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Si staccò da lui e si alzò. Si diede una scrollata ai capelli, desiderando un pettine.

— Grazie, Cleopatra — disse lui.

— Oh. Uh, grazie a te… — Aveva dimenticato il suo nome. Sorrise di nuovo per nascondere l’imbarazzo e si chiuse la porta alle spalle.

— Sì?

— Sono Cleopatra King. Ho avuto una consultazione con uno del vostro staff. Una decina di giorni fa, credo.

— Sì, signora King. Abbiamo la sua scheda. Cosa posso fare per lei?

Trasse un respiro profondo. — Voglio che cominciate il mio clone. Avevo lasciato un campione di tessuto.

— Benissimo, signora King. Ha qualche istruzione per quanto riguarda il donatore del cromosoma?

— È necessario il suo assenso?

— No, se il campione si trova nella banca.

— Usate mio marito, Jules La Rhin. Numero di previdenza 4454390.

— Molto bene. Ci metteremo in contatto con lei.

Cleo sollevò il ricevitore e tenne la fronte appoggiata contro il freddo metallo. Non avrebbe mai dovuto mettersi in questa storia, rifletté. Che cosa aveva fatto?

Ma non era una cosa definitiva. Sarebbero passati sei mesi, prima di decidere se usare o meno il clone. Dannazione a Jules. Perché ne aveva fatto un dramma?

Jules non ne fece un dramma quando gli disse che cosa aveva fatto. La prese con calma e pacatamente, come se se lo fosse aspettato.

— Sai che non ti seguirò?

— Capisco cosa provi. Mi interessa sapere se cambierai opinione.

— Non ci contare. Voglio vedere se cambierai la tua.

— Non ho ancora deciso. Ma mi sto garantendo una possibilità.

— Ciò che ti chiedo è che tu rifletta bene su che cosa ne sarà del nostro rapporto. Io ti amo, Cleo. Non penso che potrà essere diverso, in futuro. Ma se entrerai in questa casa come uomo, non credo che riuscirò a vedere in te la persona che ho sempre amato.

— Eppure potresti, se tu fossi una donna.

— Questo no.

— E io sarò la stessa di sempre. — Ma lo sarebbe stata davvero? Cosa diavolo c’era di sbagliato? Che cosa aveva fatto Jules per meritarsi questo? Decise di non approfondire la cosa, e quella notte fecero l’amore, e fu molto, molto piacevole.

Ma per una ragione o per l’altra non chiamò l’istituto perché facessero abortire il clone. Fu sul punto di rinunciare all’idea almeno una dozzina di volte nei sei mesi successivi, ma il clone non fu mai distrutto.

A letto, il loro rapporto si faceva sempre più tormentato a mano a mano che il tempo passava. Jules non si opponeva al fatto che fosse lei a prendere l’iniziativa e a scegliere la posizione che preferiva. Una volta fatto, per lei non aveva più importanza l’essere stata sopra o sotto. Ciò che importava era stata la possibilità di decidere quando e come fare l’amore.

— Ecco cosa vuol dire — gli disse una sera in un momento di lucidità, quando ogni cosa le sembrò acquistare un senso, tranne che per il rifiuto di Jules di considerare la situazione dal suo punto di vista. — È questa opzione che voglio. Non sono infelice di essere femmina. Non mi va l’idea che esista qualcosa che io non possa diventare. Voglio sapere se potrò sentirmi più sicura nel ruolo aggressivo del maschio perché certamente, per la maggior parte del tempo, non lo sono come donna. O anche gli uomini hanno le mie stesse incertezze? Il maschio Cleo si sentirebbe libero di piangere? Non so niente di tutto questo.

— Ma l’hai detto tu stessa. Saresti la stessa persona.

Cominciarono a non andare più d’accordo su molte cose. Una domenica pomeriggio, poche settimane dopo essere stata all’Oophyte, rientrando a casa, Cleo lo trovò a letto con una donna. Non era da lui una cosa del genere; la loro regola era stata quella di invitare a casa gli amanti e fare le presentazioni, al fine di creare un’atmosfera di amicizia e senza inibizioni. Era divertita, perché capì che quello era un modo per pareggiare la sua capatina in quel locale.

Perciò si comportò da perfetta padrona di casa e andò a letto con loro, cosa che sembrò sconcertare Jules. La donna si chiamava Harriet, e Cleo si accorse che le piaceva. Era una changer, un particolare che Jules ignorava, altrimenti non l’avrebbe certamente scelta per indispettire Cleo. Harriet si sentì a disagio quando capì perché lei si trovasse lì. Cleo cercò di aiutarla facendo l’amore con lei, cosa che la sorprese un po’, mentre sconcertò Jules, poiché era la prima volta che accadeva.

Cleo ne fu soddisfatta; scoprì che il corpo levigato di Harriet era un mondo completamente nuovo per lei. E sentì di aver rovesciato la situazione nettamente a proprio vantaggio, ponendo Jules ancora una volta di fronte ancora all’idea di sua moglie nel ruolo di maschio.

Le maggiori difficoltà erano date dai bambini. Parlarono a Lilli e a Paul del possibile imminente cambiamento.

Lilli non riusciva a capire dove stesse il problema; cambiare sesso faceva parte della sua vita, era qualcosa che stava attorno a lei e che dava per scontato, come se si trattasse di qualcosa che lei stessa avrebbe fatto quando sarebbe stata abbastanza grande. Ma quando cominciò a intuire l’atteggiamento di suo padre in proposito, si schierò dalla parte di sua madre. Cleo si sentì enormemente sollevata. Non avrebbe avuto il coraggio di tener duro se Lilli l’avesse disapprovata. Lilli era la primogenita e, benché odiasse ammetterlo e facesse del suo meglio per evitare favoritismi, era anche la sua prediletta. Era stata lontana dal lavoro per un anno, con pesanti conseguenze economiche per la famiglia, in modo da potersi totalmente dedicare alla neonata. Aveva desiderato spesso di poter tornare a quei giorni più tranquilli, quando la maternità era stata la sua unica occupazione.

Ovviamente Feather non venne consultata. Jules si era assunto senza fare storie la responsabilità di darle da mangiare, e la cosa sembrava divertirlo. Cleo ne fu lieta, benché la facesse impazzire il fatto che lui fosse così deciso a farle da madre senza neppure provare a sostenere quel ruolo come donna. Cleo voleva bene a Feather come agli altri due figli, ma a volte le era difficile ricordare i motivi per cui l’avevano voluta. Era convinta che il suo istinto di procreare si fosse esaurito con Paul, e invece era venuta Feather.

Il vero problema era Paul.

La situazione divenne tesa quando Paul espresse dei dubbi su come si sarebbe sentito se sua madre avesse deciso di diventare un uomo. Jules si rabbuiò e non le rivolse la parola per giorni interi. Quando riprese a parlare, cosa che spesso avveniva nel cuore della notte, quando nessuno dei due riusciva a dormire, lo fece aggredendola verbalmente, con un tono violento che non aveva mai usato prima d’ora.

Lei era spaventata, perché non era per niente sicura di come Paul avrebbe reagito. Lo avrebbe sconvolto? Jules parlava di crisi di identità a livello sessuale, della necessità di precisi modelli di ruolo e, in tutta sincerità, della paura che suo figlio potesse crescere in modo meno mascolino.

Cleo non lo sapeva, ma vi rifletté per parecchie notti, piangendo fino ad addormentarsi. Avevano letto degli articoli sull’argomento, e scoprirono che gli psicologi erano divisi. I tradizionalisti insistevano molto sull’importanza dei ruoli sessuali, mentre i changer ritenevano che tali ruoli fossero importanti solo per coloro che ne erano prigionieri; infrangendo la barriera del sesso, il concetto di ruolo era inutile.

E infine venne il giorno in cui il clone fu pronto. Cleo non sapeva ancora cos’avrebbe dovuto fare.

— Va meglio, ora? Faccia un cenno con la testa se non può parlare.

— Cos…

— Si rilassi. È tutto finito. Sarà in grado di camminare entro pochi minuti. La accompagneremo a casa. Si sentirà come ubriaca per qualche istante, ma nel suo organismo non ci sono droghe.