Dato che non sono mai stata a Seattle, ho studiato con estrema cura tutta la documentazione e le immagini che ho potuto trovare. Un indigeno di Seattle genuino al cento per cento non può fregarmi. Credo. O per lo meno non è ancora successo.
Ma quello che mi regalarono mentre mi riprendevo da uno stupido stupro e da un interrogatorio non troppo divertente non era fasullo, e non dovevo preoccuparmi di stare attenta alle mie bugie. Non solo Blondie e Anna e il ragazzo giovane (Terence), ma più di un’altra ventina di persone prima che il dottor Krasny mi dimettesse. E non solo le persone con cui ebbi contatti diretti. Anche altra gente aveva partecipato al raid; non so quanti. La dottrina di Boss impedisce ai membri della sua organizzazione di incontrarsi, salvo i casi creati dalle esigenze di un incarico. Nello stesso modo, lui schiva con estrema testardaggine le domande. È impossibile svelare segreti che non si conoscono, ed è impossibile tradire una persona di cui si ignora addirittura l’esistenza.
Ma Boss non coltiva regole per amore delle regole. Conosciuto un collega sul lavoro, si può continuare a vedersi. Boss non incoraggia queste amicizie, però non è un idiota e non cerca nemmeno di proibirle. Di conseguenza, Anna venne a trovarmi spesso, la sera tardi, prima di montare di turno.
Non tentò mai di reclamare la sua libbra di carne. Non ci furono molte occasioni, ma avremmo potuto trovarne una, se avessimo provato. Io non cercai di scoraggiarla; anzi no, al diavolo: se avesse mai deciso di presentarmi il conto, non solo avrei pagato volentieri, ma avrei tentato di convincerla che l’idea era partita da me.
Però non lo fece. Penso fosse come quei maschi sensibili (e piuttosto rari) che non assediano mai la donna che non vuole essere assediata: se ne rendono conto e non cominciano nemmeno.
Una sera, poco prima di essere dimessa, ero particolarmente felice. Quel giorno mi ero fatta due nuovi amici, "amici di bacio", persone che avevano combattuto nel raid che mi aveva salvata; e cercai di spiegare ad Anna perché tutto quello significasse così tanto per me, e mi accorsi che stavo cominciando a raccontarle che non ero esattamente come sembravo.
Lei mi fermò. — Friday, tesoro, dai retta a tua sorella maggiore.
— Eh? Ho fatto qualcosa che non va?
— Forse stavi per farlo. Ricordi la notte che ci siamo conosciute, quando mi hai chiamata per restituire un documento classificato? Anni fa, mister Due Bastoni mi ha concesso il massimo livello di autorizzazione top secret. Il libro che hai reso è a mia disposizione in qualunque momento. Però io non l’ho mai aperto, e non lo aprirò mai. Sulla copertina c’è scritto solo in caso di necessità, e nessuno mi ha mai detto che io avevo la necessità di consultarlo. Tu lo hai letto, ma io non so nemmeno di cosa parla o come si intitoli. Ne conosco solo il numero.
"Per le faccende personali è lo stesso. Un tempo esisteva un’organizzazione militare elitaria, la legione straniera. Si vantava del fatto che un legionario non avesse storia prima del giorno dell’arruolamento. Mister Due Bastoni vuole che anche noi siamo così. Per esempio, se reclutassimo una creatura sintetica vivente, una persona artificiale, l’addetto al personale lo saprebbe. Lo so perché io sono stata addetta al personale. Documenti da falsificare, magari qualche operazione chirurgica, in alcuni casi marchi di laboratorio da cancellare, e poi un’area da rigenerare…
"Terminato il nostro lavoro, quella persona non dovrebbe più temere che qualcuno le batta su una spalla, o che la caccino a gomitate da una coda. Potrebbe persino sposarsi e avere figli senza preoccupazioni per il futuro dei suoi bambini. E non dovrebbe preoccuparsi nemmeno per me, perché io sono stata addestrata a dimenticare. Ora, tesoro, non so cosa tu avessi in mente. Ma se si tratta di qualcosa che di solito non racconti agli altri, non raccontarla nemmeno a me. Se no domattina ti odierai."
— No, non è vero!
— Va bene. Se fra una settimana avrai ancora voglia di raccontarmelo, io ti starò a sentire, d’accordo?
Anna aveva ragione. Una settimana dopo, non sentivo più il bisogno di dirglielo. Sono sicura al novantanove per cento che sapesse. Comunque sia, è bello essere amata per te stessa, da qualcuno che non pensa che le Pa siano mostri, esseri subumani.
Non ho idea se qualcuno degli altri amici tanto teneri sapesse o avesse indovinato. (Non alludo a Boss; lui sapeva, è ovvio. Ma lui non è un amico; lui è Boss.) Non aveva importanza che i miei nuovi amici scoprissero che non ero umana; perché mi ero resa conto che a loro non importava, o non volevano importasse. A loro interessava solo sapere se facevi parte o meno dell’organizzazione di Boss.
Una sera arrivò Boss con i suoi bastoni, sbuffante, seguito a ruota da Blondie. Si buttò pesantemente sulla poltrona per i visitatori, disse a Blondie: — Non ho bisogno di voi, infermiera. Grazie — poi a me: — Spogliati.
Sulla bocca di qualunque altro uomo, quell’ordine sarebbe stato un’offesa o un piacere, secondo i casi. Sulla bocca di Boss, significava semplicemente che voleva che mi spogliassi. Anche Blondie lo prese allo stesso modo, perché si limitò ad annuire e uscire; e Blondie è il tipo di professionista che salterebbe in testa a Shiva il Distruttore, se tentasse di interferire con uno dei suoi pazienti.
Mi tolsi in fretta i vestiti e aspettai. Lui mi scrutò dalla testa ai piedi. — Sono tornate uguali.
— Così sembra.
— Il dottor Krasny mi ha detto che ha eseguito un test per la funzionalità d’allattamento. Positivo.
— Sì. Ha combinato uno scherzetto al mio equilibrio ormonale e tutte e due le tette hanno perso un po’ di latte. Una sensazione strana. Poi mi ha rimessa in equilibrio e mi sono asciugata.
Boss grugnì. — Girati. Fammi vedere la pianta del piede destro. Adesso il sinistro. Basta. Le ustioni sono sparite.
— Direi tutte, da quanto posso vedere. Il dottore dice che anche le altre cicatrici si sono rigenerate. Non ho più prurito, per cui deve essere vero.
— Rivestiti. Il dottor Krasny mi dice che stai bene.
— Se stessi ancora più meglio, dovresti farmi dei salassi.
— Meglio è un comparativo. Non ammette il più.
— Okay. Sto meglissimo.
— Impudente. Domattina parti per il tuo corso d’aggiornamento. Prepara i bagagli per le zero e novecento.
— Dato che sono arrivata senza nemmeno un bel sorriso addosso, preparare i bagagli richiederà undici secondi. Però mi occorrono una carta d’identità nuova, un passaporto nuovo, una carta di credito nuova, e un bel po’ di contanti…
— Ti sarà consegnato tutto prima delle zero e novecento.
— …Perché non andrò al corso d’aggiornamento. Andrò in Nuova Zelanda. Boss, te l’ho già detto e ripetuto. Sono in arretrato da un pezzo di un periodo di R R, e avrò diritto a una vacanza pagata per tutto il tempo che ho perso qui, no? Sei uno schiavista.
— Friday, quanti anni ti ci vorranno per capire che quando mi oppongo a uno dei tuoi desideri penso sempre al tuo benessere, oltre all’efficienza dell’organizzazione?
— Sandissimo buana, Grande Badre Biango. Mi cospargo di cenere. E ti manderò una cartolina da Wellington.
— Con una bella ragazza maori, per favore. I geyser li ho giù visti. Il corso d’aggiornamento sarà strutturato in base alle tue esigenze, e sarai tu a decidere quando terminarlo. Anche se stai "meglissimo", ti occorre un addestramento fisico di difficoltà crescente per recuperare quel meraviglioso insieme di tono muscolare e fiato e riflessi che ti spetta per diritto di nascita.
— Diritto di nascita. Non provarci con le battute, Boss. Non sono il tuo forte. Mia madre era una provetta; mio padre, un bisturi.
— Ti lasci trascinare in assurde autocommiserazioni per un impedimento che è stato rimosso anni fa.
— Davvero? I tribunali dicono che non posso avere una cittadinanza; le chiese dicono che non ho un’anima. Non sono "Donna nata da donna", per lo meno non agli occhi della legge.