— Perché la metti così?
— Perché non sarebbe necessario dispiacersi per me. Avrei un attacco improvviso di travolgente debolezza femminile. Non mi sbarazzerò mai di cadaveri, soprattutto di cadaveri che hanno avuto interi giorni a disposizione per marcire.
— Mmm… Sì.
— Anche se quel corpo non sarebbe morto, se il suo proprietario avesse tanto cervello da pisciare sottovento. Ricorda che sono progettista professionista di difese, Marj, e tieni presente l’attuale politica dei due livelli. Immaginiamo che qualcuno si arrampichi come un verme su per una riva scoscesa, veda la nostra porta, e si rompa le unghie per aprirla. A quel punto non è ancora morto. Se è uno di noi, concepibile ma improbabile, farà scattare un interruttore nascosto appena dietro la porta. Dovrò farti vedere dov’è. Se è un intruso, vedrebbe immediatamente un cartello: PROPRIETÀ PRIVATA — VIETATO FUMARE. Lui lo ignora ed entra e dopo pochi metri una voce ripete lo stesso avvertimento e aggiunge che la proprietà possiede difese attive. L’idiota continua ad avanzare. Sirene e luci rosse, e quello insiste… Dopo di che, il povero Georges o il povero Ian devono trascinare fuori dal tunnel quella spazzatura puzzolente. Non all’esterno comunque, e nemmeno in casa. Se qualcuno si fa ammazzare perché vuole a tutti i costi superare le nostre difese, il suo corpo non verrà ritrovato. Scomparirà. Senti il bisogno di sapere come?
— Sono sicurissima di non avere nessun bisogno di saperlo. — (Un tunnel laterale camuffato, Janet, e un pozzo di calce viva; e chissà quanti corpi ci sono già dentro. Janet pare dolce come l’alba dalle rosee dita… e se qualcuno sopravvivrà a questi anni folli, lei sarà uno dei pochi. È tenera di carattere più o meno quanto un Medici.)
— Lo penso anch’io. Vuoi vedere altro?
— Credo di no, Jan. Soprattutto perché è improbabile che debba mai usare il tuo fantastico rifugio. Torniamo?
— Fra un po’. — Superò lo spazio che ci divideva, mi mise le mani sulle spalle. — Cosa mi hai sussurrato?
— Mi pareva che avessi sentito.
— Sì, ho sentito. — Mi attirò a sé.
Il terminale sul tavolo si illuminò. — Pranzo in tavola!
Jan era disgustata. — Rompiscatole!
13
Il pranzo fu delizioso. Un assortimento di cibi freddi (sottaceti, formaggi, panini, conserve di frutta, noccioline, ravanelli, scalogno, sedano e simili) circondava una pentola che bolliva su un fornelletto da tavola. Croccanti crostini di pane all’aglio grondavano burro. Georges distribuì la zuppa con la dignità di una maître d’hotel, versandola in grandi fondine. Appena mi fui seduta, Ian mi allacciò al collo un tovagliolo gigante. — Tuffatici come un porcellino — consigliò.
Assaggiai la zuppa. — Volentieri! — e aggiunsi: — Janet, devi aver passato tutta la giornata di ieri a curare la zuppa.
— Sbagliato! — ribatté Ian. — La nonna ha lasciato questa zuppa in eredità a Georges.
— Esagerato — obiettò Georges. — È stata la mia cara mamma, che il buon Dio le conceda gioia, a dare il via a questa zuppa il giorno che sono nato. Mia sorella maggiore ha sempre sperato di riceverla, ma ha sposato un uomo di rango inferiore, un anglo-canadese, così la zuppa è passata a me. Io ho cercato di tenere viva la tradizione, anche se mi sembra che il sapore e il bouquet fossero migliori quando la faceva mia madre.
— Non sono pratica di queste cose — dissi. — So solo che questa zuppa non ha mai visto una lattina.
— La cottura l’ho cominciata io la settimana scorsa — disse Janet. — Poi Georges ha preso in mano la situazione e l’ha curata lui. Capisce le zuppe meglio di me.
— L’unica cosa che capisco della zuppa è che bisogna mangiarla, e spero che in quella pentola ci sia un dividendo anche per me.
— Possiamo sempre — mi assicurò Georges — buttare dentro un altro topo.
— Ci sono novità, nei notiziari? — chiese Janet.
— Che fine ha fatto il tuo ordine di non parlarne a tavola?
— Ian, amore mio, tu meglio di chiunque dovresti sapere che i miei ordini riguardano gli altri, non me. Rispondimi.
— In generale, nessun cambiamento. Non sono stati segnalati altri omicidi. Se si sono fatti vivi altri pretendenti al titolo di grandi organizzatori del disastro, il nostro governo paternalista ha deciso di non informarci. Porca miseria, odio questo atteggiamento da papà saputello. Papà non sa un accidente di niente, se no non ci troveremmo in questo caos. L’unica cosa che sappiamo è che il governo sta usando la censura. Il che significa che sappiamo niente. Mi viene voglia di sparare a qualcuno.
— Di sparatorie ce ne sono già state abbastanza. O vuoi arruolarti negli Angeli del Signore?
— Sorridi quando dici cose del genere. O hai voglia di un bel labbro gonfio?
— Ricordi com’è andata l’ultima volta che hai cercato di sculacciarmi?
— È per questo che ho parlato di un labbro.
— Tesoro, ti prescrivo tre drink robusti o un Miltown. Mi spiace vederti sconvolto. La situazione non piace nemmeno a me, ma non credo ci sia altro da fare che aspettare che passi.
— Jan, a volte sei di una saggezza quasi irritante. La cosa che mi rovescia veramente lo stomaco è il grande buco nelle notizie, un buco senza alcuna spiegazione.
— Cioè?
— Le multinazionali. Si è parlato solo di stati territoriali, e non una parola sugli stati societari. Eppure, chiunque sia in grado di contare fino a dieci sulle punte delle dita sa dove sta il vero potere al giorno d’oggi. Quei buffoni assetati di sangue non lo sanno?
Georges disse dolcemente: — Vecchio mio, forse è proprio per questo motivo che le multinazionali non sono state indicate come bersagli.
— Sì, però… — lan si interruppe.
Io dissi: — lan, il giorno che ci siamo conosciuti mi hai fatto notare che è impossibile colpire uno stato societario. Mi hai parlato anche dell’Ibm e della Russia.
— Non ho detto questo, Marj. Ho detto che la forza militare è inutile contro una multinazionale. Di solito, quando combattono fra loro, i giganti usano soldi e procure e altre manovre a base di avvocati e banchieri, non di violenza. Oh, a volte, combattono con eserciti prezzolati, però non lo ammettono e non è il loro stile abituale. Ma i buffoni che si sono scatenati adesso usano esattamente le armi adatte per colpire e ferire una multinazionale, l’assassinio e il sabotaggio. È talmente evidente che mi preoccupa non sentirne parlare. Mi viene da chiedermi cosa stia succedendo senza che ce ne informino.
Masticai un grosso crostino di pane che avevo intinto in quella zuppa celestiale, poi dissi: — Ian, esiste la vaga possibilità che sia una o più delle multinazionali a condurre lo show, servendosi di fantocci?
Ian si rizzò di scatto sulla sedia, così in fretta da rovesciare la zuppa e sporcarsi il bavaglino. — Marj, mi sconcerti. All’inizio ti ho scelta in mezzo alla folla per motivi che non avevano nulla a che vedere col tuo cervello…
— Lo so.
— …Ma tu insisti ad avere un cervello. Hai intuito subito l’errore nell’idea della compagnia di assumere piloti artificiali, e userò il tuo argomento a Vancouver. Adesso hai preso questo assurdo puzzle di notizie e ci hai incastrato l’unico pezzo che dà senso a tutto.
— Non sono certa che abbia senso — ribattei. — Però, stando ai notiziari, ci sono stati omicidi e sabotaggi su tutto il pianeta e sulla Luna e addirittura su Cerere. Questo richiede centinaia di uomini, più probabilmente migliaia. Omicidi e sabotaggi sono lavori da specialisti; richiedono addestramento. Dei dilettanti, anche ammesso di poterli reclutare, sbaglierebbero tutto sette volte su dieci. Insomma, questa storia significa soldi. Un mucchio di soldi. Non basta un’organizzazione politica strampalata o una setta di fanatici religiosi. Chi ha i soldi per una dimostrazione del genere a livello mondiale, che coinvolge l’intero sistema? Non lo so. Ho solo buttato lì una possibilità.