Avvicinò le mani a lei, ma non la toccò. Poi un tremito d’orrore lo costrinse a indietreggiare e ad alzarsi. Quando tornò in soggiorno aveva un solo pensiero: doveva chiamare qualcuno che la aiutasse. E soltanto la Sorveglianza Medica poteva prendersi cura di un caso come quello.
Immobile davanti al visifono seppe che le conseguenze di un atto così disperato avrebbero tradito tutto ciò che lui aveva sempre fatto e pensato. Doveva chiamare la Sorveglianza Medica. Non poteva fronteggiare senza quell’aiuto le conseguenze del suo comportamento illegale. Poi, come un’immagine rimasta intrappolata nell’apparecchio, vide nel vetro il fantasma del volto di Clara: una donna sola, tagliata fuori dalla vita, che aveva soltanto lui a cui affidarsi.
Una parte di lui, un angolo della mente che aveva sempre rifiutato di guardare ai drammi dell’esistenza, era stata di colpo tagliata via. Si sentiva confuso, stordito e disturbato da pensieri che non riusciva a identificare. Le emozioni che facevano tremare il suo corpo non avevano precedenti. E come un animale inerte e spaventato restò li in piedi, mentre il suo cuore rallentava le pulsazioni e l’incertezza era una rete da cui non riusciva a districarsi.
Infine la consapevolezza che Clara lo stava aspettando lo indusse a muoversi, e uscì di casa. Quello che lasciava di sé era un appartamento con la porta del ripostiglio chiusa, un appartamento senza ripostiglio.
Ma quando fu in casa di Clara e poté stringerla fra le braccia la paura d’essere scoperto e punito lo abbandonò. Ciò che sentiva era soltanto un grande bisogno di lei. Gli sembrò che ci fosse appena una piccola differenza fra quello e i loro primi abbracci, ed era una differenza in meglio, perché adesso Clara era tesa e apprensiva. Questo gli dava una nuova tenerezza per lei, come il sentimento che si può provare per un bambino indifeso. Ebbe l’impressione che non ci fossero più limiti al mare di dolcezza e di comprensione che d’un tratto dilagava in lui, e la profondità di quel sentimento lo sorprese. La baciò più volte, accarezzandola e cullandola fra le braccia come una bambina spaurita.
— Oh, Bill — mormorò Clara. — Ci stiamo comportando male, Mary è stata qui, ieri.
Qualunque cosa volesse dire, questo non aveva importanza per lui. — Va tutto bene — le rispose. — Non preoccuparti.
— Ma lei ha bisogno di te, Bill. E io ti sto tenendo lontano da lei.
Ancora una volta, qualunque cosa fosse quella di cui stava parlando, gli parve irrilevante di fronte al fatto che lei non era felice. Le accarezzò il viso. — Clara, non angustiarti di questo. Cerchiamo di essere sereni com’eravamo un tempo.
La condusse sul divano e sedette, stringendola a sé, con la testa di lei poggiata su una spalla.
— Conrad è preoccupato a causa mia. Sa che qualcosa non va. Oh, Bill, se lui ci scoprisse chiederebbe il massimo della pena per te.
Bill sentì ancora la paura come una pietra gelida nel petto. Fu costretto a pensare a Helen e alla vergogna cocente che avrebbe provato. Il comportamento della Sorveglianza Medica sarebbe stato automatico come quello di una macchina, logico quanto un’equazione: quando più alte si levavano le proteste degli offesi, quando nessuna voce interveniva a difendere un contravventore allora erano messe in atto le contromisure più drastiche. Conrad adesso sapeva, naturalmente: Bill aveva potuto sentire il suo odio.
La fine si avvicinava; la morte si sarebbe chiusa su di lui con dita elettroniche. L’allucinante sensazione di un fantasma che afferrava la sua mente, e poi…
L’infelicità di Clara e il modo in cui girò il volto rigato di lacrime contro la sua spalle, costrinsero Bill a controllare il panico e a dedicarsi a lei per tranquillizzarla con le sue carezze.
Anche più tardi, quando giacquero assieme nella perlacea luce lunare che entrava dalla finestra, fece all’amore con lei badando solo a placarne l’angoscia. Con attenzione e dolcezza cercò di staccare la mente di Clara da ogni altra cosa, e di spingerla soltanto su ciò che stavano facendo, di ancorare i pensieri di lei ai sensi e di tenerli lì. Poi si staccò dal suo corpo con un movimento brusco che le diede uno spasimo di piacere. E dopo aver mormorato qualche secondo ancora, con il respiro che le si placava pian piano, Clara s’addormentò di colpo come una bambina.
Per un tempo interminabile Bill restò con lo sguardo fisso sul bianco disco della luna che si spostava nell’inquadratura della finestra, ascoltando il sussurro ritmico che le usciva dalle labbra dischiuse nel sonno. Ma ad un tratto s’accorse che il suo respiro s’era accelerato e nel corpo di lei c’era una tensione insolita. Il cuore gli balzò in gola; sottili brividi fatti di un orrore imprecisato gli si diramarono lungo la schiena. Si girò e vide gli occhi di lei spalancati nel pallore lunare. E anche dietro il trucco che li sottolineava seppe che quelli erano gli occhi di Helen.
Fece l’unica cosa che gli restava da fare: compì l’ego-rotazione. Ma in quel terribile istante fu conscio di un’altra cosa che non aveva messo in conto. Nello sguardo di Helen non c’era soltanto la vergogna di trovarsi a fare la rotazione nella casa della sua ipoego; non c’era soltanto il disgusto per lui che l’aveva portata a quel punto; c’era, come se fosse una donna del XX Secolo, odio per colei che era la sua rivale in amore. E odiava Clara doppiamente perché lui non si limitava a tradirla con una qualsiasi altra donna, bensì con quella che condivideva il suo corpo e che lei non avrebbe mai potuto conoscere.
Mentre l’ego-rotazione lo portava nel buio, Bill fu dolorosamente certo che la prossima cosa che avrebbe visto sarebbe stato il volto adamantino di un sorvegliante medico.
Il maggiore Paul Grey e altri due ufficiali della Sorveglianza Medica entrarono nell’appartamento dei Walden circa due ore dopo che Bill ne era uscito per recarsi da Clara. Ciò che il maggiore Grey scoprì lo fece irritare soprattutto con se stesso. In ogni caso di deviazione sociale, o di mancato uso di droghe, le informazioni più importanti erano ottenibili solo lasciando proseguire la situazione sotto sorveglianza. Ma lui non aveva previsto che la vita di Conrad Manz potesse essere in pericolo, e certamente sarebbe intervenuto prima se avesse saputo intuire quello che li aspettava nell’appartamento dei Walden.
Dunque il maggiore Grey fu costretto a darsi la colpa di ciò che era successo a Mary Walden. Avrebbe dovuto controllare sul computer del suo ufficio i dati in arrivo da Susan e da Mary, e non soltanto quelli inviati dai bracciali di Bill e di Conrad e delle loro mogli.
Non l’aveva fatto perché quello era il turno di Susan e non s’era aspettato che Mary anticipasse la rotazione. Ora capiva che Helen e Bill Walden dovevano aver litigato sul fatto che Clara ritardava la propria uscita dal turno, e che questo aveva diretto l’attenzione della ragazzina sui coniugi Manz. Aveva anticipato l’ego-rotazione per conoscerli… in cerca di un padre più affezionato, ovviamente.
Tuttavia… la situazione non sarebbe arrivata a quel punto se il capitano Thiel, di servizio alla scuola di Mary, non avesse erroneamente attribuito la scomparsa di Susan dall’aula a un’ancora scarsa abitudine agli effetti delle droghe. Il capitano Thiel sapeva già che lui era in città per occuparsi di Bill Walden, perché Grey l’aveva chiamato per discutere il caso. Ma soltanto diciotto ore dopo la scomparsa di Susan aveva intuito che Mary doveva aver forzato la rotazione, mossa da ragioni connesse con le aberrazioni del padre.
Nel momento in cui il capitano l’aveva avvertito, il maggiore Grey sapeva già che Walden aveva costretto all’ego-rotazione Conrad in circostanze drammatiche, e si accingeva ad intervenire. Era arrivato lì convinto di trovare in casa il padre e la figlia, e invece… trovare Mary in stato catatonico l’aveva angosciato. Chiaramente il padre non aveva fatto altro che lasciarla lì.