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Nel suo mondo Mary teneva sempre a portata di mano una confezione di latte e cioccolata, da mischiare al caffè. Qui si arrangiava con cappuccino in polvere e cioccolata calda di importazione.

Le due donne tornarono in salotto. Bandra si sedette su uno dei divani che sporgevano dalle pareti. Mary stava per tornare alla sua sedia, quando si accorse che non avrebbe avuto lo spazio per posare la tazza. Quindi si prese il romanzo e andò a sistemarsi all’estremità opposta del divano, lasciando la tazza sul tavolino accanto.

— Nel tuo mondo, vivevi da sola — disse Bandra. Non era una domanda: lo sapeva.

— Infatti — disse Mary. — In uno di quelli che chiamiamo “appartamenti in condominio”. Un gruppo di stanze di proprietà personale, all’interno di un grande edificio in cui abitano altre duecento persone.

— Duecento! — esclamò lei. — Quanto è grande quell’edificio?

— Ha 22 piani, 22 livelli. Io sto al diciassettesimo.

— Di lì si deve godere di un panorama impressionante.

— È vero — disse Mary, ma era una risposta istintiva. Dal suo alloggio vedeva solo vetro e cemento, palazzi e viali trafficati. A suo tempo il posto le piaceva, ma i suoi gusti stavano cambiando.

— Che fine ha fatto quell’appartamento? — chiese Bandra.

— È ancora di mia proprietà. Quando io e Ponter avremo preso una decisione definitiva, vedrò che cosa farne. Potremmo anche tenerlo.

— E quale decisione definitiva prenderete tu e Ponter?

— Vorrei tanto saperlo — rispose Mary. Prese la tazza e sorseggiò. — Come hai dello prima, Ponter non vive sulla Luna.

— Non dovresti farlo neppure tu — disse Bandra, tenendo gli occhi bassi.

— Come?

— Se intendi entrare a far parte di questo mondo, non dovresti trascorrere da sola gran parte del mese.

— Oh… — disse Mary. — La maggior parte degli abitanti del mio mondo sono attratti solo da persone del sesso opposto.

Bandra sollevò lo sguardo, poi lo riabbassò. — Niente relazioni tra donne?

— Qualche volta. Ma, di solito, le donne con questo tipo di relazioni non hanno un partner maschile.

— Qui non è così — disse Bandra.

La risposta di Mary fu appena percettibile. — Lo so.

— lo… noi… io e te… stiamo bene insieme. Mary si irrigidì. — È vero, sì.

— Qui da noi, due donne che vivano felicemente insieme, e senza avere legami di parentela, sono… — all’improvviso, posò l’ampia mano sul ginocchio di Mary — sono molto vicine l’una all’altra.

Mary osservò la mano di Bandra. Le era capitalo spesso di togliersi di dosso le zampe di qualche corteggiatore indesiderato, ma ora…

Ora non voleva ferire i suoi sentimenti. — Bandra… io… io non provo attrazione per le donne.

— Forse… forse è solo… — cercò l’espressione adatta — un condizionamento culturale.

Man’ aggrottò le ciglia. Forse lo era sul serio, ma questo non cambiava nulla. Certo, quando aveva 13 o 14 anni aveva baciato qualche ragazza, ma solo per fare pratica in preparazione ai baci con i maschietti.

O almeno, questa era la scusa che avevano accampato lei e le amiche.

Però era stato eccitante, a suo modo.

Anche se…

— Perdonami, Bandra. Non voglio apparire maleducata. Ma, davvero: non mi interessa.

— Sai — disse lei, guardandola per un attimo, poi distogliendo gli occhi — nessuno sa come fare felice una donna, meglio di un’altra donna.

Mary aveva il cuore in gola. — So… sono sicura che è così, ma… — Con delicatezza, scostò la mano di Bandra.

— Ma non fa per me.

Bandra annuì più volte. — Se però cambiassi idea… — Tacque per qualche secondo, quindi aggiunse: — La vita può diventare molto pesante, tra un Due-Uno e il successivo.

“Poco ma sicuro” pensò Mary, ma rimase in silenzio.

— Be’ — disse Bandra alla fine — io vado a dormire. Ah… “buonanotte e sogni d’oro”, giusto?

Mary riuscì a sorridere. — Giusto. Sogni d’oro anche a te, Bandra.

Restò a osservare la neanderthaliana mentre entrava in camera da letto. Mary dormiva in quella che era stata la cameretta di Dranna, la figlia minore. Quasi quasi sarebbe andata a dormire anche lei, ma poi decise di leggere qualche altra pagina, nella speranza di riuscire a rilassarsi un po’.

Riprese Il possidente dalla pagina a cui era rimasta. Lo stile di Galsworthy era sempre molto ironico, ammiccante. Non erano solo i neanderthal a trovale bizzarri i gliksin. Mary si immerse nella lettura, assaporando quelle splendide ricostruzioni della società borghese nell’Inghilterra vittoriana. Aveva davvero un’ottima penna, e…

“Oh mio Dio…”

Mary chiuse di colpo il libro, con il cuore che batteva impazzito.

“Mio Dio!”

Inspirò in profondità, espirò lentamente; poi di nuovo.

Soames aveva…

Il cuore le stava per scoppiare.

Forse aveva letto male. Dopotutto, non c’erano descrizioni esplicite. Doveva averci visto solo lei quella cosa.

Riaprì la pagina.

No. Non c’era possibilità di abbagli. Soames Forsyte, il possidente, aveva dimostrato a Irene che cosa lei significasse per lui. Irene poteva accoglierlo con tutta l’indifferenza che voleva, anche a letto… ma lui l’aveva violentata.

Fino a quel punto Mary aveva gustato la trama, in particolare la relazione segreta tra Irene e l’architetto Bosinney, perché un po’ le ricordava la “strana coppia” formata da lei stessa e Ponter. Ma ora…

Uno stupro.

Uno stramaledetto stupro.

Non si poteva incolpare lo scrittore. Era esattamente ciò che avrebbe fatto uno come Soames.

Ciò che avrebbe fatto un uomo.

Mary posò il romanzo accanto alla tazza di caffè ormai freddo. E rimase a fissare nel vuoto, in direzione della porta della camera da letto di Bandra. Dopo chissà quanto tempo, si alzò dal divano e raggiunse la propria stanza. Nella solitudine. Nel buio.

18

“Qui in Nord America, così come in India, Giappone, Europa, Russia e in lutto il resto del nostro vasto e meraviglioso mondo, le cose in generale vanno molto meglio di come siano mai andate. E continuano a migliorare…”

E finalmente venne il gran giorno! Di nuovo, i Due diventarono Uno. Mary, con decine di altre donne, aspettava l’arrivo del proprio uomo su un vasto spiazzo. C’era anche Lurt con il piccolo Dab. E c’era Jasmel, la figlia maggiore di Ponter; anche se aspettava soprattutto il suo sposo novello Tryon. Mary teneva la manina di Mega, la figlia minore; per fortuna non c’era segno della tutrice della bambina, Daklar Bolbay, che aveva già combinato abbastanza guai con Ponter.

Un hover-bus dopo l’altro; arrivò anche quello giusto. Ne scesero Ponter e Adikor, e Mary si lanciò ad abbracciare il suo amato, e a coprirgli il viso di leccate. Quindi Ponter abbracciò le due figlie, e si mise Mega in spalla. Intanto Adikor era già sparito con la compagna e il figlio.

Ponter si era portato la valigia trapezoidale che di solito usava per i viaggi sulla Terra gliksin. La prese Mary, visto che lui era già carico di Mega.

In una recente comunicazione via Companion, avevano deciso di partire alla ricerca di Vissan il terzo giorno (su quattro) del periodo Due-Uno; per quella data le previsioni davano pioggia su Saldak ma bel tempo a Kraldak.

Mary, Ponter e Mega passarono una bellissima mattinata insieme. Dopo pranzo, Mega andò a giocare con le amiche, così Mary e Ponter si ritirarono in casa di Bandra. I neanderthal non erano molto pudichi, Mary però non se la sarebbe sentita di fare l’amore con Ponter sapendo che c’era gente nei dintorni; per fortuna Bandra aveva lasciato detto che sarebbe stata fuori fino a sera, insieme al proprio compagno Harb. Quindi i due amanti ebbero tutta la casa per loro.

Come sempre, fu sesso da favola. Mary venne varie volte. Alla fine fecero la doccia insieme, poi si buttarono sul mucchio di cuscini a chiacchierare. Trascorsero il resto del pomeriggio ad abbracciarsi, toccarsi, parlare, passeggiare, semplicemente felici di stare insieme. Andarono al teatro all’aperto a vedere una commedia; ventilatori elettrici, da dietro le quinte, svolgevano la duplice funzione di portare agli spettatori i feromoni degli attori, e di soffiare via quelli del pubblico.

Quindi si impegnarono in un gioco da tavolo chiamato partanlar, una sorta di incrocio tra dama e scacchi. I pezzi erano tutti uguali, ma le mosse dipendevano dalla posizione sulla scacchiera da 100 riquadri.

Più tardi, cenarono in un ristorantino gestito da due vedove, con deliziosa carne di cervo, gustose insalate di pinoli e felci, tuberi arrosto, uova d’anatra sode. Sedevano uno accanto all’altra su un divano imbottito, usavano i guanti da pasto e si imboccavano a vicenda.

— Ti amo — disse Mary, accoccolata contro Ponter.

— Anch’io ti amo — disse Ponter. — Ti amo da impazzire.

— Vorrei… vorrei che i Due fossero sempre Uno.

— Vorrei che il tempo con te non finisse mai — le fece eco Ponter, arruffandole i capelli.

— Ma finirà — sospirò Mary. — Non so se riuscirò mai ad adattarmi.

— Le soluzioni perfette non esistono. Però potresti… Mary si rimise dritta con la schiena. — Dimmi.

— Potresti tornare nel tuo mondo. Lei si sentì svenire. — Ponter, io…

— Per venticinque giorni al mese, per poi tornare da questa parte quando i Due diventano Uno. E ti prometto che ogni volta ti offrirò quattro giornate dolcissime, divertentissime, e piccanti.

— Penso… — Sperava in una soluzione che prevedesse di rimanere sempre insieme, ma non pareva realizzabile. — Fare la pendolare tra Toronto e Sudbury rischia di essere scomodo. Per non parlare della procedura di decontaminazione. E…

— Stai dimenticando chi sei.

— P… prego?

— Tu sei Mary Vaughan.

— E quindi?

Quella Mary Vaughan. Qualunque università farebbe carte false per averti nel corpo docente.

— Ed ecco un altro problema: non potrei assentarmi per quattro giorni al mese.

— Continui a sottovalutarti.

— Cioè?

— L’anno accademico da voi dura otto mesi, se non ricordo male.

— Sì, da settembre ad aprile.

— Perciò, quattro o cinque volte all’anno il Due-Uno capiterà quando non hai impegni. Quanto ai mesi restanti, in varie occasioni cadrà durante i giorni non lavorativi.

— Tuttavia…

— Tuttavia, in determinate occasioni dovrai assentarti dall’università.

— Esatto, e nessuno sarà mai così comprensivo da…

— Perdonami, amore mio, ma tutti saranno così comprensivi. Non c’è nessuno che conosca bene quanto te non solo gli aspetti genetici dei neanderthal, ma addirittura la scienza genetica dei neanderthal. Saresti il fiore all’occhiello di qualsiasi ateneo gliksin. Perciò, troveranno senz’altro qualche soluzione.

— Mi pare che sia tu a sottovalutare le difficoltà.

— Dici? Be’, il modo migliore per scoprirlo è provarci.

Mary strinse le labbra pensierosa. Ponter aveva ragione, chiedere non costava nulla. — E però per spostarsi da Toronto a Sudbury, miniere incluse, ci vogliono parecchie ore. In pratica i giorni da quattro diventerebbero sei.

— Sì, se tu abitassi a Toronto. Ma perché non offrire le tue competenze all’Università Laurenziana? Già sanno quanto sei brava.

— La Laurenziana… — disse Mary, con fare pensoso. Era un ateneo delizioso, a misura d’uomo, con una straordinaria facoltà di Genetica, e convenzionato con il tribunale…

Il tribunale!

Il dannato stupro.

Mary dubitava che sarebbe riuscita a tornare alla York University. Non solo avrebbe incrociato spesso Cornelius, ma avrebbe dovuto lavorare gomito a gomito con Oaiser, che era stata violentata a causa dell’omertà di lei. La vicinanza di Qaiser sarebbe stata imbarazzante. Quella di Cornelius, devastante.

La proposta di Ponter aveva una sua appetibilità.

Una cattedra di Genetica alla Laurenziana.

A poca distanza dalla miniera di Creighton, dal varco tra i due mondi.

E quattro giorni al mese con Ponter sarebbero stati più favolosi di una relazione full-time con qualsiasi altro uomo.

— Ma… e la generazione 149? E nostro figlio? Non sopporterei di vederlo solo una volta al mese.

— Nella nostra cultura i bambini stanno insieme alle madri.

— Ma solo fino all’età di 10 anni, se sono maschi. Non permetterò che mi si tolga un figlio così piccolo.

Ponter annuì. — Qualunque soluzione troveremo per concepire, richiederà la manipolazione genetica. Il che renderebbe facile, tra le altre cose, scegliere di avere una bambina. Una figlia rimane con la madre fino all’età di… 225 mesi… oltre 18 dei vostri anni. Non sarebbe normale, anche per i vostri standard?

Mary sentiva il cervello che le vorticava impazzito. — Si lasci dire, scienziato Boddit, che lei è un uomo brillante.

— Faccio del mio meglio, scienziata Vaughan.

— Certo, non è una soluzione perfetta.

— Quelle sono rare — disse Ponter.

Mary diede una lunga, lenta leccata al viso del suo uomo. — Lo sai? — disse, strofinando la propria guancia contro quella pelosa di lui — Potrebbe anche funzionare.