Выбрать главу

Korbonon inserì nell’incisione alcuni strumenti a molla per tenerla aperta. Ad arterie, vene e nervi vennero attaccati morsetti e altri arnesi. Mary poteva guardare dritto dentro la propria carne, fino alla superficie grigiastra del radio.

Qualche istante dopo si riavvicinò la seconda barast. Il personale medico locale indossava camicette gialle a maniche corte, con lunghi guanti blu che arrivavano al gomito. Forse il motivo di quell’estensione era per impedire che i peli delle braccia si ingrommassero di sangue.

La seconda barast prese da una confezione sterile il Companion da impiantare. Mary sapeva bene come fosse fatta la mascherina anteriore dell’apparecchiatura, ma non ne aveva mai visto la parte interna. Somigliava a un plastico topografico, con alcune parti in rilievo, altre incavate e canaletti; probabilmente per adattarsi ai vasi sanguigni. Mary continuava a osservare, rapita.

Come aveva fatto la genetista Vissan Lennet a togliersi da sola il Companion? Doveva essere stata un’impresa tremenda.

Il chirurgo prese un bisturi laser simile a quello che Mary stessa aveva usato quando aveva curato Ponter subito dopo l’attentato all’ONU. Le due estremità dell’arteria radiale vennero saldate a due aperture nella parte inferiore del Companion. L’impianto non era auto-alimentato, ma avrebbe ricevuto energia dal metabolismo di Mary. Be’, la pressione sanguigna dell’arteria radiale era sicuramente una buona fonte energetica, se il Companion, come pareva, aveva al proprio interno una piccola centrale idroelettrica… o emo-elettrica?

Mary era combattuta tra il desiderio di guardare e quello di non guardare. Alla fine, seguì l’intero processo di installazione del Companion, con successiva cauterizzazione dei vasi sanguigni. Intorno ai margini, il Companion venne quindi “calafato” per favorire la ricostituzione dei tessuti.

In confronto a quello, il resto dell’operazione (l’inserzione dell’impianto audio nelle due coclee) fu meno impressionante. Forse perché Mary non riusciva a vederlo.

E infine, fu cosa fatta. Il braccio di Mary venne ripulito dal sangue, dal Companion venne rimossa la pellicola protettiva, venne regolato il volume dell’impianto cocleare.

— Molto bene — disse Korbonon, afferrando il polso di Mary e tirando su uno dei sei pulsantini colorati. — Benvenuta tra noi.

— Ciao, Mary — disse una voce sintetica. Sembrava provenire dall’interno della sua testa. Una voce dalle tonalità neanderthaloidi, bassa, stentorea, probabilmente femminile, ma in grado di pronunciare la “i” terminale del suo nome. Era chiaro che era stato trovato il modo di risolvere il problema linguistico barast.

— Ciao — rispose Mary. — Come… uh… devo chiamarti?

— Come preferisci.

Mary ci pensò un po’ su, poi disse: — Che ne dici di “Christine”? — Era il nome di sua sorella.

— Va benissimo — rispose la voce interna. — Comunque, se tu cambiassi idea, sarai libera di modificare il mio nome quando vorrai.

— Okay. Sarò felice di… — Il tocco di una mano sulla spalla la fece trasalire. La novità di parlare con il proprio Companion le aveva fatto dimenticare il mondo esterno.

— Ne deduco che l’impianto funziona — disse la dottoressa, sorridendo a Mary che stava ancora distesa sul lettino. E, per la prima volta, Mary poté ascoltare una traduzione effettuata nel modo di quelle che riceveva Ponter non tramite l’altoparlante esterno, ma come parole che le si formavano dentro la testa. Il Companion era un bravo traduttore simultaneo, anche se con una cadenza un po’ buffa, da straniero naturalizzato.

— Sì, perfettamente — rispose Mary, e subito dall’altoparlante di “Christine” uscì la stessa frase in lingua barast: — Ka pan ka.

— Ottimo — disse Korbonon. — Missione compiuta.

— Il Companion sta già trasmettendo i dati all’archivio degli alibi?

— Sì — risposero in simultanea il chirurgo e Christine.

Mary si alzò, ringraziò le due donne e uscì. Arrivata alla reception dell’ospedale, notò quattro uomini con fratture agli arti; uno indossava la tuta argentea degli Esibizionisti. Partendo dal presupposto che un Esibizionista non avrebbe dovuto offendersi a ricevere una domanda, gli chiese: — Che cos’è successo?

— A noi? — chiese lui. — Solita storia: incidenti di caccia.

A Mary tornarono in mente gli studi di Erik Trinkaus, in base ai quali i neanderthal fossili mostravano fratture simili a quelle dei partecipanti ai rodei. — Cacciando quale animale?

— Un alce — rispose l’Esibizionista.

Lei sperava in qualcosa di più esotico. — E ne valeva la pena? Tutti quei danni, intendo.

Lui fece spallucce. — Per un cenone a base di alce, vale sempre la pena. Ne ho fin qui di bisonte e colomba migratrice, sempre solo bisonte e colomba migratrice.

— Be’ — disse Mary — spero che vi rimetterete presto in sesto.

— Non c’è dubbio — rispose l’Esibizionista con un sorriso.

Mary fece loro gli auguri e lasciò l’ospedale, uscendo nel sole del tardo pomeriggio. Doveva aver fornito del materiale piuttosto interessante al pubblico televisivo.

Poi, la rivelazione. Si era trovata da sola in una stanza con quattro uomini che non aveva mai visto prima e, anziché essere presa dal terrore, come le sarebbe successo sulla sua Terra, si era sentita completamente a proprio agio. Anzi, era stata lei ad avviare la conversazione.

Piena di meraviglia, si osservò il polso sinistro. Christine era con lei. Finché non le era stato impiantato il Companion, Mary non aveva idea di che cosa significasse essere sotto un occhio vigile 24 ore su 24; ma adesso comprendeva anche la sensazione di libertà che tutto ciò offriva. Qui, non correva alcun pericolo. Magari lì attorno era pieno di malintenzionati, ma non avrebbero alzato un dito, perché non l’avrebbero mai fatta franca.

Avrebbe potuto chiedere a Christine di chiamarle un cubo volante, ma era un’incantevole giornata autunnale, perciò decise di camminare fino a casa di Lurt. Per la prima volta, riuscì a fissare dritto in faccia tutti i neanderthal che incrociava per via. Il suo buon vicinato.

15

“In una località chiamata Lètoli le ceneri vulcaniche hanno conservato delle impronte umane. Sono state lasciate da un maschio e una femmina di australopiteco, gli antenati sia dei gliksin che dei barasi. Stavano facendo una passeggiata, mano nella mano… Così, come ci sono impronte umane a Base della Tranquillità, e nell’Oceano delle Tempeste, e sull’altopiano di Fra Mauro, gli appennini Hadley, le Descartes Highlands e la valle di Taurus-Littrow. Tutti passi davvero da gigante…”

L’intervento aveva spossato Mary, e non appena mise piede in casa di Lurt, si buttò a letto e crollò addormentata.

Non si risvegliò fino a due decimi di giorno dopo, al rientro di Lurt.

— Guarda! — le disse Mary, mostrandole il Companion.

L’aspetto esterno degli impianti era standard, ma Lurt comprese di dover fare un complimento. — È delizioso — disse.

— Vero? — fece Mary. — 0 meglio: è deliziosa. Si chiama Christine.

— Ciao — salutò il Companion.

— Christine — le disse Mary — ti presento la scienziata Lurt Fradlo. È la compagna di Adikor Huld, il quale a sua volta è il compagno del mio… — cercò il termine esatto, poi fece spallucce e proseguì: —… fidanzato, lo scienziato e inviato speciale Ponter Boddit.