T’uupieh fece un vago cenno di assenso, valutando la cosa. Chwiul non avrebbe davvero potuto scegliere nessuno che più di lei bramasse compiere quell’impresa… e si trovasse altresì nella miglior posizione per colpire. Tutto ciò che le era mancato fino a quel momento era stata l’occasione. Dall’istante in cui era stata spodestata, durante i giorni squallidi dell’autunno e l’interminabile inverno — quasi un terzo della sua vita, adesso — lei aveva imperversato nella selvaggia palude, tra gli acquitrini del suo dominio d’un tempo. Aveva raccolto intorno a sé qualche fedele servitore, un pugno di scontenti, cinque o sei tagliagole, attaccando e assassinando la gente del seguito di Klovhiri, devastando le sue reti per i «phib», rubando dalle sue trappole e cacciando di frodo la sua selvaggina. In più, si era messa a rapinare qualunque viaggiatore s’inoltrasse lungo le strade che attraversavano quelle terre.
Poiché lei apparteneva ancora alla nobiltà, il Feudatario aveva sulle prime tollerato, e più tardi segretamente incoraggiato i suoi atti di banditismo. Forestieri molto ricchi attraversavano frequentemente le sue terre d’un tempo, e in cambio del versamento d’una parte del bottino, egli le consentiva di attaccarli impunemente. T’uupieh ben sapeva che si trattava niente più che di un boccone gettatole perché egli aveva permesso che il suo favorito, Klovhiri, s’impossessasse di quelle terre. Ma lei si era data da fare per accattivarsi il più possibile le simpatie del Feudatario, il quale aveva cominciato a servirsi di lei per affari più delicati e remunerativi: l’eliminazione di certi suoi nemici. E così lei era diventata anche un assassino prezzolato, e aveva scoperto che questo mestiere non era poi granché diverso da quello del nobile: entrambi richiedevano sangue freddo e astuzia, e una completa mancanza di rimorsi. E poiché ella era T’uupieh, c’era riuscita mirabilmente. Ma nessuna ricompensa aveva saziato il suo desiderio di vendetta… Fino ad ora.
— Non rispondi? — stava dicendo Chwiul. — Vuol forse dire che il coraggio ti viene meno, all’idea di assassinare parenti… al contrario di ciò che accade a me?
Ella scoppiò in una secca risata: — Che tu dica questo dimostra che il tuo discernimento è meno della metà del mio… No, il coraggio non mi vien meno… Il mio sangue brucia dal desiderio! Ma non era certo mia intenzione spedire Klovhiri e i suoi sotto il ghiaccio soltanto per offrire in gentile omaggio le mie terre a suo fratello. Perché dovrei farti questo favore?
— Perché ovviamente non riusciresti a vendicarti da sola. Klovhiri non è riuscito a farti uccidere, in tutto questo tempo che lo stai tormentando, il che è la miglior prova della tua abilità. Ma l’hai reso troppo cauto: tu non puoi avvicinarti a lui, egli è troppo ben protetto. Tu hai bisogno della collaborazione di qualcuno che goda della sua fiducia, qualcuno come me, per esempio. Io posso farlo cadere fra le tue mani.
— E quale sarà la ricompensa, se accetterò? La vendetta non basta.
— Pagherò ciò che mi chiedi.
— I miei possedimenti. — Ella sorrise.
— Perfino tu non sei ingenua al punto da…
— No. — T’uupieh protese un’ala nell’aria, verso il nulla. — Perfino io non sono così ingenua. So quanto valgono… — Il ricordo d’una giornata d’estate dalle nuvole color dell’oro l’afferrò… levarsi in volo, in alto, sempre più in alto, sulle placide correnti d’aria sopra il lago… distinguere laggiù le aeree torri rosse e rosa del maniero che spuntavano dalla marea degli alberi spazzati dal vento… le pozze di ammoniaca color zafferano, crèmisi e acquamarina, tinte a vivaci colori dai metalli disciolti, che si stendevano tra le distese fangose costellate da miriadi di riflessi cristallini… le terre della sua famiglia, le terre che si perdevano a vista d’occhio, in questo ribollire dell’estate… — Ne conosco il valore. — La sua voce s’indurì. — E so che Klovhiri è ancora il favorito del Feudatario. Come hai detto, Klovhiri ha amici potenti, ed essi diventeranno tuoi amici quando lui morrà. Io ho bisogno di ben più forza, e ricchezza, prima di poter avere abbastanza influenza e ritornare in possesso di ciò che è mio. Le probabilità non sono a mio favore… adesso.
— Tu sei scolpita nel ghiaccio, T’uupieh. Questo mi piace. — Chwiul si sporse in avanti. Il suo occhio, rosso e inespressivo, esplorò il corpo di lei, disteso sul divano, cercando d’indovinare ciò che giaceva nascosto sotto i cenci, là nel cerchio di luce fosforescente al centro della stanza in ombra. L’occhio, poi, risalì al suo viso.
Ella non si mostrò né infastidita né divertita: — Nessun uomo, a cui piaccia vedermi come un’assassina, potrà mai piacermi.
— Neppure se ciò significa riguadagnare i tuoi possessi?
— Come tua compagna? — La voce di T’uupieh aveva il suono di un ramo ghiacciato che si spezza. — Mio signore… praticamente ho appena deciso di uccidere mia sorella per aver fatto l’identica cosa. Preferirei prima uccidere me stessa.
Chwiul scrollò le spalle, tornando a stendersi sul divano. — Come vuoi… — Fece con la mano un gesto di rinuncia: — Dunque, che cosa ci vorrà per sbarazzarmi di mio fratello… e anche di te?
— Ah — lei annuì, in segno d’intesa. — Vuoi comperare i miei servigi, e allo stesso tempo tacitarmi, pagandomi. Questo non potrebbe essere tanto facile a ottenersi. Comunque… — Comunque, per ora fingerò di adeguarmi alle tue richieste. Infilzò altre quattro bacche dalia fruttiera sul tavolo, fissò il serico velo di acqua-ammoniaca color smeraldo che faceva da tendaggio a una parete. Precipitava da grande altezza all’interno della torre dentro una vasca producendo un fragore che avrebbe impedito a chiunque di ascoltare la conversazione da fuori. Discrezione e bellezza…
La fragranza del divano di muschio le riportò alla memoria, quasi sconcertandola, la sua infanzia: il ricordo di un morbido letto sul quale giaceva, in una tiepida notte di primavera… — Man mano le stagioni cambiano, eccomi trasportata in direzioni diverse. Di nuovo in città, forse. Mi piace la tua torre, Lord Chwiul. Unisce la discrezione alla bellezza.
— Grazie.
— Dammela, e farò ciò che mi chiedi.
Chwiul si rizzò a sedere, aggrottando la fronte. — La mia città-casa! — Poi, riprendendosi: — È tutto ciò che vuoi?
T’uupieh allargò le dita, studiando il rudimentale abbozzo di membrana fra esse: — Mi rendo conto che è una richiesta piuttosto modesta. — Tornò a chiudere la mano. — Ma considerando la soddisfazione che ricaverò nel guadagnarla, sarà sufficiente. E tu non ne avrai più bisogno, una volta che avrò compiuto ciò che vuoi.
— No… — Egli si rilassò un poco. — Suppongo di no. Non ne sentirò certo la mancanza, una volta che avrò le tue terre.
T’uupieh lasciò correre questa affermazione: — Bene, allora siamo d’accordo. E adesso, dimmi qual è la chiave per aprire la barriera che protegge Klovhiri? Qual è il tuo piano per consegnare lui, e la sua famiglia, nelle mie mani?
— Tu sai che tua sorella e i suoi figli sono in visita qui, nella mia casa, stanotte? E che Klovhiri li raggiungerà prima che sorga il nuovo giorno?
— Lo so. — Lei annuì, con più indifferenza di quanta ne provasse in realtà, poiché si era resa conto che Chwiul, anche senza dimostrarlo a parole, era rimasto assai colpito dal sangue freddo che lei aveva manifestato nel venire lì. Estrasse dunque il pugnale dalla guaina accanto all’occhio d’ambra del demonio e accarezzò la lama seghettata di legno impregnato di pietracqua. — Vuoi che tagli loro la gola, finché dormono sotto il tuo tetto? — Riuscì a esprimere la giusta dose d’incredulità.
— No! — Chwiul si accigliò ancor di più. — Che razza di sciocco credi io sia? — E si affrettò a proseguire: — Col nuovo giorno essi torneranno ai tuoi possessi per la solita strada. Ho promesso di scortarli per garantir loro un viaggio sicuro. E avremo anche una guida per farci strada attraverso gli acquitrini. Ma la guida commetterà un errore…