— Per oggi basta! — gridò all’altro. — Ho qualche cosetta da fare prima che scada il mio turno. Ci vediamo!
Stanco e sudato s’avviò senza fretta agli spogliatoi e alle docce del Tennis Club, mise i suoi abiti e i suoi effetti personali in un pacco postale, includendovi anche il medibox, vi scrisse l’indirizzo di casa sua e lo spinse nell’apparecchiatura che l’avrebbe spedito automaticamente. Poi si lavò.
Completamente nudo riattraversò il locale, premette il suo bracciale d’identità su un terminale e batté sulla tastiera le sue misure. L’apparecchiatura gli fornì un indumento molto semplice e aderente: il tipo standard usato per la ego-rotazione. Lo indossò, senza preoccuparsi di tornare ad asciugarsi meglio.
Fatto ciò salutò ad alta voce gli uomini e le donne che conosceva di vista, uscì dalle docce e s’incamminò fuori dal Tennis Club.
Conrad si sentiva fisicamente troppo bene per stare a intristirsi sulla fine del suo turno. Dopotutto, si disse, ciò che accadeva era soltanto che da lì a cinque giorni uno se ne tornava nel proprio corpo. L’importante per lui era sfruttare bene il giorno di riposo. Spesso si era rammaricato che l’ultimo del turno non fosse un giorno lavorativo, cosa che l’avrebbe reso più lieto di mettervi termine. Ma quella legge si basava sul principio che uno aveva il dovere di riposare il corpo prima di lasciarlo all’altra personalità. Be’, il povero vecchio Bill non si sarebbe visto consegnare un corpo molto riposato. Probabilmente avrebbe dormito per una dozzina d’ore di fila, pensò.
Una tranquilla passeggiata per le strade affollate portò Conrad alla più vicina stazione pubblica per l’ego-rotazione, e quando fu all’interno cercò un gabinetto libero. Mentre stava per aprire la porta vide una ragazza uscire dal gabinetto adiacente, e non poté fare a meno di lanciarle un’occhiataccia. La giovane si stava ancora risistemando i capelli. Come al solito c’era una quantità di maleducati, le donne in particolare, a cui non sembrava importare affatto il buon comportamento connesso all’ego-rotazione. Uscivano mentre ancora si stavano sistemando il trucco e i capelli, incuranti che chiunque potesse vederli a metà della loto toeletta.
Conrad premette il bracciale d’identificazione sulla serratura ed entrò nel piccolo locale. Con quel gesto aveva automaticamente inviato sia l’ora sia il suo numero di ego-rotazione al Centro Sorveglianza Medica.
Appena la porta fu chiusa andò al lavandino e premette il pulsante che forniva il solvente per il trucco. Malgrado il furto di quelle due ore del suo giorno di riposo stabilì d’essere gentile con il vecchio Bill, anche se era stato tentato di non levarsi il trucco. Quello era uno scherzo che a volte lo divertiva, in specie se messo in atto contro un tipo privo d’umorismo come il povero Walden.
Conrad si passò la crema sul volto, si sciacquò con l’acqua e poi si girò per lasciarsi asciugare dalla corrente d’aria calda. Lo specchio gli rimandò l’immagine di un volto forte dai lineamenti decisi, ma senza il trucco questi non riflettevano appieno l’espressione tipica della sua personalità e fece una smorfia.
Fu solo mentre distoglieva gli occhi dallo specchio che ricordò di non aver parlato a sua moglie prima dell’ego-rotazione. Be’, ormai non sarebbe stato decente chiamarla e lasciarle vedere la sua faccia senza il trucco.
Andò al visifono, regolò l’apparecchio per mandare a casa sua soltanto un messaggio scritto, e batté sulla tastiera: «Salve, Clara. Spiacente di non averti chiamato prima. Bill Walden mi costringe di nuovo a fare la rotazione in anticipo. Spero che ti sia ripresa dalla faccenda di questa mattina. Fai la brava ragazza e al prossimo turno accoglimi con un bel sorriso. Ti amo. Conrad».
Per un attimo, quando l’ego-rotazione avvenne, il corpo di Conrad Manz fu solo un involucro disabitato. Poi la personalità di Bill Walden emerse nelle circonvoluzioni del cervello, e l’espressione noncurante ed energica di Conrad fu sostituita da quella di affettata compostezza tipica di Bill.
La pelle, fino a poco prima rilassata dall’azione fisica, sotto un diverso schema di tensioni neuromuscolari si stirò, rivelando d’un tratto un volto ansioso e intelligente. Per alcuni secondi ci furono delle contrazioni spasmodiche, mentre l’attività del sistema nervoso vegetativo di Bill Walden si scontrava con l’omeostasi interna che Conrad Manz aveva lasciato dietro di sé. Poi le glandole presero a immettere nella circolazione diverse quantità di sostanze, le ipersensibili estremità vascolari si chiusero e la faccia impallidì un poco.
Appoggiato al lavandino Bill Walden ansimò e grugnì, odiando l’odore del solvente del trucco che gli entrava nel naso. Ma l’unica cosa che riusciva a pensare continuava a roteargli nella mente, allarmante e minacciosa: Loro ci prenderanno. Non ci vorrà molto prima che Helen cominci a sospettare di Clara. Già la irrita molto il fatto che Clara riesca a prolungare il suo turno, e se venisse a sapere da Mary che io anticipo la rotazione con Conrad… Da ora in poi ogni turno potrà essere quello in cui mi troverò a guardare in faccia un sorvegliante medico armato di una siringa, pronto a infilarmela in un braccio. E allora tutto sarà finito.
In quel momento, comunque, non c’erano sorveglianti medici in attesa. Sentendosi ancora un po’ irreale ma avido di non sprecare quelle ore preziose, Bill tolse dal distributore automatico una confezione standard per il trucco e cominciò a rifarsi la faccia. A differenza del pesante e disgustoso make-up che ogni tanto Conrad Manz gli lasciava sulla pelle, il suo trucco era scarso e molto leggero. Si pettinò i capelli alla meglio. Conrad li portava sempre troppo corti per i suoi gusti, ma quello era uno dei particolari più insignificanti per cui avrebbe dovuto lamentarsi.
Sedette su una sedia per lasciar libero corso ad alcuni aspetti secondari dell’ego-rotazione. Sapeva che un’ora dopo esser uscito dal gabinetto il suo metabolismo basale sarebbe stato dieci punti più alto. Il tasso di zucchero nel sangue si sarebbe abbassato, e nei successivi cinque giorni avrebbe perso due o tre chili di peso, che Conrad avrebbe riguadagnato prontamente.
Era già sul punto di uscire quando ricordò che doveva dare una scorsa al riassunto-notizie. Poggiò il bracciale d’identità sul terminale di un video, e nella rastrelliera sottostante scivolò una fotostampa in cui erano condensate le notizie di cronaca degli ultimi cinque giorni. Il bracciale, ovviamente, aveva richiamato l’edizione apposita e per gli iperego del turno D.
Sul riassunto-notizie non compariva il nome di nessun iperego del turno D. Se uno di loro avesse fatto qualcosa che Bill, o altri iperego dello stesso turno, aveva necessità di sapere, era possibile ottenere un’edizione particolare… ma composta in modo che non vi comparivano i nomi delle personalità in oggetto, mentre nomi e foto di iperego e di ipoego appartenenti ad altri turni venivano invece liberamente usati. Questo aveva lo scopo di far risultare Conrad Manz e tutti gli ipoego del suo turno inesistenti per ciò che riguardava i loro iperego. E questo regolamento rendeva necessario l’uso di videofoto su carta sensibile che divenivano illeggibili circa sei ore dopo la stampa, affinché un individuo non si trovasse davanti agli occhi notizie relative al suo ipoego.
Bill però non guardò neppure il riassunto-notizie; l’aveva chiesto solo per salvare le apparenze. Per riprendere a vivere e lavorare dopo un intervallo di cinque giorni era necessario sapere cosa fosse successo nel mondo nel frattempo. Nessuno usciva da un gabinetto per l’ego-rotazione senza essersi studiato il notiziario. E poteva essere proprio una piccola svista di quel genere ad attirare sospetti su di lui.
Bill applicò il bracciale alla serratura, attese che la porta si aprisse e uscì in strada.
Attorno a lui scorreva la folla del tardo pomeriggio. Dall’altra parte del viale, sul campo d’atterraggio degli elitaxi, sciamavano passeggeri in arrivo e in partenza. Bill ebbe qualche difficoltà a capire in quale zona della città Conrad l’aveva lasciato, e dovette oltrepassare un paio di isolati prima di ritrovare l’orientamento. Infine salì su un’auto pubblica a due posti, accese il motore con il bracciale d’identificazione e accelerò per inserirsi nel traffico. Senza dubbio Clara era ansiosa di vederlo, ma come prima cosa doveva andare a casa e vestirsi.