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— Credo che tu abbia risolto l’enigma. Resta solo da scoprire il chi. Marj, cosa fai quando non te ne stai con la tua famiglia nell’Isola del Sud?

— Non ho più famiglia nell’Isola del Sud, Ian. I miei mariti e le mie sorelle di gruppo hanno chiesto il divorzio.

(Restai scioccata quanto lui.)

Ci fu silenzio in ogni angolo. Poi Ian deglutì e disse piano: — Mi spiace molto, Marj.

— Non è necessario, Ian. È stato corretto un errore. Ormai è storia vecchia. Non tornerò in Nuova Zelanda. Però un giorno o l’altro mi piacerebbe fare un salto a Sydney, a trovare Bettie e Freddie.

— Sono sicuro che ne sarebbero felici.

— Io lo sarei senz’altro. E mi hanno invitata tutti e due. Ian, Freddie cosa insegna? Non me lo avete mai detto.

Rispose Georges. — Federico è un mio collega, cara Marjorie… Una lieta circostanza che mi ha condotto qui.

— Vero — convenne Janet. — Chubbie e Georges tagliavano geni assieme alla McGill, e tramite quell’amicizia Georges ha conosciuto Betty. Betty lo ha lanciato nella mia direzione e io l’ho preso al volo.

— Così Georges e io abbiamo stretto un patto — aggiunse Ian — visto che nessuno dei due riusciva a tenere testa a Jan da solo. Giusto, Georges?

— Hai ragione, fratello mio. Ammesso che assieme riusciamo a tenere testa a Janet.

— Sono io che ho problemi con voi due — commentò Jan. — Dovrei convincere Marj a firmare come mia assistente. Marj?

Non presi sul serio quella quasi-offerta perché ero certa che non fosse seria. Tutti quanti stavano chiacchierando a vuoto per coprire la bomba che io avevo fatto cadere. Lo sapevamo bene. Ma nessuno, a parte me, si era accorto che l’argomento non era più il mio lavoro? Sapevo cosa era successo; ma perché mai la parte profonda della mia mente aveva deciso di cambiar discorso in modo così melodrammatico? Non avrei mai svelato i segreti del Boss!

All’improvviso, avvertii il desiderio urgente di comunicare con Boss. Era coinvolto in quegli strani eventi? Se sì, da che parte stava?

— Ancora un po’ di zuppa, cara signora?

— Non darle altra zuppa finché non avrà risposto.

— Ma Jan, non dicevi sul serio. Georges, se prendo dell’altra zuppa mangerò altro pane all’aglio. E diventerò grassa. No. Non tentarmi.

— Altra zuppa?

— Be’… solo un pochino.

— Sono serissima — insistette Jan. — Non sto cercando di metterti le manette, anche perché probabilmente avrai il dente avvelenato col matrimonio. Però potresti provarci, e fra un anno potremmo discuterne. Se ne avrai voglia. Nel frattempo, ti terrò come mio cagnolino… E permetterò a quei due caproni di restare nella stessa stanza con te solo se sarò soddisfatta di come si comporteranno.

— Aspetta uri minuto! — Protestò Ian. — Chi l’ha portata qui? Io. Marj è il mio dolce amore.

— Il dolce amore di Freddie, stando a Betty. Tu l’hai portata qui per delega di Betty. In ogni caso, questo accadeva ieri, e oggi lei è il mio dolce amore. Se uno di voi due vuole parlarle, dovrete venire da me e farvi punzonare il biglietto. Giusto, Marjorie?

— Se lo dici tu, Jan. Ma la questione è puramente teorica, perché io devo assolutamente andarmene. Avete in casa una carta a scala grande del confine? Il confine a sud, intendo.

— Abbiamo un’ottima carta. Richiamala sul computer. Se vuoi uno stampato, usa il terminale del mio studio, a destra della camera da letto.

— Non voglio interferire coi notiziari.

— Non interferirai. Possiamo scollegare qualunque terminale dagli altri. È necessario in una casa di individualisti indemoniati.

— Specialmente Jan — convenne Ian. — Marj, perché vuoi una carta del confine dell’Impero?

— Preferirei tornare a casa in sotterranea. Ma non posso. Visto che non posso, devo trovare qualche altro modo.

— Come pensavo. Tesoro, dovrò nasconderti le scarpe. Non ti rendi conto che se cerchi di attraversare quel confine possono spararti? Poco ma sicuro, in questo momento le guardie su tutti e due i lati avranno il grilletto facile.

— Ehm… Posso almeno studiarmi la carta?

— Sicuro. Se prometti di non tentare di passare dall’altra parte del confine.

Georges disse dolcemente: — Fratello mio, non si dovrebbe mai indurre una persona cara a mentire.

— Georges ha ragione — decise Jan. — Niente promesse forzate. Fai pure Marj. Sparecchio io. Ian, ti sei offerto volontario per darmi una mano.

Trascorsi le due ore seguenti al terminale del computer, nella stanza presa a prestito. Memorizzai il confine nel suo insieme, poi passai all’ingrandimento massimo e imparai alcune zone nei minimi particolari. Nessun confine può davvero essere chiuso al cento per cento, nemmeno le impervie mura con cui alcuni stati totalitari circondano i loro sudditi. Di solito le rotte migliori sono nei paraggi dei porti d’ingresso custoditi; in quei punti, spesso, le vie di contrabbando filano lisce come l’olio. Ma io non avrei seguito una rotta già nota.

Non lontano c’erano molti porti d’ingresso: Emerson Junction, Pine Creek, South Junction, Gretna, Maida, eccetera. Studiai anche il Roseau River, ma pareva scorrere nella direzione sbagliata, verso nord fino a immettersi nel Red River (la carta non era chiara).

C’è una bizzarra fetta di terreno che si protende nel Lake of the Woods a est-sudest di Winnipeg. I colori della mappa la rappresentavano come una parte dell’Impero, e non c’era nulla che impedisse di superare il confine in quel punto; purché si fosse disposti ad affrontare diversi chilometri di terreno paludoso. Io non sono una superdonna; potrei fare una brutta fine in una palude; ma quel pezzetto non sorvegliato di confine mi tentava. Alla fine lo lasciai perdere perché, anche se legalmente la fetta di terreno faceva parte dell’Impero, era separata dall’Impero vero e proprio da ventun chilometri d’acqua. Rubare una barca? Ero pronta a scommettere che qualunque barca viaggiasse su quelle acque avrebbe interrotto un raggio-spia. Dopo di che, in mancanza di risorse adeguate, un laser avrebbe scavato un foro grande abbastanza da lasciar passare un cane. Io non discuto coi laser: non puoi comperarli, non puoi corromperli. Lasciai perdere l’idea.

Avevo appena smesso di studiare la carta e stavo dando al mio cervello il tempo di assorbire le immagini, quando dal terminale uscì la voce di Janet: — Marjorie, vieni in soggiorno. Spicciati!

Mi trasferii molto in fretta.

Ian stava parlando a qualcuno sullo schermo. Georges era spostato di lato, fuori campo. Janet fece cenno anche a me di non entrare in campo. — Polizia — mi disse piano. — Ti suggerisco di sparire immediatamente nel buco. Aspetta che ti chiami io quando se ne saranno andati.

Anch’io sottovoce le risposi: — Sanno che sono qui?

— Non lo sappiamo ancora.

— Assicuriamoci. Se sanno che sono qui e non mi trovano, voi sarete nei guai.

— I guai non ci fanno paura.

— Grazie. Sentiamo un po’.

Ian stava dicendo al viso sullo schermo: — Mel piantala. Georges non è uno straniero nemico e lo sai benissimo. In quanto a questa… signorina Baldwin, hai detto?… perché la cerchi qui?

— Ha lasciato il porto con te e tua moglie ieri sera. Se non è più con voi, saprete senz’altro dove è andata. In quanto a Georges, oggi come oggi ogni cittadino del Québec è uno straniero nemico, a prescindere dagli anni che ha vissuto qui o dai club a cui è iscritto. Immagino preferiate farlo arrestare da un vecchio amico che da un agente qualsiasi. Spegni la tua antiarea. Sto per atterrare.