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Esplorò l'interno del contenitore come poté, ma non trovò né un'interruttore né una maniglia di apertura. Questo significava che quel sarcofago era costruito per aprirsi solo dall'esterno ed era un fatto che aveva senso. Le sue dita trovarono tre spesse cerniere e ne capirono la funzione.

Ricordò il riposo pieno di pace nel lago dei suoi pensieri. Per qualche ragione era stato narcotizzato e a giudicare dai muscoli intorpiditi, era rimasto parecchio privo di sensi. Ma nonostante questo, si sentiva vigile e a posto. Il lungo sonno gli aveva sgombrato la mente dalle ragnatele. Lasciò libero il suo talento e scoprì di poter percepire con molta chiarezza le emozioni che lo circondavano. Forse la combinazione tra il lungo riposo forzato e l'agente narcotizzante avevano favorito un innalzarsi della sua percezione. O forse gli era successo qualcosa mentre era rinchiuso in quella prigione, senza poter vedere altro che la sua mente. Aveva vaghi ricordi di potenti forme che non riusciva a vedere, e soprattutto di una, verde e immensa. Echi di un mondo di sogno pieno di pace.

Toccò delle menti ostili e si allontanò, come una farfalla che passa di fiore in fiore. I suoni e le emozioni gli dissero che quella persone stavano sparandosi addosso. In mezzo a quell'oceano di sensazioni sconosciute, ce n'erano due che conosceva bene. Una era Alynasmolia Vandervort, una combinazione di cupidigia, ambizione, speranza e odio.

Clarity invece era piena di disgusto, preoccupazione, paura e qualcosa d'altro che non riuscì ad identificare. A quel punto, sussurrò qualcosa a Pip. Non comunicavano solo empaticamente: il serpente volante aveva un'intelligenza sufficiente per imparare e rispondere ad alcuni comandi verbali elementari.

Spostandosi il più possibile verso destra, batté con un dito sulla cerniera più bassa, mormorando una parola. Pip individuò la posizione del suo dito dal suono che faceva colpendo la cerniera, attese che il suo padrone avesse ritirato la mano e poi sputò.

L'odore pungente del metallo che si dissolveva riempì il contenitore, minacciando di soffocare Flinx. Lottando per respirare, batté altre due volte sulle cerniere, mormorò due volte il comando e attese che il veleno di Pip producesse il suo effetto. Nessuno si avvicinò per vedere cosa stesse succedendo. Forse le cerniere che si scioglievano non erano visibili dall'esterno, o più probabilmente, i combattenti che aveva percepito, erano troppo impegnati ad ammazzarsi.

Tossendo per i vapori, intrappolato nella sua prigione, sentì la rabbia montare. Tutto quello che gli era capitato, era successo perché aveva cercato di aiutare qualcun altro. Avevano giocato con le sue emozioni e più lui cercava di aiutare, più la gente sembrava solo volergli fare del male. Era furioso.

Galleggiando sereno nel suo lago privato, aveva imparato molte cose su se stesso. La meditazione forzata aveva rivelato cose la cui esistenza non aveva mai voluto riconoscere. E una era che in tutto l'universo c'erano solo due intelligenze in grado di comprenderlo veramente. Una erano i sumacrea. L'altra era un'arma gigantesca costruita da una razza morta da molto tempo. L'unico scopo della vita dei sumacrea era comprendere. Quello dell'arma era distruggere.

Ma lui non era un'arma. Lui era Philip Lynx, detto Flinx: un orfano di diciannove anni, con una storia insolita, una parentela enigmatica e un talento erratico con sbocchi sconosciuti.

Qualunque cosa lui fosse, quando spostò di lato il coperchio distrutto del sarcofago e si mise a sedere, tutti i presenti rimasero paralizzati. Gli ci volle un istante per abituare gli occhi alla luce e in quell'istante, tutti ebbero la possibilità di reagire.

Vandervort si alzò a metà da dietro la sua barriera di casse e gridò: — Prendeteli! — Dabis e Monconqui cominciarono a muoversi. Il vecchio acquattato sulla cima delle scale fissò Flinx come se vedesse un rettile carnivoro invece di un giovane snello.

— Uccidete la cosa! — urlò. — Uccidetela subito!

Il giovane seduto sull'ultimo gradino esitò, ma non la donna alta accanto a lui. Cominciò a sollevare la canna della pistola neuronica che teneva tra le mani. Ma senza essere sfiorata da alcuna arma visibile, di colpo cadde in avanti, rotolando giù dalle scale e finendo sul corpo dell'uomo morto prima.

Pip e Scrap erano in aria, pronti ad attaccare, ma per la prima volta nella sua vita, Flinx non aveva bisogno di loro. In confronto alla lotta sostenuta per emergere dal lago, questa volta fu facile. Usando Pip come lente empatica, era in grado di proiettare emozioni, non solo di riceverle. Forse ciò non era dovuto solo al lago e al sonno drogato. Forse c'entravano anche le forme e le sagome indistinte che avevano cercato di raggiungerlo. Forse lo avevano raggiunto. Non lo sapeva.

Aveva tutto il tempo di scoprirlo dopo, se viveva.

Quello che aveva proiettato nella mente della donna alta erano paura e un terrore soverchiante. La stessa cosa fece con il suo compagno, che emise un gemito tremante, si alzò per fuggire, ma svenne sulle scale. Il vecchio riuscì a sparare un colpo in direzione di Flinx, che lo sfiorò appena, intorpidendogli il braccio. Istintivamente, il giovane rispose con una forza maggiore.

Quello che avvenne fu involontario. Il vecchio si alzò tremando, con gli occhi fuori dalle orbite, e crollò addosso al suo giovane compagno. Ma al contrario di lui, non era semplicemente svenuto. La paura gli aveva fermato il cuore.

Vedendo crollare gli avversari, le due guardie del corpo si erano fermate in mezzo alla stanza, sollevate al pensiero di non dover più sfidare le pistole dei nemici. E quasi nello stesso istante, si accorsero che il prigioniero era seduto nel sarcofago e li guardava; ma non ricollegarono la sua resurrezione con la distruzione degli avversari.

Incerto, Monconqui sollevò la pistola. Clarity vide il gesto, si alzò e urlò.

Fu più difficile mettere fuori combattimento le due guardie del corpo. Esse conoscevano il tipo di paura che Flinx aveva usato per togliere di mezzo gli altri, ma dopotutto, ogni uomo ha un limite e alla fine anche i due crollarono sotto il cieco terrore proiettato da Flinx.

Poi nella stanza furono solo lui, Clarity e Vandervort. La donna anziana uscì da dietro la sua piccola fortezza di casse e avanzò verso di lui, con la mano tesa e un gran sorriso sul volto.

— Bene, ragazzo mio, non so come ci sei riuscito, ma so che sei stato tu. Ti ho visto fissarli e farli crollare, o qualunque altra cosa tu abbia fatto. Prima quella feccia sulle scale e poi i miei uomini, che non hanno avuto il buon senso di abbassare le armi prima di scoprire che eravamo tutti dalla stessa parte.

Flinx stava arrampicandosi fuori dal sarcofago. — E di che parte si tratta?

— Non ascoltarla, Flinx! — gridò affannata Clarity. — È lei che ti ha drogato e messo in quella cassa!

Vandervort si girò di scatto. — Stai zitta, piccola cagna. Se sai cosa ti conviene, è meglio che tu tenga la bocca chiusa. — Continuando a sorridere, tornò a rivolgersi a Flinx. Lui la studiò impassibile.

— La nostra cara Clarity è un po' scombussolata. E confusa da tutte le cose che sono successe e devo dire che non la biasimo. — Vandervort rise, una risata morbida, fiduciosa. — Io stessa sono un tantino confusa.

— Anch'io.

Vandervort sembrò aumentare di statura. — Sono certa che possiamo chiarire tutto.

— Quindi tu non sei responsabile di questo? — Il suo sguardo era fermo, la voce calma. Pip era sospesa lì vicino, mentre Scrap guizzava incerto verso Clarity, poi verso Flinx, finendo con lo svolazzare infelice a mezz'aria tra i due.

— Non ho detto proprio questo. Quello che ho detto è che è stato tutto molto confuso.

Queste furono le parole che pronunciò. Ma quello che emanava da lei era una combinazione di paura e rabbia, non tutta diretta ai nemici morti o svenuti ammassati in fondo alle scale. Una parte era diretta a Flinx.

— Se hai tutto questo desiderio di aiutarmi, perché hai tanta paura di me?