E poi c'era Flinx.
Lui non apparteneva a nessuna di quelle classi riconosciute che sciamavano sulla superficie umida di Alaspin. Non era lì per ricerche minerarie e neppure per studi scientifici, anche se d'abitudine studiava approfonditamente ogni cosa che incontrava. Quello che lo spingeva era la solitudine.
Gli scienziati pensavano che si trattasse di uno studente un po' particolare che lavorava ad una tesi. I cercatori invece, che riconoscevano un lupo solitario quando ne vedevano uno, lo consideravano dei loro. Chi altri se non un cercatore avrebbe potuto avere un drago volante alaspiniano, o un minidrago, se preferite, sempre appollaiato sulla spalla? Chi altri avrebbe scoraggiato ogni tentativo di conversazione o di presentazione? Non che il giovane dovesse darsi molto da fare per scoraggiarli. La presenza dell'orribile e letale animaletto teneva alla larga i curiosi.
Comunque, con quelli che erano tanto coraggiosi o ignoranti da affiancarlo per strada o nella sala da pranzo del piccolo albergo, lui rispondeva sempre con gentilezza: No, non era uno studente. E nemmeno un cercatore. Non lavorava neppure per una delle corporazioni di servizi del pianeta. Si trovava su Alaspin, ammetteva senza reticenze, per preparare il suo ritorno a casa. Al che, gli interlocutori invariabilmente si allontanavano più perplessi di prima.
Flinx apprezzava moltissimo ogni persona che incontrava, sia coloro che gli facevano domande, che quelli che riconoscevano subito l'inconfondibile colore blu e rosa di Pip e si affrettavano ad allontanarsi quando lo vedevano arrivare. Più invecchiava, più trovava affascinante il genere umano. Fino a poco tempo prima, la sua immaturità gli aveva impedito di apprezzare l'unicità di quel composito organismo che era la razza umana.
In quanto ai Thranx, a modo loro erano altrettanto interessanti. Il loro sistema sociale era diverso da quello degli uomini. Anche se le due specie convivevano in perfetta armonia, avevano priorità e princìpi differenti. Sì, stava davvero diventando uno studioso della gente, senza curarsi della taglia, della razza e di dove avevano lo scheletro. Questo era in parte dovuto al fatto che Flinx era alla ricerca di qualcuno simile a lui. Ma fino a quel momento non lo aveva trovato.
Mentre rifletteva, maneggiava un machete. Era uno straordinario strumento primitivo, niente più di un pezzo di metallo affilato. Coltelli laser a buon mercato si trovavano in ogni magazzino di attrezzature di Mimmisompo, ma lui aveva preferito scegliere quell'anticaglia. Prendere la mira con un laser e premere il grilletto non procurava lo stesso senso di soddisfazione dato dal maneggiare la pesante lama. Il laser era silenzioso e preciso, con il machete, invece, si potevano annusare i progressi fatti aprendosi la strada tra steli verdi e purpurei e foglie ricche di venature. Inoltre la distruzione della flora fatta con il machete non lo turbava, perché sapeva che era solo temporanea. Nel giro di una settimana, il sentiero che stava aprendo in quel momento sarebbe scomparso, sommerso dalla nuova vegetazione.
Intorno a lui si ergevano alti alberi. Uno in particolare lo affascinava, aveva radici simili a contrafforti, quasi privo di tronco e ricoperto da festoni di epifite dai vividi fiori color carminio. Sciami di minuscoli insetti neri e azzurri si affollavano intorno ai fiori a forma di piccole trombe, si trattava di parenti a quattro ali dei lepidotteri terrestri che spingevano per avere la loro parte di nettare.
Creature assai meno decorative cercavano di morsicarlo attraverso gli stivali che affondavano per più di tre centimetri nel fango grigiastro. Annusavano l'odore del sangue. Il repellente ad alta frequenza agganciato alla cintura teneva lontani la maggior parte dei vampiri; la camicia a maniche lunghe e i pantaloni erano impregnati di potenti antiferomoni, come pure il cappello a tesa larga. Fino a quel momento, gli odori e i suoni che egli emetteva avevano fatto sì che non venisse punto.
Anche se non lo sapeva, il suo aspetto non era molto diverso da quello degli esploratori della giungla dei tempi antichi. Ma quegli uomini avrebbero ucciso per impossessarsi della chimica e dell'elettronica che teneva a debita distanza la fauna più pericolosa che Alaspin aveva da offrire. I thranx, beati loro, non avevano bisogno di protezioni tanto complicate. Erano pochi gli insetti in grado di penetrare attraverso le loro corazze chitinose. E non avevano neppure bisogno delle strisce raffreddanti allacciate ai pantaloni che lo mantenevano fresco, riciclando il suo sudore. Non era strettamente necessario, ma era un lussuoso antidoto alla miseria della situazione.
Ed era anche molto costoso, ma il denaro era una cosa di cui Flinx non si preoccupava. Anche se non era favolosamente ricco, si era reso finanziariamente indipendente.
Un ronzio a più voci gli riempì le orecchie. Ne aveva avvertito la presenza molto prima di udirli. Pip si srotolò dalla sua spalla e si innalzò in volo. Eccoli di nuovo, si trovavano negli alberi alla sua destra.
Erano più grandi del più grosso colibrì e sfrecciarono verso di lui in formazione, danzando intorno alla sua testa. Flinx rivolse loro un sorriso pieno di affetto, poi si voltò e riprese il cammino verso il lago di cui aveva scoperto la presenza sulla mappa. Quel luogo gli era sembrato il più adatto per gli addii finali.
La realtà era molto più bella delle fotografie aeree, pensò quando finalmente emerse dagli ultimi cespugli per ritrovarsi sulla riva scoscesa. Era ancora piuttosto presto. Dalla liscia superficie del lago si innalzava la nebbia, che addolciva i contorni degli alberi e delle liane che incorniciavano la sponda opposta. Erano come sagome di sogno, delineate da un contorno dorato e fiammeggiante, una sorta di offerta al sole velato dalla foschia.
Quella distesa ispirò i suoi compagni di viaggio. Essi si slanciarono verso l'acqua, saettando gioiosi intorno a Pip, che era la stella alla quale ancoravano la loro costellazione, almeno fino a quel giorno, perché il momento del distacco si avvicinava.
Flinx lo sapeva perché lo percepiva nella mente del suo animale. Pip era un telepate empatico, in grado sia di trasmettere che di ricevere le emozioni del suo padrone. La mezza dozzina di piccoli che in quel momento saettavano gioiosi intorno a Pip, erano dotati degli stessi poteri.
Erano stati concepiti durante una visita in quel pianeta, il loro mondo di origine, e a quel luogo Flinx li aveva riportati per svezzarli, anche se quello non era un termine che si applicasse del tutto ai serpenti volanti. Aveva sentito dire che quella era la cosa giusta da fare, per quanto non sapesse fino a che punto quell'idea era nata da lui o gli fosse invece stata suggerita da Pip. Ora sapeva di aver fatto la cosa giusta. Aveva goduto della compagnia dei piccoli, ma questi crescevano in fretta. Sei minidraghi, mortalmente velenosi, erano un po' troppo per una persona sola, perciò lui aveva deciso di riportare a casa i cuccioli.
Erano serpenti solo di nome, perché era la specie a cui assomigliavano di più. Persino gli xenotassonomi li chiamavano draghi in miniatura, anche se erano imparentati più strettamente con gli estinti sauri della Terra, con i celosauri in particolare.
Ritto sulla sponda, con il machete nella mano, percepì la loro confusione.
Ondate di materna repulsione emanavano da Pip, come lievi increspature in una pozza. Si abbattevano sui suoi piccoli, respingendoli, costringendoli ad allontanarsi. Gradualmente, pur senza capire, l'istinto prese il sopravvento. Si misero a volare intorno a Pip in cerchi sempre più larghi e Flinx percepì il loro legame farsi sempre più debole. Non si spezzò, ma divenne sempre meno intenso. Era una sensazione ad un tempo meravigliosa e dolorosa, che lo riempì di pace.
Non si chiese più se avesse fatto la cosa giusta portandoli lì. I minidraghi continuarono la loro danza: quelle forme incredibilmente agili guizzavano e roteavano, e le loro scaglie iridescenti catturavano i raggi del sole. Poi, uno alla volta, ruppero la formazione e scomparvero tra gli alberi sull'altra sponda del lago. Adesso erano davvero tornati al mondo che li aveva dati alla luce. Flinx trasse un profondo respiro.