— Questa è fatta — disse ad alta voce, sapendo che nonostante Pip non capisse le parole, avrebbe però capito perfettamente quello che provava. — Non c'è altro, vecchia mia. È tempo che noi due torniamo indietro, sta cominciando a fare caldo.
Pip sfrecciò verso di lui, fermandosi di colpo ad un metro davanti al suo viso. La lingua lunga e appuntita gli sfiorò il naso e gli occhi, poi l'animale girò su se stesso, andando a sistemarsi comodamente sul collo e sulle spalle.
Flinx si concesse un ultimo sguardo al lago, a quella superficie immobile come il vetro. Poi si voltò, per ripercorrere il sentiero che aveva aperto nella giungla. Se Pip era triste per il distacco dai suoi piccoli, non ne diede alcun segno. L'unica cosa che percepiva in lei era una grande contentezza.
Naturalmente non aveva modo di dire se stesse davvero provando le sensazioni del minidrago o se queste non erano altro che deboli riflessi delle sue. Quella sua particolare sensibilità continuava a restare un mistero, anche se a ogni anno che passava sembrava accettarla un po' di più. Era come cercare di stringere la nebbia: un momento quel talento era solido e reale come acciaio, e il momento seguente, quando cercava di usarlo, non trovava nulla, assolutamente nulla.
Mentre si trascinava nel fango, cercava di evitare di sfiorare la vegetazione che lo circondava, perché in quella giungla ogni foglia sembrava nascondere qualcosa di spinoso o di tossico. Stava cominciando a provare rispetto per i suoi talenti, invece di temerli e odiarli. Fino a quel momento, le sue abilità gli avevano più che altro causato guai. Purtroppo, doveva imparare a conviverci. Non poteva disconoscerli, non più di quanto potesse mutilarsi.
Pip si agitò sulla sua spalla nello stesso istante in cui un boato di emozioni si riversava nella sua mente. Flinx si fermò, e si voltò quando colse il ronzio.
Un piccolo minidrago era sospeso davanti a lui. Quando si era voltato, il piccolo si era ritirato, portandosi a due metri di distanza ed era rimasto lì, fissandolo intensamente.
Flinx sapeva di non essere il primo essere umano ad aver stabilito uno stretto legame emotivo con un minidrago alaspiniano. Si raccontava di altri cercatori che lo avevano fatto. Lui stesso ne aveva incontrato uno poco più di un anno prima. Il minidrago di quell'uomo, Balthazaar, si era accoppiato con Pip. Ma non aveva mai sentito parlare di nessuno che fosse riuscito ad instaurare un legame con più di un serpente volante. Un essere umano, un minidrago. Quella era la regola. Il piccolo doveva andarsene.
— Forza, vattene, fila! — gridò, facendo un balzo verso l'animale e brandendo il machete. La piccola creatura indietreggiò di un altro metro. — Vola via, scompari! la tua casa non è più con me e con tua madre. È arrivato il momento di salutarci. — Continuò ad avanzare verso il minidrago e quest'ultimo indietreggiò di un altro metro, nascondendosi per metà dietro la mole di un albero dalla corteccia blu.
Voltandosi con gesto deciso, Flinx riprese il cammino. Aveva fatto non più di venti metri, quando udì di nuovo il ronzio. Girò su se stesso, esasperato, e vide il piccolo atterrare su di un ramo, ripiegando le ali scagliose lungo il corpo affusolato e arrotolando la coda al ramo.
— Che cosa ti prende? — Gettò uno sguardo a Pip, che fissava in silenzio la sua prole recalcitrante. — Hai un cucciolo che non vuole lasciare il nido. Che cosa intendi fare?
Era per Flinx fonte di meraviglia costante la complessità di pensieri che le emozioni erano in grado di trasmettere. Pip non capiva una sola parola, ma le sensazioni erano chiarissime. Si srotolò, spiegò le ali e si slanciò verso il piccolo.
Il cucciolo quasi cadde dall'albero cercando di evitare l'attacco. Flinx guardò i due minidraghi girare intorno ai tronchi e tra i rami, spaventando la fauna locale e facendola fuggire in tutte le direzioni.
Alla fine Pip tornò, respirando affannosamente e si risistemò sulla sua spalla. Questa volta rimase fermo ad aspettare. Passò un minuto, poi due, e finalmente udì il noto ronzio. Il cucciolo era sospeso all'incrocio di due grandi rami, chiaramente esausto e altrettanto chiaramente deciso a restare. Sentendo Pip agitarsi sulla spalla, le mise una mano sul collo per calmarla.
— Buona. — Lei percepì senza capire e il suo respiro si tranquillizzò. — Va tutto bene.
Il cucciolo colse quella sensazione e si lanciò verso di lui, arrotolandosi sul suo polso sinistro.
— No, tu non puoi restare, mi capisci? — Sollevò la mano con un gesto deciso, lanciando in aria il minidrago. Ma non appena la riabbassò, il serpente volante ritornò ad aggrapparsi al suo braccio, come un braccialetto dai colori sgargianti e dagli occhi rossi.
Lo fece volare via parecchie volte, ma ogni volta la bestiola tornava ad aggrapparsi al polso o all'avambraccio. — Che cosa diavolo devo farne di te? — Se un serpente volante poteva rannicchiarsi, allora quel cucciolo stava facendo proprio quello, nascondendo la testa sotto un'ala.
Maledizione, era così tenero, pensò. Tutti i cuccioli di Pip erano piccole, tenere, delicate sculture di cuoio. E ognuno di loro aveva abbastanza neurotossine nelle sacche del veleno da uccidere una dozzina di uomini in pochi minuti. Per niente teneri.
Le emozioni che emanavano dal minidrago erano deboli e confuse, come quelle della madre. Affetto, confusione, solitudine, paura, sconcerto, tutti insieme. Dal momento che il livello di intelligenza di un minidrago era molto al di sotto di quello di un essere umano, non poteva sapere con certezza quale fosse la sensazione dominante.
E quello era molto piccolo, anche per un minidrago di quasi un anno. Pip esitava, cercando di dividere la propria attenzione tra il padrone e il suo cucciolo. Flinx si chiese come avrebbe reagito se avesse fatto un gesto violento verso l'adolescente. Non aveva dubbi che se avesse diretto una quantità di rabbia sufficiente verso il minidrago, la madre avrebbe cercato di allontanarlo, anche se per farlo avesse dovuto ferirlo.
Era così piccolo che probabilmente era stato l'ultimo della covata e di conseguenza il meno disposto ad essere svezzato. Ma Flinx non aveva alcuna intenzione di restare su Alaspin un giorno di più dello stretto necessario, e certo non per tranquillizzare i sentimenti feriti di un riluttante minidrago adolescente. Non c'era nulla che volesse fare su quel mondo, nulla che avesse bisogno di vedere. Voleva solo andarsene, non importa dove. Non aveva certo bisogno di un'altra forma di vita che gli affollasse la nave. Sospirò ad alta voce e si rese conto che negli ultimi tempi aveva sospirato parecchie volte.
— Non te ne importa molto, vero? — Una minuscola testina triangolare dai vivaci colori, spuntò per sbirciarlo da sotto un'ala. — Non è così che funziona. Un minidrago, un essere umano. Non si può avere una relazione empatica in tre sensi. — Il minidrago non rispose.
Forse non era ancora abbastanza maturo. Di certo, era il più piccolo della nidiata. Flinx sollevò il braccio in modo che i loro occhi si trovassero alla stessa altezza.
— Immagino che se non posso liberarmi di te, almeno dovrò darti un nome. Che cosa c'è di più piccolo di un seme? Un nocciolo? No, tu sei un rimasuglio, per cui ti chiamerò Scrap.
Appropriato, se non esaltante. Il piccolo nodo di muscoli gli strinse il braccio, ma Flinx non capì se lo aveva fatto come reazione al suo battesimo o solo per rafforzare la presa. Non avrebbe occupato molto spazio, si disse. Pip avrebbe potuto tenerlo d'occhio mentre erano a bordo del Teacher, che era pieno di rimasugli di altro genere. Si sarebbe proprio sentito a suo agio, il piccolo.
Ora che l'animosità del padrone nei confronti del suo cucciolo era svanita, Pip si era rilassata contro la sua spalla, senza far caso al piccolo. Era chiaro che pensava di aver fatto del suo meglio per porre fine ai suoi doveri materni. Se il suo padrone non rifiutava più l'adolescente, allora neppure lei si sentiva obbligata a farlo.