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«Posso rispondere alle domande. Sono tre ore che rispondo alle tue domande.»

Ma allora, intervenne la logica, se Tansy può ricordare ciò che è successo in queste tre ore, sicuramente… Eppure cos’è la memoria se non un solco tracciato nel sistema nervoso? Per spiegare che cos’è la memoria non c’è bisogno di fare intervenire la coscienza. Smettila di picchiare la testa contro il muro, pazzo che non sei altro, intervenne l’altra parte di se stesso. L’hai guardata negli occhi, non è vero? E allora sbrigatela.

«Tansy» chiese «quando dichiari che Evelyn Sawtelle ti ha portato via l’anima, che cosa intendi dire?»

«Soltanto quello.»

«Non intendi dire che lei, la signora Carr e pure la signora Gunnison hanno una specie di potere psicologico su di te, che ti trattengono in una specie di schiavitù emotiva?»

«No.»

«Ma la tua anima…»

«È la mia anima.»

«Tansy…» gli era odioso tornare su quell’argomento, ma sentiva di doverlo fare. «Credi che Evelyn Sawtelle sia una strega, che si dedichi alla magia, come facevi tu?»

«Sì.»

«E anche la signora Carr e la signora Gunnison?»

«Anche loro.»

«Vuoi dire… Tu credi che stiano facendo le stesse cose che facevi tu per i loro mariti, tentare di proteggerli, farli progredire nella carriera?»

«Vanno anche oltre.»

«Che intendi dire?»

«Usando tanto la magia nera quanto quella bianca. A loro non importa se fanno soffrire, se torturano o se uccidono.»

«Perché sono diverse, perché sono così?»

«Le streghe sono come tutti gli altri individui. Ci sono i puritani, ci sono quelli che hanno il culto di se stessi, quelli che ingannano se stessi, quelli che credono che il fine giustifichi i mezzi.»

«Credi che tutte e tre siano in lega contro di te?»

«Sì.»

«Perché?»

«Perché mi odiano.»

«Per quale motivo?»

«In parte a causa tua e a causa del danno che una tua promozione infliggerebbe ai loro mariti e quindi anche a loro. Ma soprattutto mi odiano perché intuiscono che nel mio intimo sono di una classe diversa dalla loro. Avvertono che sebbene in superficie io mi conformi alla regola, in realtà io non ho il culto della rispettabilità. Le streghe, vedi, hanno tendenza ad adorare gli stessi idoli della gente. Temono me perché non mi inchino davanti a Hempnell, sebbene la signora Carr, credo, abbia anche un altro motivo per odiarmi.»

«Tansy» continuò e si fermò un attimo. «Tansy, per quale motivo credi che quelle tre donne siano delle streghe?»

«Perché è così.»

Vi fu un lungo silenzio nella stanza, mentre i pensieri di Norman giravano intorno all’argomento della paranoia. E poi: «Ma, Tansy, non vedi ciò che questa asserzione può implicare? Che tutte le donne sono delle streghe.»

«Sì.»

«Ma come puoi…»

«Zitto…» fu detto in un soffio, come un’uscita di vapore da un radiatore; ma mise a tacere Norman. «Eccola.»

«Chi?»

«La cameriera. Nasconditi e ti farò vedere qualcosa.»

«Nascondermi?»

«Sì» Tansy gli si fece incontro e lui automaticamente indietreggiò. La sua mano toccò una porta.

«L’armadio?» chiese, e s’inumidì le labbra.

«Sì, nasconditi lì dentro e ti farò una dimostrazione.» Norman udì un rumore di passi nel corridoio. Esitò, aggrottò la fronte, poi fece ciò che sua moglie gli chiedeva.

«Lascerò la porta semiaperta» disse. «Ecco, così.»

L’assenso meccanico del robot fu l’unica risposta. Udì che bussavano alla porta, poi i passi di Tansy e il rumore di una porta che si apre.

«Ha chiesto di me, signora?» Contrariamente alle previsioni di Norman, la voce era quella di una giovane. Pareva che deglutisse parlando.

«Sì, vorrei far lavare e stirare alcune cose mie. Sono cadute nell’acqua di mare. Le ho posate sull’orlo della vasca da bagno. Vada a prenderle.»

La figura della cameriera s’inquadrò nello spiraglio. Era carina, ma fra pochi anni sarebbe stata troppo grassa. Si era infilata un vestito, ma calzava delle pantofole e i suoi capelli erano disfatti, ribelli.

«Faccia attenzione all’abito, è di lana» disse Tansy e la sua voce era altrettanto neutra di quando si rivolgeva a Norman. «Voglio che siano pronte fra un’ora.»

Norman si aspettava un’obiezione da parte della ragazza.

«Benissimo signora» Uscì rapidamente dal bagno, con gli abiti umidi ammucchiati su un braccio, come se l’unico suo scopo fosse di allontanarsi prima che Tansy le rivolgesse la parola un’altra volta.

«Un momento, cara. Voglio farle una domanda.» La voce ora era più forte. Era l’unica differenza, ma ebbe l’effetto di un comando.

La ragazza esitò, poi si voltò di malavoglia e Norman poté vederne il viso. Non vedeva Tansy perché la porta dell’armadio gliela nascondeva ma vedeva la paura affiorare sul viso assonnato della ragazza.

«Si, signora?» riuscì a dire.

Seguì un notevole intervallo di tempo. Intuiva dal modo in cui la ragazza si raggomitolava e stringeva gli abiti contro il corpo, che Tansy aveva alzato gli occhi e la guardava.

Finalmente disse: «Lei conosce la Maniera Facile di Fare le Cose? Il modo di Ottenere e Conservare?»

Norman avrebbe giurato che la ragazza era trasalita alla seconda domanda. Ma scosse la testa rapidamente mormorando.

«No, signora, io non so di che cosa stia parlando.»

«Vuol dire che lei non ha mai imparato ad attuare un desiderio. Non ha mai fatto sortilegi, magie, fatture? Non conosce l’Arte

Questa volta il no fu appena udibile. La ragazza tentava di guardare altrove e non ci riusciva. «Lei mente.»

La ragazza si contorceva, le mani si contraevano sulle braccia. Pareva così terrorizzata che Norman ebbe quasi voglia di uscire dal suo nascondiglio e dire a sua moglie di smetterla. Ma la curiosità lo pietrificava.

La resistenza della ragazza cedette. «La prego, signora, non sono cose di cui si possa parlare.»

«A me lo può dire. Quali procedimenti usa?»

La perplessità della ragazza di fronte a quella parola nuova parve sincera.

«Non so niente di tutto questo, signora. Non faccio molto. Ma all’epoca in cui il mio fidanzato era sotto le armi, ho fatto diverse cose per impedire che fosse ucciso o ferito e l’ho stregato affinché stesse lontano dalle altre donne. Posso anche curare con le erbe. Francamente signora, faccio ben poco, e non mi riesce sempre. E ci sono tante cose che io non riesco ad ottenere in quella maniera.»

Le parole ora le sfuggivano di bocca.

«Benissimo. Dove ha imparato le magie?»

«Alcune dalla mia mamma, quand’ero bambina, altre dalla signora Neidel. Conosceva dei sortilegi contro i proiettili, le erano stati tramandati da sua nonna che aveva parenti in una qualche guerra europea, molti anni fa. Ma la maggior parte delle donne non dice nulla. Alcuni sortilegi me li invento io, li provo in un modo poi nell’altro, finché riescono. Ma non mi farà la spia, signora?»

«No. Mi guardi: cosa mi è successo?»

«Francamente, signora, io non lo so. Non mi obblighi a dirlo, la prego.»

La paura e la riluttanza della ragazza erano così sincere che Norman provò una certa collera verso Tansy.

Poi ricordò che quella cosa era sua moglie ed era incapace sia di gentilezza sia di crudeltà.

«Voglio che lei me lo dica.»

«Non so come dirglielo, signora, ma lei è… lei è morta.»

Improvvisamente si buttò ai piedi di Tansy. «La prego, oh, la prego! Non mi prenda la mia anima, la prego!»