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— Paura di te, giovanotto? Ma io non ho paura di te. — All'improvviso capì e sorrise, ma questa volta fu un sorriso incerto. — Tu sei in grado di dire quello che provo, vero? Non quello che penso, ma quello che provo.

— Esatto. E quello che percepisco in questo momento è che non ti piaccio poi tanto quanto vuoi far credere.

— Non dovresti prendere alla lettera le emozioni, giovanotto. Possono essere confuse e confondere. Hai appena finito di mettere fuori combattimento cinque persone senza neppure alzare in dito. Credo di avere il diritto di essere quantomeno intimidita.

— Ma tu non sei intimidita. Tu hai paura e questa è una cosa diversa. Credo che in questo momento tu stia pensando di impadronirti di una delle pistole dei tuoi scagnozzi, appena ti volto le spalle.

Vandervort divenne bianca come un cencio. — Non puoi sentire questo. Non è un'emozione: è un pensiero specifico. — Indietreggiò di un passo. — Tu non puoi…

— Giustissimo. Non posso leggere i pensieri. Ma se insinuo una cosa e tu reagisci, io percepisco la tua reazione e quindi la riconosco con la stessa chiarezza che se tu mi avessi dato una risposta sincera. Se avessi risposto in un altro modo, allora forse avrei esitato. Avrei potuto essere incerto. Avrei potuto persino essere tentato di stare ad ascoltarti.

— Non mi ucciderai — sussurrò cupa. — In te non c'è l'assassinio.

— Ehi, non possiamo sapere cosa ci sia in me, ricordi? Io sono l'imprevedibile mutante contro cui hai messo in guardia tutti. — Non fu l'espressione di puro terrore sul viso di lei che lo fece star male, ma il fatto che lui stava godendo di quel terrore. Sospirò. — Basta morti. — Indicò le scale. — Due di loro sono morti, gli altri svenuti. Una di quelle morti è stata un incidente, e l'altra è stata provocata da una pistola ad aghi. Non ti ucciderò, Vandervort.

La donna si fermò. — Che cosa hai intenzione di fare? — Non lo stava guardando. — Che cosa hai fatto a loro?

— Ho solo fatto in modo che non mi dessero fastidio per un po'. Dimmi: c'è qualcosa di cui hai paura? Qualcosa che ti spaventa davvero?

— No, sono uno scienziato. Osservo ogni cosa analiticamente. Non ho paure.

All'improvviso, i suoi occhi sporsero in fuori come quelli di un pesce intrappolato nella bassa marea. Gettò la testa all'indietro e si girò lentamente. Le dita annasparono nell'aria e lei emise un unico urlo acuto, prima di ricadere a terra svenuta.

Clarity uscì da dietro le casse. — Che cosa le hai fatto?

Flinx fissò triste la figura rattrappita. — La stessa cosa che ho fatto agli altri. Ho proiettato dentro di loro la paura, fino a quando il sistema nervoso è stato sopraffatto. Ho percepito delle paure striscianti nella sua mente. Insetti, o cose simili, non so. — Scosse il capo. — Non sono necessari i dettagli. — Ecco dove è finito il suo approccio analitico.

— Flinx, sono così contenta che tutto…

Lui si voltò di scatto. — Penso che sia meglio che tu non aggiunga altro.

Sconcertata e ferita, lei si interruppe. — Non riesco ad immaginare cosa pensi. Io non ho nulla a che fare con tutto questo.

— Tu lo sapevi. Dimmi che non ne sapevi nulla.

— Non posso. Tu ti accorgeresti se mento, Flinx, non sapevo cosa fare, cosa pensare. Lei mi ha raccontato delle storie… — indicò la figura immobile del suo ex capo. — … storie sulla Società, sul loro lavoro e su di te. Su quello che saresti potuto diventare. Non le ho creduto. Non volevo crederle. Ma lei ha tanta più esperienza di me, non ho avuto scelta. Se avessi rifiutato, avrebbero trovato qualcun altro che prendesse il mio posto, qualcuno a cui non importava nulla di te.

— Tutti hanno una scelta. — Abbassò lo sguardo, stanco di fissare. Stanco e basta. — È solo che molta gente non ha il fegato di fare quella giusta.

— Mi spiace, mi spiace tanto. — Stava piangendo. — Ti avevano messo in quella maledetta scatola prima che potessi saperlo; era troppo tardi per fermarli. Sono rimasta con loro nella speranza di aiutarti, in qualche modo, quando avessero abbassato la guardia. Devi credermi! Hai sentito che gridavo per avvertirti, vero? Hai sentito quando ho detto che era lei la responsabile di tutto quello che era successo, che era tutta opera sua.

— Sì, ti ho sentito. È per questo che sei ancora in piedi, invece di essere sdraiata sul pavimento con gli altri. So che stai dicendo la verità. Altrimenti sei la bugiarda più in gamba che abbia mai incontrato.

— Se lo sai, se lo senti, allora devi anche sentire che ti amo.

Lui si voltò. — Non so nulla del genere. I tuoi sentimenti sono forti, ma qualunque cosa tu dica, io percepisco che sono ancora confusi ed incerti. Ora dici che mi ami, poi dirai che hai paura di me. Caldo e freddo. Non voglio una relazione così.

— Dammi una possibilità, Flinx — lo implorò. — Sono così confusa.

Lui girò su se stesso e la guardò. — E come pensi che mi senta io? Queste sono emozioni di cui non mi libererò mai. Dopo tutto quello che è successo, come credi che potrò mai affidarti qualcosa, per non parlare della mia vita? Non che abbia importanza, comunque. Non puoi dividere la mia vita. Nessuno può. Perché, guarda l'ironia, Vandervort potrebbe aver ragione. Non posso, non voglio rischiare di mettere in pericolo qualcun altro, se davvero dovessi diventare pericoloso.

«Era una cosa di cui prima non ero sicuro, ora lo sono. Non avrei mai dovuto lasciarmi coinvolgere nella tua vita. In questo, la colpa è stata mia.

— Flinx, io so cosa sei e non mi spaventa più. Tu hai bisogno di qualcuno come me, qualcuno che possa offrirti comprensione, affetto e… amore.

— Qualcuno che mi aiuti ad essere umano, vero?

— No, maledizione! — Nonostante i suoi sforzi, non riuscì a trattenere le lacrime. — Non volevo dire questo.

Lui avrebbe voluto che mentisse, ma Clarity non stava mentendo.

— Mentre dormivo, o ero svenuto, o drogato, o qualunque altra cosa, la mia mente ha vagato libera, come mai prima. Per la prima volta mi sento bene con me stesso. È stato più di un sonno ristoratore o ringiovanente, Clarity. Mentre ero in quel sarcofago, mi è successo qualcosa, qualcosa che non so ancora definire, perché non sono sicuro di cosa sia stato. Ma mentre ero là dentro, ho percepito delle cose. Alcune bellissime, altre spaventose, altre inesplicabili e fino a che non riuscirò a capirle, devo restare solo.

— Sei ingiusto — singhiozzò lei.

— Una volta mi hanno detto che l'universo non è un luogo giusto. E più lo vedo, più mi convinco della verità di quell'affermazione.

Il rombo iniziò come un ronzio nelle orecchie e un sottile tremore del pavimento e le due cose si incontrarono nello stomaco. Non era un terremoto, ma qualcosa di più vasto. Clarity si afferrò alle casse di plastica per sostenersi, mentre Flinx cercò di restare in piedi. Pip rimase in aria, ma Scrap decise finalmente dove andare e atterrò con circospezione sulla spalla di Clarity. Quella vista addolorò Flinx, ma non aveva tempo di preoccuparsene in quel momento.

La sua preoccupazione immediata era il fatto che il centro del pavimento stava sprofondandogli sotto i piedi. Si spostò di lato, fissando la duralega e l'acciaio cemento polverizzarsi e scomparire nella bocca spalancata di un pozzo nero largo tre metri.

L'enorme creatura che sporse la testa fuori dal buco e si guardò intorno con curiosità era alta quanto il buco era largo. Pesava almeno una tonnellata e la sua folta pelliccia era macchiata di terra. Il muso piatto terminava in un minuscolo naso, sopra il quale un paio di occhi gialli grandi come piatti, splendevano come due lanterne. Le orecchie era ridicolmente piccole.

Posando due immense zampe a sette dita sul bordo del buco, la creatura si issò nella stanza, con la testa pelosa che quasi sfiorava il soffitto. Clarity balbettò incredula, come se avesse visto materializzarsi un incubo. Anche Flinx trasalì, ma per una ragione completamente diversa. In quel momento il mostro lo vide… e fece un grande sorriso.