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Non ci fu bisogno di un'alzata di mani, e nemmeno di parole, anche se qualcuno di loro annuì con un cenno del capo.

Spider si volse verso Lizard. I due uomini erano i componenti di un tutto molto più grande, ognuno di loro era come la gamba di un insetto che lavorava per portare il corpo alla destinazione prescelta.

— Immagino che la tua gente sia pronta a muoversi? Lizard annuì brusco. — Pronti e ansiosi. È da molto che si esercitano e non aspettano altro che l'opportunità di fare qualcosa.

— L'avranno. Tutti noi avremo la nostra opportunità. — Lo sguardo cogitabondo di Spider percorse il tavolo. — Non ci nasconderemo più nell'ombra, non ci limiteremo più a mandare in giro volantini o inserire messaggi in trasmissioni fax dall'oscuro significato. Niente più supplicare per avere gli spazi sui tre maggiori canali tridi. Dopo Longtunnel, il nostro nome sarà sulla bocca di tutti. Tutto il Commonwealth saprà per cosa ci battiamo. Gli indecisi si precipiteranno ad abbracciare la nostra causa. Allora potremo davvero cominciare a combattere la marea di sfruttamento che per troppo tempo ha dominato la politica del governo!

Avrebbero potuto fare un brindisi alla decisione o a loro stessi, se non fosse stato per il fatto che nessuno di loro beveva alcoolici o prendeva sostanze stupefacenti di alcun genere. Come si poteva predicare la purezza del mondo naturale se non si era neppure in grado di mantenere puro il proprio corpo? L'unica cosa che li ubriacava era la passione per la Causa. La vera causa, la guerra santa contro i rapaci predatori degli ambienti, contro gli inquinatori e i DNAnarchici.

C'erano altre organizzazioni che proclamavano di lavorare a quello scopo, ma quei sei le conoscevano fin troppo bene: deboli, indecise e prive di passione. Solo quelle radunati attorno a quel tavolo erano le vere truppe d'assalto della jihad ecologica che stava per essere lanciata.

Lizard fece qualcosa e l'ologramma scomparve come se non fosse mai esistito. Si alzarono dai loro posti e cominciarono ad uscire dalla stanza, scambiandosi sussurri eccitati ma contenuti. Ognuno di loro sapeva come doveva agire per fare dell'operazione un successo. E doveva essere un successo. I baroni del latrocinio e i loro servi frankensteiniani avevano avuto mano libera per troppo tempo. Ora era giunto il momento di amputarla.

Parlarono a voce bassa e si dispersero in fretta. Il tempo aveva insegnato loro ad essere pazienti e l'esperienza aveva insegnato la cautela. Mentre uscivano ad uno ad uno dall'edificio per entrare nelle macchine in attesa o si incamminavano verso il più vicino mezzo di trasporto pubblico, ognuno di loro stava già mentalmente ripassando la prossima mossa, completamente concentrato sul compito che gli era stato assegnato.

Di certo, non avevano l'aspetto di membri del consiglio di un'emergente organizzazione terroristica.

CAPITOLO SECONDO

Anche se Alaspin attirava la sua parte di visitatori, pochi di questi erano turisti. La maggior parte erano scienziati per i quali il clima sgradevole rappresentava solo un insignificante ostacolo sulla strada delle grandi ricerche. Tuttavia, qui si trattava di un ostacolo consistente: nelle grandi savane dall'erba altissima e nelle fitte giungle che le circondavano, il clima cambiava poco da un mese all'altro. Esistevano solo due stagioni: quella umida e quella un po' meno umida.

Gli scienziati ci venivano per studiare le migliaia di templi e di rovine lasciate da un'avanzatissima civiltà che era stata troppo timida persino per darsi un nome, e che veniva quindi chiamata “alaspiniana” in mancanza d'altro. Gli Alaspiniani avevano lasciato esaurienti descrizioni dei loro viaggi in quel settore dello spazio, ma praticamente nulla per quello che riguardava loro stessi. Eppure avevano scelto di vivere in primitive strutture di legno e pietra. Della loro scomparsa non si sapeva nulla, anche se la teoria del suicidio razziale aveva parecchi sostenitori. Era quasi come se, imbarazzati dalle loro numerose conquiste, avessero semplicemente deciso di scomparire circa settantamila anni prima. Altri invece sostenevano che dovevano essere emigrati, perché se davvero si fosse trattato di un suicidio di massa, si sarebbe trovato qualche resto.

Avevano dei corpi fragili, insistevano i sostenitori del suicidio. O forse cremazioni nella giungla. Non erano che supposizioni, impossibili da provare, che facevano discutere anche gli xenoarcheologi più moderati, perché, tra i milioni di incisioni e registrazioni lasciate su piccoli cubi di metallo incisi al micromillesimo, non esisteva neppure una fotografia di un Alaspiniano. C'erano infinite immagini di piante, animali, paesaggi, strutture, ma nessuna che mostrasse l'aspetto della gente.

Era uno di quei mondi dove i Thranx si trovavano a loro agio più dei loro compagni umani. Quel clima caldo umido era per loro come un fresco soffio dell'aria fumante di casa. Tutte le più grandi installazioni permanenti di ricerca avevano personale thranx, mentre gli umani andavano e venivano molto in fretta, per racimolare frammenti di conoscenza da trasferire in pubblicazioni o tesi, prima di fuggire su mondi più freschi e meno umidi.

Nelle regioni di frontiera, i cercatori di minerali erano molto più numerosi degli scienziati. Alaspin possedeva molti minerali di valore, tuttavia coloro che si facevano chiamare cercatori, evitavano le ricche pianure alluvionali delle savane, preferendo scavare tra le innumerevoli rovine, dove gli scavi erano più facili e i 'filoni' avevano una più alta concentrazione; anzi, erano già raffinati. Tra scienziati e cercatori esisteva un perpetuo stato di guerra non dichiarata.

Per coloro che erano impegnati nelle ricerche archeologiche, i cercatori erano profanatori di tombe e distruttori di una civiltà e di un'eredità aliena ancora troppo avvolta nel mistero. Alcuni dei più rapaci e incuranti esploratori non avrebbero esitato a fare a pezzi un edificio appena scoperto, per impossessarsi di un manufatto commerciabile, rendendo così inutile le ricerche di una intera area archeologica.

Al contrario, i poveri cercatori di minerali, che non avevano il sostegno delle grandi compagnie e sopravvivevano in quell'ambiente ostile grazie soprattutto alla loro abilità, si lamentavano del fatto che le autorità appoggiavano sempre le grandi fondazioni, mentre loro invece avevano già localizzato più rovine e insediamenti di quanti se ne sarebbero potuti studiare in mille anni. Insistevano che ogni nuovo sito da essi scoperto aggiungeva, invece di sottrarre, qualcosa alla somma della conoscenza scientifica.

In mezzo ai due, si muoveva un piccolo gruppo di ibridi riconosciuto tacitamente da ambo le parti, composto da individui solitari, che erano sia scienziati che cercatori, il cui desiderio di apprendere era in continua lotta con la cupidigia.

Poi c'erano quelli giunti su Alaspin per fare fortuna con altri mezzi: venivano per provvedere ai bisogni sia dei cercatori di minerali che degli scienziati, e lo facevano per denaro, naturalmente, dal momento che nessuno veniva su Alaspin per ragioni di salute. Il clima era infernale e le forme di vita indigene erano ostili.

Non tutti gli scienziati erano sostenuti da qualche organizzazione legalmente riconosciuta. E non tutti i cercatori erano equipaggiati dei loro attrezzi da una grande compagnia o da un consorzio criminale. Quindi servivano magazzini, divertimenti sufficientemente semplici e allegri e strutture di supporto. Coloro che gestivano questi affari erano gli unici che si potevano davvero chiamare cittadini di Alaspin. Per la loro sopravvivenza dipendevano esclusivamente dal pianeta. La loro fortuna andava costruita in tempi lunghi, al contrario degli scienziati che sognavano la Grande Scoperta o dei cercatori che fantasticavano sul Gran Colpo, messo a segno nel prossimo tempio coperto di erbacce o nel prossimo torrente inesplorato.