In questo luogo, nell’anno gregoriano 1996, Alfred Morris annunciò a coloro che erano sopravvissuti alla guerra la scoperta del Talamblok. Le sue parole furono: «La nuova droga blocca all’altezza del talamo gli stimoli inconsci in entrata e le motivazioni inconscie in uscite. Agisce come uno schermo fra il cervello ed il meccanismo di catarsi psicosomatica. Usando il Talamblok noi non agiremo più emotivamente: le nostre azioni saranno soltanto la risposta logica alle necessità della situazione».
Questo annuncio e la successiva marcia armata dei Sostenitori della Pace condussero all’uso obbligatorio del Talamblok. Esso mise termine al terribile potere nocivo dell’Inconscio sulle azioni pubbliche e private del mondo antico. Le grandi guerre paranoiche ebbero così termine, e l’umanità fu salva.
Negli strani giochi d’ombra dei lampioni quelle lettere sembravano prendere vita: una condanna vecchia di secoli ma sempre pronta ad abbattersi su coloro che avessero voluto riportare il mondo agli antichi giorni pre-droghe. Ma naturalmente tornare indietro era impossibile: senza le droghe, gli individui e l’intera società sarebbero andati in pezzi.
Gli antichi avevano dapprima imparato a tenere in vita chi, come i diabetici, aveva un’anomala attività endocrina. Più tardi avevano scoperto altre droghe con cui curare la malattia più comune, la schizofrenia, che stava riempiendo i loro ospedali. Il vero mutamento era però avvenuto quando avevano usato quelle stesse droghe su tutti, per mettere freno al comportamento irrazionale pubblico e privato dei loro tempi ed eliminare le guerre.
In quel mondo nuovo lo schizofrenico aveva dunque cominciato a vivere meglio, finché la società s’era regolata del tutto sulle sue necessità. Ma, così come il diabetico restava sempre un diabetico, lo schizofrenico era sempre uno schizofrenico, più le sue droghe. E pian piano tutti avevano dimenticato che le sostanze chimiche avevano anche un altro effetto: le esperienze emozionali erano blande e annacquate, e la consapevolezza di sé esisteva solo a livello razionale, perché nessuno provava più vere sensazioni viscerali e brucianti.
Quanto sarebbe stato inconcepibile, per Helen e l’altra gente di quel mondo, dare un taglio alle droghe… sperimentare i conflitti emotivi, le battaglie fra la passione e la logica che spezzavano l’anima di un individuo! Sobrietà, la chiamavano gli antichi, e anch’essi vìvevano sobri per la più parte del tempo, lasciandosi occasionalmente andare agli stordimenti dell’alcol o dei narcotici per attenuare le loro croniche angosce.
Riducendo al minimo le loro dosi di Talamblok lui e Clara riuscivano a desiderare il loro fantastico rapporto, a goderselo anche, in una situazione del tutto illogica mai sperimentata nella loro società. Ma la società avrebbe condannato il loro rifiuto del Talamblok in ogni senso. E quale peso avrebbe assunto quella condanna lui poteva leggerlo dietro quella frase: Le grandi guerre paranoiche ebbero così termine, e l’umanità fu salva.
Quando finalmente vide Clara, la giovane donna si stava guardando attorno con aria un po’ stordita sull’altro lato della statua. Non la chiamò subito, lasciando che la vista di lei placasse le tensioni e i conflitti che lo attanagliavano. L’incertezza del suo procedere, il modo in cui lo cercava con lo sguardo avanzando come una tragica bambola su un palcoscenico di tenebra ostile avevano qualcosa di toccante. D’improvviso Bill capì cos’erano lui e Clara: due marionette. Appesi ai fili della loro nuova vita emozionale correvano qua e là, sbattendo contro le quinte di un palcoscenico spietato e senza fuga, finché non sarebbe rimasto loro altro che abbattersi al suolo e tornare a essere inerti pezzi di legno e stoffa.
Poi all’improvviso Clara fu tra le sue braccia, desiderosa di baci e allo stesso tempo tesa nel timore che qualcuno li scoprisse. Piccoli mugolii d’amore, di sollievo, d’angoscia le uscivano dalla gola. La sua testa bionda gli si premette con forza su una spalla quando lo abbracciò tremante e disperata.
— Questa mattina — disse, — Conrad si è seccato nel vedermi sconvolta, e mi ha costretto a prendere la Soporina. Mi sono appena svegliata.
S’incamminarono verso la casa di lei in silenzio, ed anche quando furono nell’appartamento non si scambiarono che monosillabi, occhiate e brevi carezze. Al di là di quei cenni che bastavano per capirsi, già da tempo s’erano detto tutto ciò che poteva esser detto fra loro.
Essendo un iperego, Bill non aveva paura che Conrad!o forzasse a una rotazione prematura. Più tardi, quando giacquero accanto al buio, si concesse un po’ di sonno. Senza la Soporina, eventi distorti si agitavano irrazionalmente dentro di lui. Sognare, era la parola usata dagli antichi. Era una delle cose che lo avevano spaventato di più dal giorno in cui aveva cominciato a diminuire le dosi di droga. In quei pochi minuti di sonno si mescolarono centinaia di frammenti fatti di esperienze casuali, di cose che aveva letto e di desideri inespressi. E in strano contrasto con la pace di quel mondo unificato, le sue reminiscenze storiche lo portarono a sognare un terribile momento che faceva parte del XX Secolo. Queste sono le grandi guerre paranoiche, pensò. E così fu, perché lo aveva pensato.
Frenticamente rovistò nello scompartimento dei guanti di un’antica automobile. — Aspetti! — supplicò. — Le dico che abbiamo del sulfamide-14. L’abbiamo preso regolarmente secondo gli ordini. A Patterson ne abbiamo preso una doppia dose, perché c’erano state esplosioni atomiche in tutta quella zona del Jersey, e non sapevamo quale area sarebbe stata dichiarata contaminata.
Bill spalancò la borsa e cominciò a rovesciare oggetti sul pavimento e sul sedile dell’auto, ansimando, alla luce della torcia elettrica impugnata da Clara. Il cuore gli tambureggiava per il terrore. Poi si ricordò dei loro medibox; annaspò con le mani intorno alla cintura.
Il capitano della Sorveglianza Medica si scostò dal finestrino della macchina. Con un cenno del capo fece avvicinare il caporale che attendeva davanti al posto di blocco. — Sparate a questi due e rovesciate l’auto fuori strada prima di bruciarla.
Attraverso la maschera antiradiazioni Bill emise un grido acuto. — Aspetti! L’ho trovato! — Allungò un braccio fuori dal finestrino con il medibox in mano. — Questo è un medibox — spiegò. — È qui dentro che teniamo le nostre droghe, e lo portiamo alla cintura per averle sempre con noi.
Il capitano della Sorveglianza Medica tornò ad avvicinarsi. Ispezionò il medibox e le droghe, poi lo restituì. — Da ora in avanti tenete le vostre droghe a portata di mano. Prendetele ogni volta, secondo le istruzioni che verranno date per radio. Capito?
Clara gli appoggiò pesantemente la testa a una spalla, e Bill sentì i singhiozzi disperati che uscivano dal filtro della sua maschera.
Il capitano non abbassò la pistola. — Dobbiamo bruciare la vostra macchina. Siete passati da una zona contaminata e non possiamo sterilizzarla qui in strada. A un miglio da qui troverete un’unità per la sterilizzazione. Fermatevi e sarete passati ai raggi insieme ai vostri oggetti personali. Dopo continuerete a piedi, ma senza uscire dai bordi della strada; se farete un passo fuori strada vi verrà sparato a vista.
Il nastro d’asfalto era gremito di gente in fuga. La notte era illuminata dai roghi dei cadaveri, a mucchi, cosparsi di benzina. Dappertutto c’erano militi della Sorveglianza Medica. I fuggiaschi che barcollavano, quelli che tossivano, quelli che deliravano, quelli che sostenevano la loro compagna… tutti costoro erano portati fuori strada, uccisi con un colpo alla nuca e bruciati. E a sud si vedevano i bagliori di un altro bombardamento.
Bill si fermò in mezzo alla strada e guardò indietro; Clara gli si aggrappò a una spalla.