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— Per questo speravamo…

— L’apparecchiatura esiste ancora e funziona — disse Vissan — ma non posso fornirvela: è stata messa fuorilegge. Per quanto io lo detesti, le cose stanno così. Vi punirebbero.

— È fuorilegge solo qui — disse Mary.

— No, non solo a Kraldak. In tutto il mondo.

— In tutto questo mondo — precisò Mary. — Ma non nel mio. Potremmo trasportarla di là e concepire là.

Vissan spalancò gli occhi, ma restò a rimuginare in silenzio. Mary comprese che era meglio non disturbarla. Alla fine la donna disse: — L’impresa sembra realizzabile… Perché no? Meglio che ne tragga beneficio uno, che nessuno. — Pausa. — Però avrai bisogno di assistenza medica per farti estrarre un ovulo. Dopodiché occorrerà rimuovere la tua sequenza aploide di cromosomi, e un chirurgo vi inserirà la sequenza diploide creata dal codificatore di codoni. Infine l’ovulo verrebbe reimpiantato nel tuo utero, e avrà inizio una regolare gravidanza. — Sorrise. — Voglia di tuberi salati, senso di nausea e tutto quanto.

Finora Mary aveva salutato quella soluzione come una “scatola magica”. Ma se le cose stavano così… — Non… non avevo pensato che sarebbe stato eliminato il mio DNA. Pensavo che sarebbe solo stato ri-mappato il DNA di Ponter per renderlo compatibile con il mio.

Vissan sollevò un sopracciglio. — Non avevi detto di essere una biochimica? Sai anche tu che non c’è nessuna differenza tra il DNA corporeo e quello artificiale. Non esiste nessuna tecnica per distinguerli.

Mary aggrottò la fronte. — La differenza è che uno verrebbe dal mio corpo, e uno da una macchina.

— È così, ma…

— Ma hai ragione tu, Vissan. Ho sempre detto e ripetuto ai miei studenti che il DNA non è altro che informazione codificata. — Sorrise in direzione di Ponter e Mega. — Se è la nostra informazione, allora quella sarà nostra figlia.

Ponter annuì. — Occorrerà prima sequenziare tutto il nostro materiale genetico, ovviamente.

— Oh, facile — disse Vissan. — Il codificatore può fare anche quello.

— Stupendo! — esclamò Mary. — E… si trova qui?

— No. È stato nascosto. Sotterrato. Ma l’ho avvolto in una protezione di plastica e metallo, e l’ho lasciato poco lontano da qui.

— Sarebbe così importante per noi — disse Mary. Poi le venne un’idea. — Ti andrebbe di venire con me nel mio mondo? Ti assicuro che là la tua invenzione non verrebbe messa al bando, e nessuno ti impedirà di portare avanti le tue ricerche.

— Una proposta strepitosa — disse Vissan. — Com’è il tuo mondo?

— Be’, è… diverso. Per esempio, abbiamo una popolazione molto più numerosa.

— Quanto più numerosa?

— Sei miliardi di persone.

— Sei mil…! Non sembrate aver bisogno di aiuti al concepimento.

Mary concesse il punto. — E uomini e donne vivono insieme tutti i giorni.

— Questa è vera follia. Come fanno a sopportarsi?

— Oh… non sempre ci riescono, ma… ma è diverso. E abbiamo tante meraviglie. Abbiamo una stazione orbitale, cioè una grande casa che mota intorno alla Terra. Abbiamo edifici che toccano il cielo… — Anche se due in meno. — E una cucina molto varia.

— Tu ci sei stato, Ponter?

— E per ben tre volte! — rispose Mega.

— lì è piaciuto?

— Dipende — disse Ponter. — A te piace, qui tra i boschi?

— Moltissimo — rispose Vissan.

— Ma saresti in grado di sopportare la puzza?

— Quale puzza?

— Nel loro mondo. Usano carbone e petrolio come combustibili.

— Brutta prospettiva. Meglio qui.

— Come preferisci — disse Mary. — In caso negativo, potresti darci le istruzioni per il codificatore?

Vissan guardò Ponter. — Te la senti? Io mi sono sbarazzata volentieri delle trappole della civiltà, perciò i Grigi non hanno autorità su di me. Ma tu…

Ponter guardò Mary, poi tornò su Vissan. — Non sarebbe la prima volta che sfido il Gran Consiglio. Ho disobbedito al loro ordine di tornare indietro, quando volevano richiudere il varco. Anzi, sarei ancora nel mondo dei gliksin se un’ambasciatrice non avesse convinto altri di noi a trasferirsi di là. E poi…

— Sì?

— E poi, qualche volta, qualcuno viene sterilizzato a torto, perciò…

Tacque. Intervenne Mary: — Si riferisce al suo compagno, Adikor. La prima volta che Ponter è scomparso, finendo nel mio mondo, Adikor venne accusato di averlo ucciso, e stavano per sterilizzarlo. Dico bene, Ponter?

— Che? — fece lui, riscuotendosi. — Ah, sì, sì. Quello, appunto.

— Bene — disse Vissan. — Se avete abbastanza fegato da prendervi il codificatore, sarò felice di offrirvelo. — Indicò l’uscita. — Vado subito a recuperarlo. Solo, non rivelate a nessuno… in questo mondo, almeno… di esserne in possesso.

22

“Allo stesso modo, alcuni nostri cugini barasi, originari dell’Europa, scesero a Gibilterra… quella magnifica rocca, simbolo di stabilità. E da quel punto di osservazione, guardando a sud, i neanderthal notarono le incognite terre d’Africa…”

— Jock, hai un minuto?

Lui sollevò lo sguardo dalla scrivania. I suoi sforzi per evitare qualsiasi apprezzamento fisico su Louise avevano un che di paranoico; un po’ erano dovuti a motivi generazionali (lui aveva 36 anni in più di lei), un po’ al fatto che alcuni ex colleghi della RAND si erano messi nei guai per certi commenti maschilisti. — Toh, la dottoressa Benoît — disse. — Che cosa posso fare per te?

— Ricordi quando parlavamo dei possibili effetti di un collasso del campo magnetico terrestre sulla coscienza umana?

— Altroché. Sostenevi che la coscienza era sorta proprio durante un collasso.

— Infatti. Quarantamila anni fa, all’epoca del Grande balzo in avanti. E adesso ci risiamo.

— La tua tesi — disse Jock — era che l’evento potrebbe di nuovo avere degli effetti sulla coscienza… stavolta, facendola implodere.

— Esatto. Ma a farmelo pensare era solo la coincidenza cronologica tra il Grande balzo e il collasso magnetico. Solo che adesso mi sono messa a vagliare più a fondo l’argomento, per vedere se fosse stata compiuta qualche ricerca sulla natura elettromagnetica della coscienza. E francamente, Jock, i risultati hanno accresciuto i miei timori.

— Bella questa. I neanderthal hanno già sperimentato il fenomeno nel loro mondo, un quarto di secolo fa, e ne sono usciti sani e salvi. — Il fatto incredibile era che, dando ragione agli studi di Coe e Prévot, il collasso magnetico era durato qualche settimana, non qualche secolo. — Se per loro è filata liscia, perché non dovrebbe essere così anche per noi?

— Con lutto il bene che voglio ai barast — era diventato politicamente scorretto chiamarli “neanderthal” — non posso negare che loro sono diversi da noi. Hanno cervelli strutturati in modo diverso; basta osservare i loro crani. Perciò, se loro se la sono cavata, ciò non implica che ce la caveremo anche noi.

— Ah, via, Louise!

— Non sto scherzando. Navigando su Internet alla ricerca di possibili informazioni sui rapporti tra campi elettromagnetici e coscienza, mi sono imbattuta in un’interessante teoria chiamala GEMI.

— Scemi? — ironizzò Jock.

Ce-mi — lo rintuzzò Louise. — Sta per Conscious Electromagnetic Information. Una teoria sviluppata in modo indipendente da due ricercatori: Johnjoe McFadden, dell’Università del Surrey, e Susan Pockett in Nuova Zelanda. — Guardò fuori dalla finestra, come in cerca di ispirazione. — Come saprai, sono state identificate ogni sorta di aree cerebrali: quella in cui vengono prodotte le immagini visive, quella della matematica, e perfino quella dell’esperienza religiosa. Però a non essere mai stata individuata è la parte del cervello in cui sia localizzata la coscienza. Be’, McFadden e la Pockett pensano di esserci riusciti. Non si troverebbe in un punto del cervello, ma sarebbe una presenza diffusa, permeante: un campo elettromagnetico, appunto. Ciò permetterebbe a neuroni, anche distanti tra loro, di connettersi trasformando in un tutt’uno i tanti piccoli brandelli d’informazione.