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— Sì, ma è facile proteggersi da raggi di quel genere. Davvero credi che ci siano raggi capaci di produrre gravi danni fisici?

— Dipende dalla portata. Entro un ambito di qualche chilometro credo di sì. In fin dei conti abbiamo la possibilità di fabbricare enormi quantità di energia che, volendo, si potrebbe concentrare in un’unica direzione. Fino a oggi non c’è stato bisogno di farlo, ma adesso come possiamo sapere quello che sta succedendo nei laboratori segreti del Sistema Solare?

Prima che Wheeler avesse il tempo di rispondere, si vide il puntolino luminoso che avanzava a velocità incredibile attraverso la pianura, salendo come una meteora sull’orizzonte. Dopo pochi istanti si trasformò nel cilindro schiacciato del vagone, accucciato sulla sua unica rotaia.

— Sarà meglio scendere a dargli una mano — propose Jamieson — forse non avrà mai indossato una tuta spaziale, prima d’oggi, e poi avrà anche un bagaglio.

Wheeler si mise al posto di guida, mentre Jamieson si arrampicava sulle rocce verso il treno. La porta d’emergenza della vettura si aprì e ne uscì un uomo. Si muoveva incerto. Dal modo come camminava, Wheeler capì che non si era mai trovato in un campo gravitazionale così basso.

Steffanson reggeva con la massima cura una pesante cartella e una grossa scatola di legno. Jamieson si offrì di aiutarlo, ma lo scienziato si rifiutò di lasciargliele portare, gli diede invece una leggera valigetta che doveva contenere i suoi effetti personali.

Le due figure scesero il pendio roccioso, e Wheeler aprì il portello stagno per lasciarle entrare, mentre il treno si rimetteva in moto nella direzione da cui era venuto e in breve scompariva all’orizzonte. Wheeler ebbe l’impressione che il conducente avesse una gran premura di tornarsene a casa. Non aveva mai visto infatti un treno di quel tipo correre così veloce, ed ebbe per la prima volta l’idea della bufera che stava addensandosi su quel paesaggio assolato. Sospettò inoltre che non fossero loro i soli a essere attesi al Progetto Thor.

E aveva ragione. Nello spazio lontano, il comandante delle Forze Federali guidava la sua minuscola flotta. Come un falco che gira in ampio cerchio sulla sua preda prima di scendere fulmineo, il commodoro Brennan, fino a pochissimo tempo prima professore di elettrotecnica all’Università di Espero, incombeva con i suoi apparecchi sopra la Luna, in attesa del segnale che sperava di non ricevere mai.

15

Il dottor Carl Steffanson non si soffermò a chiedersi se era o no un tipo coraggioso. Mai prima d’allora aveva dovuto ricorrere a una virtù così primitiva come il coraggio fisico e rimase gradevolmente sorpreso nel costatare quanto era calmo adesso che il momento critico era arrivato. Fra poche ore, con tutta probabilità, sarebbe morto, ma questo pensiero, più che spaventarlo, lo seccava: c’era ancora tanto lavoro da compiere, tante teorie da provare! Sarebbe stato magnifico poter riprendere le ricerche scientifiche dopo quei due anni di lavoro febbrile. Ma erano soltanto sogni, questi. Il massimo che poteva sperare, adesso, era di riuscire a sopravvivere.

Aprì la cartella e ne trasse un rotolo di diagrammi, notando divertito come Wheeler fissasse intento la dicitura: “Segreto” impressa su ogni foglio. Ormai quelle precauzioni erano fuori luogo, e del resto lo stesso Steffanson ne avrebbe capito ben poco, se non fosse stato lui ad averli inventati.

Lanciò un’occhiata per rassicurarsi che la cassetta di legno fosse ben chiusa. Lì dentro, con tutta probabilità, era racchiuso l’avvenire di più d’un mondo. Quanti altri uomini prima di lui avevano mai espletato una missione come la sua? Steffanson riusciva a ricordarne solo due, collegati a due episodi della seconda guerra mondiale. Si trattava di uno scienziato inglese che aveva attraversato l’Atlantico con una scatoletta il cui contenuto fu più tardi definito il pegno più prezioso che mai avesse raggiunto le coste degli Stati Uniti. Era il primo magnetron a cavità, l’invenzione che fece del radar l’arma chiave della guerra e distrusse la potenza di Hitler. Poi, alcuni anni dopo, c’era stato quell’aereo che, attraversando il Pacifico diretto all’isola di Tinian, aveva portato tutto l’uranio 235 allora esistente.

Ma nonostante la loro grande importanza né l’una né l’altra di quelle missioni aveva avuto il carattere d’urgenza a cui era improntata la sua.

Steffanson aveva solo scambiato qualche parola di saluto con Jamieson e Wheeler, e li aveva ringraziati per la loro collaborazione. Di loro sapeva soltanto che erano due astronomi dell’Osservatorio offertisi volontariamente per fare quel viaggio. Dal momento che erano scienziati, erano probabilmente curiosi di sapere che cosa fosse andato a fare lassù, e non fu quindi stupito quando Jamieson, ceduta la guida al collega, si rivolse dalla sua parte e gli disse: — D’ora in poi il terreno sarà migliore. Arriveremo al Progetto Thor tra una ventina di minuti. Va bene?

Steffanson annuì con un cenno, poi disse: — Più di quanto avessimo sperato quando quel maledetto razzo si è guastato. Riceverete una ricompensa al merito per il vostro atto.

— Non m’interessa — rispose freddamente Jamieson. — Desidero soltanto agire per il meglio. Siete certo di fare lo stesso anche voi?

Steffanson lo guardò stupito, ma gli bastò un attimo per afferrare la situazione. Aveva già incontrato tipi come Jamieson, fra i suoi allievi, idealisti che si torturavano dibattendosi fra la logica e il sentimento. Invecchiando, avrebbero superato quello stadio, e lui si era chiesto più d’una volta se fosse un male o un bene.

— Mi state chiedendo di predirvi il futuro — rispose con calma. — Nessuno ha la possibilità di sapere se, a lungo andare, i suoi atti avranno conseguenze buone o cattive. Ma io lavoro alla difesa della Terra, e se ci sarà un attacco, sarà la Federazione a portarlo e non noi. Dovreste mettervelo bene in mente.

— Ma noi non lo abbiamo provocato?

— Forse, ma fino a un certo punto, e qui ci sarebbero da dire ancora molte cose su entrambe le parti. Voi giudicate i Federali come pionieri tutto cuore, intenti a creare meravigliose civiltà lassù sui pianeti. Ricordatevi come ci hanno impedito l’accesso agli asteroidi, rifiutandosi di caricare le astronavi se non a tariffe proibitive. Tenete presente come ci hanno reso quasi impossibile mandare apparecchi oltre Giove, tagliandoci virtualmente fuori da tre quarti del Sistema Solare. Se adesso otterranno quello che pretendono, diventeranno insopportabili. Temo che si siano proprio cercata una bella lezione, e noi speriamo di potergliela dare. È triste essere arrivati a questo, ma non ci sono alternative. — Diede un’occhiata all’orologio e continuò: — Vi fa niente aprire la radio? È l’ora del notiziario, e vorrei essere al corrente degli ultimi sviluppi della situazione.

Jamieson sintonizzò l’apparecchio e fece ruotare l’antenna verso la Terra.

Dopo un buon minuto, l’annunciatore parlò cercando con uno sforzo disperato di conferire alla sua voce il tono impersonale di sempre.

«Qui parla la Terra.

«Leggiamo la seguente dichiarazione, appena giuntaci.

«La Federazione Triplanetaria ha informato il governo della Terra che ha intenzione di impadronirsi di talune zone della Luna e che qualunque tentativo di resistere a questa azione verrà fronteggiato con la forza.

«Il governo sta preparando tutte le misure necessarie per salvaguardare l’integrità della Luna. Trasmetteremo al più presto possibile ulteriori notizie. Per il momento si insiste nel far presente che il pericolo non è immediato, perché entro un raggio di venti ore dalla Terra non si segnala la presenza di apparecchi ostili.

«Qui la Terra. Rimanete in ascolto.»

Seguì un improvviso silenzio rotto solo dal segnale dell’onda portante e, di tanto in tanto, dal crepitio della statica solare. Wheeler aveva fatto fermare il trattore in modo da poter ascoltare il notiziario, e dal suo posto di guida si volse a guardare nella cabina retrostante. Steffanson studiava i diagrammi dei circuiti che aveva steso sul tavolino, ma appariva chiaro che la sua mente era altrove. Jamieson era immobile, con la mano appoggiata ancora sulla manopola del volume: non l’aveva mossa dall’inizio della trasmissione. Poi, senza aprir bocca, si arrampicò sulla cabina di guida e si fece cedere il posto da Wheeler.