— Com’è possibile?
Mary ci meditò un attimo. — Immunità diplomatica, suppongo. Il che significa…
— Che…?
A Mary batteva forte il cuore. — Che un diplomatico può viaggiare senza che gli venga esaminato il bagaglio. Se riuscissi a passare a Jock il codificatore di codoni, Jock potrebbe trasportarlo nel mio mondo senza difficoltà.
— Perfetto — disse Bandra. — Ed ecco di nuovo Ponter!
Il volo da Saldak all’isola di Donakal richiese due decimi di giorno, quindi molto di più della distanza corrispondente nel mondo gliksin. Ponter impiegò gran parte del tempo a riflettere su Mèr e sulla figlia che avrebbe avuto da lei; ma a un certo punto venne interrotto da Jock che gli chiese: — Non avete mai inventato aeroplani?
— No, ed è una domanda che mi ero posto anch’io. Certo, il mio popolo è sempre stato affascinato dagli uccelli e dalla nozione del volo; tuttavia, vedendo le vostre… piste di atterraggio?
Jock annuì.
— Vedendo le vostre piste di atterraggio, ho concluso che solo una specie abituata a disboscare a scopi agricoli avrebbe trovato naturale asfaltare lunghe strisce di terreno.
— Non avevo mai considerato questo aspetto del problema — disse Jock.
— Be’ — proseguì Ponter — si nota agevolmente che non abbiamo autostrade. Siamo gente piuttosto sedentaria.
Jock diede un’occhiata all’interno dell’elicottero. — Ma questo veicolo è molto confortevole. C’è un sacco di spazio tra un sedile e l’altro. Da noi, tendiamo a pigiare i passeggeri uno contro l’altro.
— Lo scopo non è il comfort, quanto piuttosto di tenere a debita distanza i feromoni altrui. E questo è uno dei motivi per cui i nostri veicoli volanti non raggiungono le altitudini dei vostri: non abbiamo cabine pressurizzate, ma usiamo aria a circuito esterno per evitare l’accumulo di feromoni, e… — Ponter tacque per qualche secondo. — Oh, grazie, Hak. — Si rivolse a Jock: — Gli avevo chiesto di segnalare quando fossimo al di sopra della località corrispondente a Rochester. Se dai un’occhiata dal finestrino…
Jock lo fece. E commentò: — C’è solo foresta!
Ponter annuì. — Esiste qualche capanno di caccia, ma non edifici.
— Senza le strade, diventa difficile riconoscere il territorio.
— Presto sorvoleremo uno dei Finger Lakes… che noi denominiamo allo stesso modo: “laghi-dita”. Quelli non dovrebbero essere difficili da individuare.
Jock osservò di nuovo fuori dal finestrino, come stregato.
Sul volo della rappresentanza ONU non erano stati ammessi gli Esibizionisti, ma Bandra aveva detto che ce ne sarebbero stati altri a Donakat. Nel frattempo, spense vocalmente il Voyeur e per un po’ restò in silenzio. Poi si rivolse a Mary: — Ieri sera non abbiamo approfondito… il mio problema con Harb.
Mary annuì. — È stato per questo che… che la tua compagna ti ha lasciata?
Bandra si mise a contemplare il soffitto, con le decine di specie ornitologiche meticolosamente dipinte da lei stessa. — Sì. Non sopportava più di vedermi in questo stato. Ma… in un certo senso, meglio così.
— Perché?
— Se non c’è nessuno in giro, è più facile nascondere la vergogna.
Mary le afferrò le spalle e la guardò in faccia. — Ascoltami, Bandra: non c’è nulla di cui tu ti debba vergognare. Non hai fatto niente di male.
Lei fece un lieve cenno affermativo. — Lo so, ma…
— Ma un cavolo. Troveremo il modo di uscirne.
— Non c’è via di uscita — disse Bandra, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.
— Ci deve essere — incalzò Mary. — E la troveremo. Insieme.
— Non sei tenuta a farlo…
— Sì, lo sono.
— Perché?
Mary si strinse nelle spalle. — Diciamo che ho un debito con la parte femminile del mondo.
— Signore e signori — declamò Bedros — eccoci giunti all’isola di Donakat, quella che voi chiamate Manhattan.
Jock non riusciva a credere ai propri occhi. Quello che sulla sua Terra era il South Bronx, qui era una foresta lussureggiante, con tronchi secolari, alberi di noce, cedro, castagno, acero, quercia.
— Quella è Rikers Island! — indicò il segretario generale. Mancavano, ovviamente, non solo la colonia penale ma anche le estensioni artificiali che ne avevano triplicato la superficie. Niente ponte verso il Queens, niente aeroporto La Guardia. In compenso c’era un porto. Jock individuò con grande sorpresa quella che pareva una portaerei. Non immaginava che i neanderthal possedessero un armamentario del genere. Per quanto non volesse che il suo vicino di posto riprendesse le spiegazioni, non poté fare a meno di chiedere a Ponter: — Quella che cos’è?
— Una nave — rispose lui, in tono che denotava una ovvietà.
— Grazie, l’avevo capito — disse Jock. — Ma perché ha un ponte così largo e piatto?
— Per ospitare i collettori solari che le forniscono l’energia.
Il pilota aveva ricevuto indicazioni di fare un ampio giro sulla zona. Adesso erano diretti a ovest sull’isola di Wards, che lungo i margini mostrava casupole simili a chalet.
Proseguendo, pareva che Central Park si fosse allargato sull’intera Manhattan.
— Donakat — spiegò Ponter — costituisce il Centro della nostra città di Pepraldak. In altri termini, è territorio riservato alle donne. A Saldak il Centro e l’Anello cittadino sono separati da chilometri di campagna; qui li divide semplicemente il fiume, quello che voi chiamate Hudson.
— Per cui, gli uomini vivono in New Jersey? Ponter annuì.
— E come passano sulla riva opposta? Non vedo ponti.
— D’estate, con i cubi volanti. D’inverno il fiume gela, e lo si attraversa a piedi.
— Mai visto l’Hudson gelare.
— Qui gela. Le vostre attività modificano il clima più di quanto pensiate.
Adesso l’elicottero aveva virato a sud, e costeggiava il fiume. Sotto di loro, la foresta vergine di Hoboken. Jock esaminò il territorio alla sua sinistra. Manhattan c’era, con le sue colline (del resto il suo nome significa “isola di colline”) e i suoi laghetti, ma neppure l’ombra di un grattacielo. In alcune radure spuntavano edifici in mattoni, ma non più alti di quattro piani. Sul lato destro, in corrispondenza del Liberty State Park c’era foresta pura. Ecco anche Ellis Island e Liberty Island, ovviamente senza statua. Meglio così, pensò Jock: non avrebbe gradito una neanderthal di 46 metri.
I passeggeri si lasciarono andare a grida stupefatte: nella baia superiore di New York nuotavano due balene. Erano lunghe una dozzina di metri, con schiene grigio scuro.
Il veicolo svoltò a est, sorvolando le acque tra Governors Island e Battery Park, quindi imboccando l’East River. Lungo la riva sorgevano centinaia di case costruite con la tecnica dell’arboricoltura, e…
— Quello cos’è? — chiese Jock.
— Un osservatorio — disse Ponter. — Voi inserite i vostri grandi telescopi in strutture semisferiche, ma noi preferiamo quelle cubiche.
Jock era sbalordito. Osservare le stelle dal Greenwich Village!
— C’è anche molta fauna selvatica?
— Oh sì. Castori, orsi, lupi, volpi, procioni, cervi, lontre… per non parlare di quaglie, pernici, cigni, oche, tacchini, e milioni di colombe migratrici. — Pausa. — Peccato che sia autunno, altrimenti, in primavera, avresti visto le rose fiorite e molte altre specie floreali.
Proseguirono a bassa quota lungo l’East River, acque blu che lambivano coste erbose. Il pilota seguì il corso del fiume lungo l’ansa a nord; infine, dopo un paio di chilometri, atterrò su un ampio prato circondato da meli e peri. Scese per primo il consigliere Bedros, seguito da Ponter e Adikor, quindi dal segretario generale dell’ONU. Infine Jock e il resto del gruppo. L’aria era limpida e frizzante; il colore del cielo sembrava quello estivo in Arizona.