— Non c’è stata nessuna riunione. Anita ha detto che non era necessaria. Ha detto che è contraria a incoraggiare i cacciatori di dote. Siccome aveva già detto a Ellen che non poteva portare Tom a conoscere la famiglia, non c’era niente da fare.
— Nessuno di voi ha preso le difese di Ellen? Tu lo hai fatto, Vickie?
Vickie arrossì un’altra volta. — Avrei solo fatto infuriare Anita.
— Sto cominciando a incuriosirmi. Stando al codice familiare, Ellen è figlia tua e mia quanto è figlia di Anita, e Anita sbaglia nel rifiutare a Ellen il permesso di portare in casa il suo nuovo marito senza consultare gli altri.
— Marj, non è andata così. Ellen voleva portare Tom a casa in visita. Una visita d’ispezione. Sai com’è.
— Oh, sì. Lo so benissimo. Sono stata sotto il microscopio anch’io.
— Anita voleva impedire a Ellen di fare un matrimonio sbagliato. Dopo di che, la prima cosa che tutti noi abbiamo saputo è stata che Ellen si era sposata. A quanto sembra, Ellen è corsa a sposarsi un minuto dopo aver ricevuto la lettera di Anita che le diceva di non farlo.
— Mi venga un colpo! Comincio a vedere la luce. Ellen ha preso in contropiede Anita sposandosi di colpo, il che significa che Anita doveva pagare in contanti una somma pari a una quota della società familiare senza preavviso. Poteva essere difficile. Non sono pochi spiccioli. A me stanno occorrendo anni e anni per comperare la mia quota.
— No, non è questo. Anita è semplicemente arrabbiata perché sua figlia, la sua preferita, lo sappiamo tutti, ha sposato un uomo che lei non approva. Anita non ha dovuto racimolare tutti quei soldi perché non era necessario. Nessuna clausola del contratto obbliga a rimborsare la quota… E Anita ha fatto presente che non esisteva l’obbligo morale di salassare il capitale di famiglia per fare un favore a un avventuriero.
Mi sentii invadere da un’ira fredda. — Vickie, non riesco a credere alle mie orecchie. Che razza di vermi senza spina dorsale siete, per permettere che Ellen venga trattata in questo modo? — Inspirai a fondo, cercai di controllare la mia furia. — Non vi capisco. Non capisco nessuno di voi. Ma proverò a dare il buon esempio. Quando torneremo a casa farò due cose. In primo luogo mi metterò al terminale con tutti i presenti e chiamerò Ellen e inviterò lei e il marito a venirci a trovare. Per il prossimo weekend, perché devo riprendere il lavoro e non voglio perdere l’occasione di incontrare il mio nuovo genero.
— Anita avrà un collasso circolatorio.
— Vedremo. Poi convocherò una riunione di famiglia e proporrò che a Ellen venga pagata la sua quota con tutta la fretta possibile, naturalmente senza dover andare in rovina. — Aggiunsi: — Immagino che Anita si infurierà di nuovo.
— Probabilmente. E senza scopo, perché la tua proposta sarà respinta. Marj, perché devi farlo? Le cose vanno già abbastanza male.
— Può darsi. Ma è possibile che qualcuno di voi stia aspettando che qualcun altro prenda l’iniziativa per rovesciare la tirannia di Anita. Se non altro vedrò come andranno le votazioni. Vick, io ho firmato un contratto e ho già pagato più di settantamila dollari ennezeta alla famiglia, e mi è stato detto che il motivo per cui devo comperarmi il diritto al matrimonio è che a ognuno dei nostri figli verrà pagata la sua quota quando se ne andrà di casa. Non ho protestato: ho firmato. Ma in tutto questo è implicito un accordo, qualunque cosa ne dica Anita. Se è impossibile pagare Ellen oggi, insisterò perché i miei versamenti mensili vadano a Ellen finché Anita non troverà i fondi per il saldo definitivo. Questa proposta ti sembra equa?
Lei prese tempo per rispondere. — Marj, non so. Non ho avuto tempo di pensarci.
— Be’, allora trovalo. Perché, diciamo entro mercoledì, dovrai decidere se stare al gioco o ritirarti. Non permetterò che Ellen continui a subire queste ingiustizie. — Sorrisi e aggiunsi: — Ridi! Andiamo all’ufficio postale e cerchiamo di essere allegre per Ellen.
Ma non andammo in posta; in quel viaggio non chiamammo mai Ellen. Continuammo invece a cenare e a discutere. Non so di preciso come sia saltato fuori l’argomento delle persone artificiali. Credo sia stato l’ennesima volta che Vickie cercò di "dimostrare" di essere perfettamente libera da pregiudizi razziali, mentre non faceva altro che esibire lo stesso atteggiamento irrazionale appena apriva bocca. I maori andavano benissimo e ovviamente anche gli indiani d’America, e come no anche gli indiani d’India, e senza dubbio i cinesi avevano prodotto il loro buon numero di geni; questo lo sapevano tutti, ma bisognava pur tracciare una linea di confine da qualche parte…
Eravamo andate a letto e stavo cercando di escludere il suo cicaleccio quando qualcosa mi colpì. Mi misi a sedere.
— Come faresti a saperlo?
— Come farei a sapere cosa?
— Hai detto: «È ovvio che nessuno sposerebbe una creatura sintetica». Come faresti a sapere che una persona è sintetica? Non tutte hanno i numeri di serie.
— Eh? Andiamo, Marjie, non fare la stupida. Non si può scambiare una persona artificiale per un essere umano. Se tu ne avessi mai visto uno…
— Ne ho visto uno. Ne ho visti molti!
— Allora lo sai.
— So cosa?
— Che basta guardare uno di quei mostri per capire cos’è.
— In che modo? Quali sono le stimmate che differenziano una persona artificiale da un’altra? Citamene una!
— Marjorie, stai facendo un sacco di problemi solo per il gusto di irritarmi! Non è da te, tesoro. Stai trasformando la nostra vacanza in qualcosa di sgradevole.
— Non io, Vick. Tu. Dici cose stupide, idiote e antipatiche senza il minimo argomento per sostenerle. — (E questa mia risposta dimostra che una persona super non è un superuomo, perché è esattamente il tipo di frase troppo vera e troppo crudele per usarla in una discussione familiare.)
— Oh! Sei orribile! È completamente falso!
Ciò che feci allora non può essere attribuito a un senso di solidarietà per le altre persone artificiali, perché le Pa non sentono la solidarietà di gruppo. Non esistono le basi. Ho sentito dire che i francesi sono pronti a morire per la belle France; ma potete immaginarvi qualcuno che combatte e muore per la Homunculi Unlimited, filiale Jersey sud? Immagino di averlo fatto esclusivamente per me, come tante delle decisioni più critiche della mia vita. Non sono mai riuscita ad analizzare il perché di quel gesto. Boss dice che io elaboro tutti i miei pensieri più importanti a livello inconscio. Forse ha ragione.
Scesi dal letto, mi tolsi la camicia da notte, mi misi davanti a lei. — Guardami — ordinai. — Sono una persona artificiale? O no? In un caso o nell’altro, da cosa lo capisci?
— Marjie, piantala di dare spettacolo! Lo sanno tutti che in famiglia hai il corpo più bello. Non hai bisogno di dimostrarlo.
— Rispondimi! Dimmi cosa sono e dimmi come lo sai. Usa i test che preferisci. Prendi campioni per analisi di laboratorio. Ma dimmi cosa sono e quali segni lo indicano.
— Sei una ragazza cattiva, ecco cosa sei.
— Forse. Probabile. Ma di che tipo? Naturale? O artificiale?
— Gesù! Naturale, è ovvio.
— Sbagliato. Sono artificiale.
— Oh, piantala di fare la cretina! Rimettiti la camicia da notte e torna a letto.
Invece continuai a incalzarla. Le raccontai quale laboratorio mi aveva progettata, la data in cui mi avevano tolta dall’utero sintetico (il giorno della mia "nascita", anche se noi Pa veniamo lasciate in "cottura" un po’ più a lungo per accelerare la maturazione); la costrinsi ad ascoltare la descrizione della vita nell’asilo di un laboratorio di produzione. (Mi correggo: la vita nell’asilo dove sono cresciuta io; altri asili di laboratorio potrebbero essere diversi.)