Cleo si lasciò scivolare nella sedia. — Di che procedimento si tratta?
— Solo un piccolo intervento chirurgico. Richiede una decina di minuti, lo stesso tempo che le occorre per decidere di lasciare l’ufficio, se constaterà che non le interessa. È un ottimo espediente per indurre i mariti a riflettere sul cambiamento di sesso. Avrà sentito parlare del «look» androgino. È su tutti i programmi di moda. Molte donne, soprattutto quelle che hanno un seno prosperoso come il suo, lo trovano un cambiamento interessante.
— Ha detto che è economico? E reversibile?
— Tutti i nostri procedimenti lo sono. Cambiare la dimensione o la forma del seno è una delle nostre operazioni più comuni.
Cleo si sedette sul lettino mentre l’assistente le fece un rapido esame.
— Non so se Marion si è accorto che lei sta allattando — disse la donna. È sicura di quello che fa?
Come diavolo poteva saperlo? Pensò Cleo. Sperò che quello stato di confusione e di incertezza le passasse.
— Lo faccia e basta.
A Jules non piacque affatto.
Non si mise a urlare, a sbattere le porte o a precipitarsi fuori di casa; non era mai stato il suo stile. Espresse la sua opinione durante la cena, in modo freddo e pacato, dopo che non aveva praticamente aperto bocca da quando lei aveva varcato la porta.
— Vorrei soltanto sapere perché hai voluto far questo senza prima discuterne con me. Non dico che tu debba chiedermi il permesso, ma solo discuterne.
Cleo si sentì avvilita, ma era decisa a non mostrarlo. Teneva in braccio Feather, il biberon in mano, e non si curava del cibo che si stava raffreddando nel piatto. Era affamata, ma almeno non stava mangiando il doppio.
— Jules, ti ho chiesto un parere quando ho rinnovato l’arredamento. L’abitazione appartiene ad entrambi. E ti ho chiesto un parere prima di mandare Lilli o Paul in un’altra scuola. Noi ci dividiamo la responsabilità della loro educazione. Ma non te lo chiedo quando devo mettermi il rossetto o tagliarmi i capelli. Si tratta del mio corpo.
— Mi piace, mamma — disse Lilli. — Assomigli a me.
Cleo le sorrise, allungò il braccio e le scompigliò i capelli.
— A chi assomigli? — chiese Paul, con la bocca piena.
— Vedi? — fece Cleo. — Non è così importante.
— Non capisco come puoi affermarlo. Ti ho detto che non dovevi chiedermi il permesso. Io volevo solo… tu avresti dovuto… io avrei dovuto saperlo.
— È stato un impulso, Jules.
— Un impulso. Un impulso. — Lui alzò la voce per la prima volta, e Cleo comprese quanto fosse veramente fuori di sé. Lilli e Paul rimasero in silenzio e persino Feather sembrò a disagio.
Ma Cleo era contenta. Oh, non una cosa definitiva: solo un piacevole cambiamento. Essere pienamente padrona del proprio corpo, essere in grado di decidere le dimensioni del proprio corpo, essere in grado di decidere le dimensioni del proprio seno, le dava una sensazione di libertà. Questo aveva qualcosa a che fare col cambiamento di sesso? Onestamente non lo credeva. Non si sentiva nemmeno un po’ maschio.
E comunque, che cos’era un seno? Nient’altro che un roseo capezzolo all’altezza della cassa toracica su di un grosso pezzo di grasso e con una ghiandola di secrezione del latte. Cleo capì che Jules stava soffrendo della sindrome dell’abbondante-è-meglio, considerando il gesto di Cleo come una rimozione totale del seno, come se questo, per esistere, dovesse essere per forza abbondante. Ma lei in realtà ne aveva solamente ridotto le dimensioni.
A tavola non vi furono altri commenti, ma Cleo sapeva che era solo per la presenza dei bambini. Non appena andarono a letto, poté nuovamente percepire la tensione.
— Non riesco a capire perché l’hai fatto ora. E Feather?
— E allora?
— Be’, ti aspetti che sia io ad allattarla?
Finalmente Cleo si arrabbiò. — Maledizione, è esattamente ciò che mi aspetto che tu faccia. Non dirmi che non sai di che cosa sto parlando. Tu credi che sia un divertimento portarsi in giro una bambina per tutto il giorno solo perché ha bisogno del latte del tuo seno?
— Non ti sei mai lamentata, prima.
— Io… — si bloccò. Aveva ragione, ovviamente. Anche Cleo era sorpresa di come tutto fosse accaduto così all’improvviso, ma adesso era in ballo e doveva darsi da fare. Dovevano darsi da fare.
— Perché non è poi così terribile. È bello allattare al tuo seno un altro essere umano. Ho apprezzato ognuno di questi momenti con Lilli. A volte avevo mal di testa, dovendola reggere per tutto il tempo, ma ne valeva la pena. E lo stesso è stato per Paul. — Sospirò. — E lo stesso è anche per Feather, per la maggior parte del tempo. Tu non ci pensi mai.
— E allora perché questa rivolta, adesso? Perché nessun avvertimento?
— Non è una rivolta, tesoro. È così che la consideri? È solamente… Vorrei che tu lo provassi. Bada a Feather per qualche mese. Portala sul lavoro come faccio io. Allora… allora proveresti una piccola parte di ciò che io devo affrontare. — Si girò su un fianco e lo colpì affettuosamente sul braccio, cercando in qualche modo di addolcirlo. — Potrebbe anche piacerti. Ci si sente veramente bene.
Lui grugnì. — Mi sentirei stupido.
Cleo balzò fuori dal letto e fece qualche passo verso il salotto. Poi si voltò, più arrabbiata che mai. — Stupido? Allattare è stupido? Il seno è qualcosa di stupido? E allora perché diavolo ti domandi perché ho fatto ciò che ho fatto?
— Ciò che lo rende stupido è che io sono un uomo — ribatté lui. — Non sembra normale. Mi metto quasi a ridere tutte le volte che vedo un uomo col seno. Ho saputo che gli ormoni sconvolgono l’organismo e…
— Non è vero! Non più. Tu puoi allattare…
— … e d’altra parte si tratta del mio corpo, come tu stessa hai affermato.
Si sedette sul bordo del letto, voltandogli la schiena. Lui si avvicinò e la accarezzò, ma lei si sottrasse.
— D’accordo — fece Cleo. — Era solo un suggerimento. Credevo che avresti desiderato provarlo. Io non la allatto più. D’ora in avanti prenderà il biberon.
— Se deve essere così.
— Già. Voglio che tu cominci a portare Feather con te, sul lavoro. Dal momento che prende il biberon, non ha più alcuna importanza chi di noi due ne avrà cura. Penso che me lo concederai, visto che me la sono sempre cavata da sola con Lilli e Paul.
— Va bene.
Tornò a letto e si avvolse nelle coperte, voltandogli la schiena. Non voleva che si accorgesse di quanto fosse vicina alle lacrime.
Ma quella sensazione passò. La tensione svanì, e lei si sentì meglio. Pensò di avere vinto una battaglia, e ne era valsa la pena. Jules non le avrebbe tenuto il broncio.
Si addormentò facilmente, ma durante la notte si alzò parecchie volte quando Jules si rivoltava nel letto.
Jules dovette adattarsi. Gli fu impossibile ammetterlo subito, ma dopo una settimana senza fare l’amore riconobbe con riluttanza che lei aveva un bell’aspetto. Ricominciò a toccarla la mattina e quando si baciavano al ritorno dal lavoro. Jules aveva sempre ammirato il suo corpo longilineo, le braccia e le gambe da atleta. Il torace snello le stava così bene, era talmente in armonia col resto del suo corpo che lui cominciò a chiedersi perché avesse fatto tante storie.
Una sera, mentre lavavano i piatti della cena, per la prima volta dopo una settimana Jules le sfiorò i capezzoli. Le chiese se avvertiva qualche differenza.
— Nessuna sensazione particolare, tranne che ai capezzoli — fece notare, — non importa quanto una donna sia grassa. Lo sai.
— Sì, credo di sì.
Sapeva che quella notte avrebbe fatto l’amore, ed era decisa a farlo alle sue condizioni.