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— Potete scommetterci che fa freddo! Non potreste coprirmi col mio maglione?

— Va bene, però dovrò usarlo quando ti imbavaglio.

— E a parte il freddo, mi si stanno addormentando mani e piedi. Signorina Friday, se mi lasciate legato qui per dieci ore, mani e piedi mi andranno in cancrena, e li perderò. Niente rigenerazione, sulle colonie. Quando tornerò a un posto dove possano curarmi, sarò un relitto umano. È più misericordioso uccidermi.

— Accidentaccio, stai cercando di lavorarti la mia compassione!

— Non sono certo che ne abbiate.

— Senti — gli dissi — se ti slego e ti lascio rivestire per non congelare, ti lascerai legare e imbavagliare più tardi senza resistere? Oppure devo colpirti più forte di quanto abbia fatto prima e metterti del tutto fuori combattimento? Col rischio di romperti il collo? Mi hai vista combattere…

— Non ho visto. Ho semplicemente avuto sotto gli occhi i risultati. Ne ho sentito parlare.

— Fa lo stesso. Sai. E devi sapere perché sono in grado di fare cose simili. Mia madre era una provetta…

— …E mio padre, un bisturi — mi interruppe lui. — Signorina Friday, non ero obbligato a lasciarmi colpire. Siete veloce, ma io lo sono quanto voi, e ho braccia più lunghe. Sapevo che avete doti super, mentre voi non sapevate che le ho anch’io. Quindi ero in vantaggio.

Ero seduta nella posizione del loto, e lo guardavo, quando lui uscì in questo sorprendente annuncio. Mi girò la testa e mi chiesi se avrei vomitato un’altra volta. — Pete — chiesi, quasi implorante — tu non mi mentiresti?

— Ho dovuto mentire tutta la vita — rispose lui. — Come voi. Comunque… — S’interruppe, contorse i polsi; si liberò. Lo sapete che forza occorre per spezzare nodi fatti con le maniche di una buona camicia? Sono più robuste di una corda di canapa dello stesso spessore. Provateci.

— Non mi importa rovinare la camicia — disse lui, in tono di conversazione. — Basterà il maglione a coprirmi. Però preferirei non rovinare i calzoni. Spero di poterli indossare in pubblico prima di essermene procurato un altro paio. Per voi è più facile arrivare ai nodi. Volete slegarmi, signorina Friday?

— Smettila di chiamarmi signorina Friday, Pete. Siamo solo due Pa nella stessa barca. — Cominciai a lavorare sui nodi.

— Perché non me lo hai detto prima?

— Avrei dovuto dirvelo. È successo dell’altro.

— Fatto. Dio, che piedi freddi! Adesso te li sfrego. Faccio ripartire la circolazione.

Dormimmo un po’, o almeno dormii io. Pete mi scrollava la spalla e diceva piano: — Svegliati. Dobbiamo essere quasi arrivati. Si sono accese le luci.

Un bagliore fioco penetrava sopra, sotto e attraverso il telone che copriva il dinosauro che ci era servito da letto. Sbadigliai. — Ho freddo.

— Lamentati. Ti ho tenuta abbracciata stretta. Il mio corpo era esposto all’aperto. Sto gelando.

— Hai quello che ti meriti. Stupratore. Sei troppo magro. Come coperta non vali due soldi. Pete, dobbiamo farti ingrassare. A proposito, non abbiamo fatto colazione. E se penso al cibo… Credo che vomiterò.

— Uh… Scavalcami e cerca di scaricarti lì nell’angolo. Non qui, se no ci finiamo dentro. E fai il meno rumore possibile. Qui attorno potrebbe già esserci qualcuno.

— Bruto. Bruto senza cuore. Mi fai talmente schifo che non vomiterò.

Nell’insieme, mi sentivo abbastanza bene. Avevo preso una delle pastigliette blu appena prima di lasciare la cabina Bb, e pareva che funzionasse. Avevo una farfalla o due nello stomaco, ma non dovevano essere troppo muscolose; non erano di quelle che urlano: «Fammi uscire!» E avevo con me il resto della scorta che il dottor Jerry mi aveva dato. — Pete, qual è il piano?

— Lo chiedi a me? Questa evasione l’hai preparata tu, non io.

— Sì, però tu sei un uomo, grosso e forte e virile, e russi. Pensavo che prendessi tu il comando e studiassi i particolari mentre io dormivo. Mi sono sbagliata?

— Be’… Friday, qual è il tuo piano? Il piano che hai preparato quando non ti aspettavi di avere anche me al seguito.

— Non era un grande piano. Dopo che atterriamo, dovranno aprire una porta, un portello per i passeggeri o una delle grosse porte per le merci. Una o l’altra non fa differenza, perché appena aprono io scappo fuori di qui come un gatto spaventato, pronta a calpestare tutto quello e tutti quelli che mi sbarrano la strada… e non mi fermo finché non sono molto lontana dalla nave. Non voglio fare del male a nessuno, ma spero che nessuno si sforzi di fermarmi, perché non mi lascerò fermare.

— Un buon piano.

— Dici? In effetti non è un piano. Solo una decisione. Si apre una porta e io balzo fuori.

— È un buon piano perché non ha parti complicate che possano andare storte. E tu avrai un grosso vantaggio. Non oseranno farti niente.

— Vorrei poterne essere sicura.

— Se ti succede qualcosa, sarà per un incidente, e il responsabile verrà appeso per i pollici. Come minimo. Adesso che ho sentito il resto della tua storia, so perché mi hanno dato istruzioni così enfatiche. Friday, non ti vogliono viva o morta; ti vogliono in perfetta salute. Ti lasceranno scappare prima di farti qualcosa.

— Allora sarà facile.

— Non contarci troppo. Okay, sei una tigre, però è già stato dimostrato che un numero sufficiente di uomini può placcarti e tenerti ferma. Lo sappiamo tutti e due. Se sanno che sei scomparsa… E penso che lo sappiano. La scialuppa ha lasciato l’orbita con oltre un’ora di ritardo.

— Oh! — Gettai un’occhiata all’indice. — Sì, ormai dovremmo essere a terra. Pete, mi stanno cercando!

— Credo di sì. Ma era inutile svegliarti prima che si accendessero le luci. A questo punto hanno avuto quattro ore per accertarsi che non sei sul ponte superiore, con gli escursionisti di prima classe. Avranno controllato anche gli emigranti. Quindi, se sei qui, se non te ne stai nascosta sulla nave, devi essere nella stiva. Guarda che sto semplificando, perché in uno spazio enorme come questa scialuppa ci sono centinaia di modi per giocare a nascondino. Ma terranno d’occhio i due passaggi obbligati, la porta per le merci a questo livello e il portello passeggeri qui sopra. Friday, se usano gente a sufficienza, e la useranno, e se quei bastardi hanno reti e cavi e corde moschicide, e le avranno, ti prenderanno senza torcerti un capello appena scendi dalla scialuppa.

— Oh. — Ci pensai su. — Pete, se arriviamo a questo ci saranno morti e feriti. Potrei crepare io stessa, ma pagheranno un prezzo elevato per la mia carcassa. Grazie di avermi avvertita.

— Potrebbero anche non farlo. Potrebbero sorvegliare le uscite in modo molto evidente, per costringerti a restare qui. Quindi gli emigranti scendono… Lo sai che escono dalla porta per le merci, no?

— Non lo sapevo.

— Be’, è così. Quelli scendono, vengono controllati, dopo di che i porci chiudono la grande porta e riempiono la stiva di gas soporifero. Oppure di gas lacrimogeno, e ti costringono a uscire con gli occhi gonfi e la testa sottosopra.

— Brr! Pete, su questa nave, sono davvero attrezzati con quei gas? Me lo sono chiesto.

— Hanno anche di peggio. Senti, il comandante della nave lavora ad anni luce di distanza dalla legge e dall’ordine, e in caso di emergenza può contare solo su una manciata di uomini. In quarta classe, quasi a ogni viaggio, questa nave trasporta una gang di criminali disposti a tutto. È logico che esistano le attrezzature per riempire di gas ogni scompartimento a piacere. Però, Friday, tu non sarai qui quando useranno i gas.

— Eh? Vai avanti.

— Gli emigranti passano nel corridoio centrale della stiva. Questa volta ce ne sono quasi trecento. Nella loro zona saranno più stretti di sardine in scatola. Sono talmente tanti che presumo non siano riusciti a conoscersi tutti quanti fra loro, nel poco tempo che hanno avuto. Sfrutteremo questo vantaggio. Più un vecchio, vecchissimo metodo, Friday. Quello che Ulisse ha usato con Polifemo…