Nessun rumore d’inseguimento. Soltanto i suoni strani di una foresta strana. Richiami d’uccelli? Non ne ero certa. Il posto era un curioso insieme di noto e bizzarro: erba che non era esattamente erba, alberi che sembravano rimasti lì da un’altra era geologica, clorofilla abbondantemente striata di rosso; o magari era autunno? Come sarebbe stata la notte?
Considerati i tempi della nave, non mi pareva una buona idea andare in cerca di gente nei tre giorni successivi. Per settantadue ore potevamo resistere senza cibo o acqua; ma se di notte lì gelava?
— Va bene — dissi. — A cavalcioni. Però facciamo a turno.
— Friday! Non puoi portarmi.
— Stanotte ho portato Pete. Diglielo, Pete. Credi che non me la sappia cavare con una bambolina giapponese come te.
— Bambolina giapponese un corno. Sono americana quanto te.
— Anche di più, probabilmente. Perché io non lo sono molto. Ti spiegherò dopo. Salta su.
La trasportai per una cinquantina di metri, poi Pete la trasportò per altri duecento circa, e così via; quella era l’idea di Pete, di fare a metà.
Dopo un’ora di questa trafila arrivammo a una strada: solo un sentiero scavato fra gli arbusti, ma si vedevano tracce di ruote e zoccoli. Sulla sinistra la strada si allontanava dalla scialuppa e dalla città, per cui prendemmo a sinistra. Shizuko riusciva a camminare, ma si appoggiava pesantemente a Pete.
Arrivammo a una fattoria. Forse avremmo dovuto aggirarla, ma a quel punto desideravo un bicchiere d’acqua più della sicurezza assoluta, e volevo fasciare la caviglia a Tilly prima che le diventasse più grande della testa.
Sulla veranda, su una sedia a dondolo, era seduta una donna anziana, coi capelli grigi, molto in ordine e compassata. Faceva la maglia. Al nostro arrivo alzò la testa, ci fece cenno di avvicinarci alla casa. — Sono la signora Dundas — disse. — Siete scesi dalla nave?
— Sì — ammisi. — Io sono Friday Jones e questa è Matilda Jackson e questo è il nostro amico Pete.
— Pete Roberts, signora.
— Venite a sedervi, tutti quanti. Mi scuserete se non mi alzo. La mia schiena non è più quella di una volta. Siete scappati, vero? Dalla nave?
(Incassa il colpo. Ma stai pronta a schivare.) — Sì. È vero.
— Logico. La metà di quelli che scappano finiscono qui da noi. Be’, stando a quello che ha detto la radio stamattina dovrete nascondervi almeno tre giorni. Siete i benvenuti, e a noi gli ospiti fanno piacere.
Naturalmente potete filare diritti agli alloggi per profughi; lì le autorità della nave non possono toccarvi.
Però possono rendervi difficile la vita con le loro interminabili discussioni legali. Potrete decidere dopo pranzo. Per adesso vi va una bella tazza di tè?
— Sì! — accettai.
— Bene, Malcolm! Ehi, Malcolm!
— Cosa c’è, mamma?
— Metti il pentolino sul fuoco!
— Come?
— Il pentolino. — Rivolta a Tilly, la signora Dundas aggiunse: — Bambina, cosa ti sei fatta al piede?
— Credo di essermi slogata la caviglia, signora.
— Puoi scommetterci! Tu… Friday, giusto? Vai a cercare Malcolm e digli che voglio il catino più grosso pieno di ghiaccio tritato. Poi, se vuoi, puoi preparare tu il tè intanto che Malcolm trita il ghiaccio.
— E tu, signor Roberts, puoi aiutarmi a uscire da questa sedia? Ci sarà bisogno di altre cose per il piede di questa povera bambina. Bisognerà fasciarlo dopo che lo avremo sgonfiato. E tu, Matilda, sei allergica all’aspirina?
— No, sinora.
— Mamma! L’acqua bolle!
— Vai tu, Friday, cara.
Andai a preparare il tè, col cuore che intonava una canzone.
33
Sono passati vent’anni. Vent’anni di Botany Bay, ma la differenza non è molta. Venti buoni anni. Queste mie memorie si basano su nastri che registrai a Pajaro Sands prima della morte di Boss, poi su appunti che presi subito dopo essere arrivata qui, appunti che costituissero una «prova» quando ancora credevo di dover combattere l’estradizione.
Ma quando si trovarono nell’impossibilità di portare a compimento il loro piano, servendosi di me, smisero di interessarsi a me; logico, dal momento che per loro non sono mai stata niente di più di un’incubatrice vivente. Poi la questione divenne accademica quando il Primo Cittadino e la delfina vennero assassinati assieme da quella bomba piazzata nella loro carrozza.
A dire il vero, le mie memorie dovrebbero fermarsi con l’arrivo a Botany Bay, perché a quel punto la mia vita smise di avere apici drammatici. Dopo tutto, di cosa può parlare una donna di campagna che scriva le sue memorie? Di quante uova abbiamo avuto la stagione scorsa? Vi interessa? A me sì, ma a voi no.
Chi è felice e contento non scrive diari; è troppo occupato a vivere.
Ma risentendo i nastri e rileggendo gli appunti (e tagliando il sessanta per cento delle parole) ho scoperto cose che devo chiarire, visto che ne ho parlato. La carta di credito Visa di Janet annullata: io ero «morta» nell’esplosione che aveva affondato la Skip to M’Lou. Georges fece controlli accurati a Vicksburg bassa e gli assicurarono che non c’erano stati superstiti. Dopo di che chiamò Janet e lan mentre loro, avvertiti dall’agente di Winnipeg di Boss, stavano per partire per l’Australia; quindi, ovviamente, Janet fece annullare la carta di credito.
La cosa più strana è stata ritrovare la mia «famiglia». Ma Georges dice che lo strano non è che loro siano qui, bensì che ci sia io. Erano tutti schifati e disgustati della Terra; dove potevano andare? Botany Bay non è una scelta obbligata, ma per loro è senz’altro la scelta più logica. È un buon pianeta, parecchio simile alla Terra di secoli fa, ma con conoscenze e tecnologie moderne. Non è primitivo come Foresta, né oltraggiosamente costoso come Alcione o Paese di Cuccagna. Nella liquidazione forzata presero molto, ma restarono con quanto bastava per raggiungere Botany Bay in terza classe, pagare i contributi alla compagnia e alla colonia, e avere ancora un capitale iniziale.
(Lo sapevate che qui su Botany Bay nessuno chiude a chiave la porta? Che tante porte non hanno nemmeno la serratura? Mirabile visu!)
Georges dice che l’unica vera grossa coincidenza sta nel fatto che io mi trovassi sulla loro stessa nave, e questo accadde per un soffio. Persero la Dirac e forse avrebbero perso anche la Forward se Janet, testarda, non avesse preteso di fare il viaggio con un bambino in pancia e non fra le braccia. Ma, naturalmente, se fossero partiti prima o dopo, li avrei comunque ritrovati qui. Il nostro pianeta ha più o meno le dimensioni della Terra, ma la colonia è ancora piccola ed è quasi tutta concentrata in un’unica area, e a tutti quanti interessa sempre fare nuovi amici. Ci saremmo incontrati senz’altro.
E se non mi avessero mai offerto quel lavoro con l’imbroglio? Si può sempre giocare ai «se»; però penso che con cinquanta probabilità su cento, dopo aver preso le informazioni che mi interessavano, avrei lo stesso scelto Botany Bay.
«C’è un destino che forgia le nostre parabole», e io non ho lamentele da sporgere. Mi piace fare la donna coloniale in un gruppo-8. Qui non è formalmente un gruppo-S, perché non abbiamo troppe leggi sul sesso e il matrimonio. Noi otto e i nostri figli viviamo tutti in una casa gigantesca che Janet ha progettato e noi abbiamo costruito. (Non sono un ebanista, ma come falegname d’assalto sono decisamente wow!) I vicini non hanno mai fatto domande impertinenti sui rapporti di parentela, e Janet li stritolerebbe se le facessero. Qui se ne fregano tutti; su Botany Bay i bambini sono benvenuti. Passeranno ancora parecchi secoli prima che qualcuno parli di sovrappopolazione o crescita zero.
I vicini non vedranno questo resoconto, perché l’unica cosa che intendo pubblicare qui è un’edizione rivista del mio ricettario: è un buon libro di cucina perché io sono lo scrittore fantasma di due grandi cuochi, Janet e Georges; in più ho alcuni consigli pratici per le giovani donne di casa che devo a Blondie. Quindi qui posso discutere liberamente della paternità. Georges ha sposato Matilda quando Percival ha sposato me; credo che abbiano tirato le paglie. Naturalmente, mia figlia ricade nella vecchia categoria provetta-e-bisturi; però quella frase, su Botany Bay, non l’ho sentita una sola volta. Forse gli antenati di Wendy derivano in parte, o in maggioranza, da un’ex casa regnante nel Regno. Io non gliel’ho mai lasciato sospettare, e ufficialmente Percival è suo padre. Quello che so è che Wendy non ha difetti congeniti di nascita, e Freddie e Georges dicono che non ha nemmeno alcun tratto recessivo. Da piccola non è stata più terribile di altri bambini, e la solita, moderata razione di sculacciate è sempre bastata a calmarla. Credo sia una persona a posto, il che mi fa piacere perché è la mia unica figlia, anche se non ha alcun vero rapporto con me.