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Le diedi un riassunto della mia vita dopo aver lasciato il laboratorio; quasi tutte bugie, perché non potevo compromettere i segreti di Boss. Ripetei semplicemente ciò che avevo detto tanto tempo prima alla famiglia, che ero una specie di commessa viaggiatrice confidenziale. Non c’era bisogno di accennare a Boss perché Anita aveva deciso, anni addietro, che io lavoravo per una multinazionale, che ero una diplomatica che viaggia sempre in incognito; un errore comprensibile che ero stata lieta di incoraggiare badando bene a non negare.

Vickie disse: — Marjie, preferirei che non lo facessi. Una sfilza di bugie come questa potrebbe mettere in pericolo la tua anima.

— Io non ho anima. È questo che ti sto dicendo.

— Oh, smettila! Tu sei nata a Seattle. Tuo padre era un ingegnere elettronico, tua madre una pediatra. Li hai persi nel terremoto. Ci hai raccontato tutto di loro. Ci hai fatto vedere le foto.

— Mia madre era una provetta; mio padre un bisturi. Vickie, potrebbero esistere un milione o più di persone artificiali i cui certificati di nascita sono andati distrutti nella distruzione di Seattle. Impossibile contarli. Nessuno mette mai in un unico mazzo le loro bugie. Dopo quello che è successo questo mese, cominceranno a esserci un’infinità di persone come me nate ad Acapulco. Dobbiamo trovare appigli del genere per non essere perseguitati da gente ignorante e piena di pregiudizi.

— Il che significa che io sono ignorante e piena di pregiudizi!

— Significa che sei una dolce ragazza che è stata drogata di menzogne dai suoi genitori. Sto cercando di correggere l’errore. Ma se trovi che queste scarpe ti vanno comode, continua a portarle.

Chiusi il becco. Vickie non mi diede il bacio della buonanotte. Il sonno fu lento ad arrivare, per tutt’e due.

Il giorno dopo, facemmo finta che la discussione non ci fosse mai stata. Vickie non parlò di Ellen; io non parlai di persone artificiali. Ma quella che era iniziata come un’allegra spedizione si guastò. Finimmo le compere e ripartimmo verso casa con lo shuttle della sera. Non feci ciò che avevo minacciato; non chiamai Ellen appena arrivata a casa. Non mi ero scordata di Ellen; speravo semplicemente che aspettare un po’ avrebbe migliorato la situazione. Un gesto vigliacco, immagino.

All’inizio della settimana seguente, Brian mi invitò ad andare con lui a ispezionare un terreno per un cliente. Fu un viaggio lungo, piacevole. Consumammo il pasto a un hotel in campagna: una fricassea di presunto capretto, anche se quasi certamente era montone, innaffiata da ettolitri di birra leggera. Mangiammo sotto gli alberi.

Dopo il dolce (un’ottima torta di mirtilli) Brian disse: — Marjorie, Victoria mi ha raccontato una storia molto strana.

— Sì? E cosa?

— Amore, credimi, non te ne parlerei se Vickie non fosse così sconvolta. — Si fermò.

Io aspettai. — Sconvolta da cosa, Brian?

— Dice che tu le hai raccontato di essere una creatura sintetica che si finge un essere umano. Mi spiace, ma ha detto proprio questo.

— Sì, gliel’ho detto io. Non con queste parole.

Non aggiunsi spiegazioni. Dopo un po’, Brian disse dolcemente: — Posso chiederti perché?

— Brian, Vickie stava dicendo cose molto stupide sui tongani e io cercavo di farle capire che erano stupide e sbagliate, che stava facendo un torto a Ellen. Sono molto preoccupata per Ellen. Mi avete chiuso la bocca sull’argomento da che sono tornata a casa, e io sono rimasta buona, ma non potrò continuare a lungo. Brian, cosa facciamo per Ellen? È figlia tua, figlia mia. Non possiamo ignorare i torti che sta subendo. Cosa dobbiamo fare?

— Non sono necessariamente dell’opinione che si debba fare qualche cosa, Marjorie. Ti prego, non cambiare discorso. Vickie è terribilmente a terra. Io voglio solo chiarire l’equivoco.

Gli risposi: — Non ho cambiato discorso. Le ingiustizie nei confronti di Ellen sono il discorso, e non lo lascerò cadere. C’è qualcosa che renda inaccettabile il marito di Ellen? A parte i pregiudizi nei suoi confronti perché è tongano?

— Che io sappia no. Anche se a mio giudizio Ellen ha sbagliato a sposare un uomo che non era nemmeno stato presentato alla sua famiglia. Mi sembra una mancanza di rispetto per le persone che l’hanno cresciuta e amata per tutta la sua vita.

— Aspetta un momento, Brian. Stando a Vickie, Ellen ha chiesto di portarlo a casa per un’ispezione, come Douglas ha portato me, e Anita le ha rifiutato il permesso. Dopo di che Ellen lo ha sposato. Vero?

— Be’, sì. Ma Ellen si è dimostrata testarda e frettolosa. Non credo avrebbe dovuto fare quello che ha fatto senza parlare coi suoi altri genitori. Io mi sono sentito profondamente ferito.

— Ha cercato di parlare con te? E tu hai tentato di parlarle?

— Marjorie, io lo sono venuto a sapere a cose fatte.

— Così mi dicono. Brian, è da quando sono tornata a casa che spero che qualcuno mi racconti cosa è successo. Stando a Vickie, niente di questa faccenda è mai stato deciso in un consiglio di famiglia. Anita ha rifiutato a Ellen il permesso di portare a casa l’uomo che amava. Gli altri genitori di Ellen o non sapevano o non hanno interferito con la… crudeltà di Anita. Sì, crudeltà. Poi la piccola si è sposata. E poi Anita ha aggiunto alla sua crudeltà iniziale una grave ingiustizia. Ha rifiutato a Ellen ciò che le spetta per diritto di nascita, la sua parte delle ricchezze di famiglia. È tutto vero?

— Marjorie, tu non c’eri. Il resto di noi, sei su sette, hanno agito nel modo migliore in una situazione difficile. Non mi sembra giusto che tu spunti a posteriori e critichi quello che abbiamo fatto. Parola mia, non mi sembra affatto giusto.

— Amore, non volevo offenderti. Ma il punto è che sei di voi hanno fatto niente. Anita, da sola, ha fatto cose che mi appaiono crudeli e ingiuste, e voialtri vi siete tirati in disparte e le avete lasciato mano libera. Niente decisioni di famiglia. Solo decisioni di Anita. Se questo è vero, Brian, e correggimi se sbaglio, mi sento obbligata a chiedere una riunione esecutiva di tutti i mariti e le mogli per correggere la crudeltà invitando Ellen e suo marito a trovarci, e per correggere l’ingiustizia pagando a Ellen la sua giusta quota del capitale familiare, o per lo meno ammettendo l’esistenza del debito se non è possibile liquidarlo subito. Vuoi dirmi la tua opinione in merito?

Brian tamburellò le dita sul tavolo. — Marjorie, il tuo è un modo semplicistico di vedere una situazione complessa. Ammetti che amo Ellen e che il suo benessere mi sta a cuore quanto a te?

— Certo, amore.

— Grazie. Convengo con te che Anita non avrebbe mai dovuto proibire a Ellen di portare in casa il suo giovanotto. Anzi, se Ellen lo avesse visto nell’ambiente della propria casa, con la sua gentilezza e le sue tradizioni, forse avrebbe deciso che l’uomo non faceva per lei. Anita ha costretto Ellen a un matrimonio stupido, e gliel’ho detto. Ma non si può rimediare immediatamente alla situazione invitandoli qui. Lo vedi da te. Ammettiamo pure che Anita dovrebbe accoglierli calorosamente e amorevolmente… ma è vero come Dio che non lo farà, se si trova la loro presenza infilata a forza in gola.

Mi sorrise, e io fui costretta a rispondergli con un sorriso. Anita sa essere affascinante; e incredibilmente fredda e scortese, se le fa comodo.

Brian continuò: — Invece, fra un paio di settimane avrò un buon motivo per fare un viaggio a Tonga, il che mi permetterà di studiare a fondo la situazione senza Anita alle costole…

— Perfetto! Ci porti anche me? Per favore?

— Darebbe fastidio ad Anita.

— Brian, Anita mi ha molto più che infastidita. Non sarà questo che mi impedirà di andare a trovare Ellen.

— Mmm… Eviteresti di fare qualcosa che possa danneggiare il benessere di tutti noi?