall'intensità con cui desiderava invece che accettasse. Certo, Clarity era un ingegnere genetico, esercitava quella professione che lui era arrivato a considerare con rispetto e paura. Ma era anche attraente. No, si corresse, non era proprio così. In realtà era straordinariamente bella. E questa non era una qualità che si trovasse spesso abbinata a una grande intelligenza.
In altri termini, non voleva che se ne andasse. Neppure nel caso che tutta quella storia fosse stata inventata solo ed esclusivamente per procurarsi il suo aiuto. E se le cose stavano così, be', di sicuro aveva raggiunto il suo scopo.
— Certo che accetto. Che altro potrei fare? Sono pronta ad andarmene, anche subito, in questo preciso istante. Non ho valige da fare. E tu non mi dai l'impressione di uno che si porta appresso del bagaglio in eccesso.
Preferendo non indagare su possibili doppi sensi, rispose semplicemente: — Hai ragione, non porto bagaglio in eccesso. Ma non partiremo subito.
— Perché no? — Era ovviamente perplessa.
— Perché dopo averti portato a spasso per la giungla dell'Ingre solo per svegliarmi e trovarti con un coltello in mano e l'intenzione confessata di tagliarmi la gola, ho bisogno di una bella notte di sonno in un letto decente.
Clarity ebbe la buona grazia di arrossire. — Non accadrà più. Te l'ho detto, ero confusa.
— Lascia perdere. Sono state due settimane lunghe per me, e adesso devo occuparmi di te e dei tuoi problemi. Ce ne andremo domani mattina, quando farà meno caldo. Ricorda, è meglio essere riposati. Tu hai dormito per giorni, io no.
«E inoltre, se questa gente è sulle tue tracce, aspettare ancora farà sì che allarghino il campo di ricerca sempre più lontano. E questo ci consentirà di avere meno probabilità di essere scoperti quando ce ne andremo.
— Tu sai meglio di me cosa si deve fare — ammise con riluttanza. — Senti, capisco che ti chiedo molto, considerato tutto quello che hai già fatto per me, ma il mio stomaco è come l'interno della Grotta di Cascade.
— E dove si trova?
— Sul mondo dove lavoro.
— Non mi sorprende. Sei sopravvissuta con flebo e iniezioni da quando ti ho trovata.
— Qualunque tipo di cibo solido sarebbe una cosa meravigliosa.
Flinx rifletté. — Immagino che il tuo corpo sia pronto e immagino che dal momento che ti scorrazzerò per un numero sconosciuto di parsec, posso anche permettermi un paio di cene.
— Oh, farò in modo che tu venga ripagato — disse lei in fretta. — Quando mi riporterai indietro, la mia compagnia ti ricompenserà per il viaggio e il disturbo.
— Non ce n'è bisogno. È passato tanto tempo dall'ultima volta che ho portato a cena una bella donna.
Mio Dio, pensò all'improvviso, l'ho proprio detto!
L'espressione della ragazza si addolcì, e lui seppe di averlo proprio fatto.
— Solo, non eccedere. Se mangi troppo, finirai con lo star male per tutto il viaggio.
— Non preoccuparti per me. Ho uno stomaco di ferro. Mangio qualunque cosa. O questo non quadra con la tua immagine di una bella donna? — Quando lui non fece commenti, si sentì delusa. — Hai detto di essere uno studente, ma questo però non mi dice di cosa ti occupi.
Flinx controllò scrupolosamente il corridoio, con Pip all'erta sulla sua spalla e Scrap aggrappato per la coda ai capelli di Clarity. Solo quando fu sicuro che tutto fosse tranquillo e non ci fosse nessuno in giro, si incamminò in direzione della piccola sala da pranzo dell'albergo.
— Sono solo quello — le rispose, — uno studente.
— Neanche per sogno. Sei più di questo. Non sono un telepate emozionale come il tuo serpente volante, ma sono in grado di dire che sei qualcosa di più di uno studente, Flinx. Qualcosa di più di uno che vuole imparare. Non dirmelo, se non vuoi. Maledizione, ecco che caccio ancora il naso nei tuoi affari. — Lui percepì il sorriso più che vederlo. — Devi scusarmi. La mia mente è fatta così, per non parlare poi di deformazione professionale. Se sei anche solo la metà dello studente che proclami di essere, capirai la mia curiosità.
Curiosità? Sì, lui era curioso. E anche frustrato, arrabbiato, spaventato e felice. Ma questo non era forse vero per ogni essere umano giovane?
In quanto a quello che era davvero, nessuno, nemmeno quelli che avevano giocato a fare miracoli con la sua mente prima ancora che egli nascesse, conoscevano la risposta.
Io sono un tamburo nel vuoto, pensò all'improvviso.
CAPITOLO QUINTO
La sala da pranzo non era affollata, e la cosa lo rallegrò, perché non ricordava più da quanto tempo non si godeva una conversazione tranquilla, rilassante, rassicurante, senza toccare argomenti importanti. Perdere tempo, pensò, poteva essere divertente oltre che terapeutico.
Aveva sentito parlare del mezzo-sonno, quella cosa che gli altri chiamavano dormiveglia, quando non si è più addormentati, ma neppure pienamente svegli. Non l'aveva mai sperimentato, perché Flinx poteva dormire profondamente e l'attimo seguente essere completamente sveglio e vigile. Non aveva mai quella fase di transizione come sembrava avessero tutti gli altri. Che la cosa fosse una delle funzioni particolari della sua mente o semplicemente il prodotto della sua vita nei vicoli di Drallar, non aveva modo di saperlo. Non ne aveva mai parlato con nessuno.