Li accolsero alcune personalità locali (tutte donne) e un paio di Esibizionisti. Altri discorsi di rito, tra cui quello della presidentessa del Consiglio dei Grigi. Jock valutò che avesse all’incirca la sua età, quindi doveva appartenere alla generazione… vediamo… 142. La presidentessa si era rasata la testa a zero tranne una lunga coda di cavallo argentea. Jock la giudicò una megera, perfino per gli standard neanderthaliani.
La donna terminò con un invito a un pranzo ufficiale, a base di ostriche ed enormi aragoste, quindi passò la parola a Ponter.
— Grazie — disse Ponter, mettendosi di fronte al gruppo. Non era facile seguirlo: i neanderthal non avevano potenti impianti audio, e Jock e compagnia erano sprovvisti di Companion. — Abbiamo dovuto faticare non poco per identificare, sulla nostra versione della Terra, il punto che corrisponde alla sede delle Nazioni Unite. Come sapete, noi non abbiamo nessun sistema satellitare, e i nostri esploratori si stanno ancora accanendo in discussioni: potremmo essere fuori bersaglio di qualche decina di metri, anche se speriamo di risolvere al più presto il problema. In ogni caso… — indicò — vedete quegli alberi? Riteniamo che lì sia il punto corrispondente all’ingresso del Palazzo di vetro.
Jock si sentiva come Hansel e Gretel. Quella era New York?! Erano passati pochi secoli da quando Peter Minuit, nel 1626, aveva acquistato Manhattan dagli indiani per il prezzo di 24 dollari; e all’epoca l’isola era incontaminata come quella che vedeva adesso.
Gli altri membri della delegazione parlottavano tra loro, e il succo dei discorsi era lo stesso.
Ponter s’incamminò in direzione della sponda dell’East River. Si trovava più vicina di quanto avrebbe dovuto essere; del resto, gran parte dell’attuale Manhattan sorgeva su terra di riporto. Il neanderthal si inginocchiò a riva e immerse le mani a coppa, quindi si spruzzò ripetutamente la faccia.
A molti delegati sfuggì il senso del gesto, ma non a Jock. Ponter stava dimostrando che quella era acqua assolutamente incontaminata. Jock sospirò. Se solo la sua umanità avesse potuto fare tabula rasa dei disastri compiuti e ricominciare…
28
“Sono convinto che noi, gli umani di questa Terra, prima che passi un altro decennio dovremmo essere in condizione di inviare sul pianeta rosso un team misto, internazionale…”
Mary e Bandra avevano seguito in TV le notizie dall’isola di Donakat. Ponter aveva speso parecchie parole sulla difficoltà di realizzare un nuovo varco in superficie, visto che il computer quantistico originale era stato costruito sottoterra proprio per proteggerlo dalle radiazioni solari, che potevano comprometterne il funzionamento. Tuttavia, proprio mentre Ponter e Adikor “sfondavano” (in tutti i sensi), un team femminile in Europa era impegnato in un complesso esperimento di fattorizzazione dello stesso tipo, e ora stavano arrivando a Donakat via nave per aggiornarli sui loro risultati.
— Mi sembra che tu abbia scelto un uomo migliore — commentò Bandra davanti al Voyeur.
Mary sorrise. — Ti ringrazio.
— Da quanto tempo lo conosci?
Mary era imbarazzata. — Solo dal 3 agosto.
Bandra attese che il Companion le traducesse la data. Mary si aspettava un discorso del tipo: “Ma tesoro, non precipitiamo le cose, eccetera eccetera”, invece Bandra disse: — Sei stata davvero fortunata.
Mary annuì. Se con Colm, dopo un lungo fidanzamento, aveva nutrito dubbi fino sull’altare, con Ponter aveva solo certezze ormai. Se una storia funziona, non è mai troppo presto.
— Carpe diem — disse.
Il traduttore di Bandra emise un hip.
— Chiedo scusa — disse Mary. — Ho usato un’espressione in un’altra lingua, il latino. Significa: cogli l’attimo. Non passare tutta la vita tra i rimpianti, ma afferra al volo l’occasione e goditela.
— Un’ottima filosofia di vita — disse Bandra, alzandosi dal divano. — Allora cogliamo il momento opportuno per la cena.
Mary la seguì in cucina. C’era un grosso apparecchio che conservava gli alimenti sotto vuoto, senza bisogno di refrigerazione, e un forno a raggi laser. In cima al “frigo” (impropriamente detto) si apriva uno schermo quadrato su cui erano elencati gli alimenti contenuti. — Ti va il mammut? — chiese Bandra.
— Certo che sì! Non vedevo l’ora di assaggiarlo!
Bandra sorrise; quindi aprì l’apparecchio, che emise un sibilo, e prese un paio di tagli di carne. Poi li inserì nel forno laser, dandogli alcune istruzioni a voce.
— Dev’essere un’impresa eroica andare a caccia di mammut — disse Mary.
— Io non ci sono mai andata, ma quelli che lo fanno di professione affermano che la tecnica è semplice. — Fece spallucce. — Però, come dite voi: il cosiddetto maligno si acquatta nelle minuzie.
Mary ruminò sulla traduzione fornitale da Christine. — Ah — fece. — Il diavolo si cela nei dettagli.
— Esattamente esatto!
Mary rise. — Mi mancherai, quando sarò di nuovo nel mio mondo.
Bandra le rivolse un sorriso. — Mi mancherai tanto anche tu. Ogni volta che tornerai tra i barast, qui sarai sempre la benvenuta.
— Ti ringrazio, ma…
Bandra alzò una mano. — Lo so, verrai solo in occasione dei Due-Uno, e quindi passerai il tempo con Ponter, e io con…
— Mi dispiace tanto, Bandra. Dobbiamo trovare una soluzione.
— Ora non ci fissiamo su questo. Cogliamo gli attimi che trascorreremo ancora insieme.
— Carpe diem?
— Esattamente esatto!
La cena fu squisita. Il mammut aveva un sapore denso, ricco, e il contorno d’insalata in zucchero d’acero era una vera prelibatezza.
Mary si abbandonò sulla sedia a sella ed emise un sospiro di soddisfazione. — L’unico neo è che qui non abbiate il vino.
— Vino? — chiese Bandra.
— Una bevanda alcolica, preparata dalla fermentazione dell’uva.
— Ed è buono?
— Sì, ma non si tratta solo di questo. L’alcol stimola il sistema nervoso centrale, perlomeno nei gliksin, dando una sensazione di relax.
— Io sono già rilassata — disse Bandra. Mary sorrise. — Anch’io.
Sul “Globe and Mail” che Ponter aveva rimediato a Mary c’era un articolo sulla “barzelletta più divertente del mondo”. Non che facesse crepare dal ridere, ma era stata ritenuta divertente dal maggior numero possibile di persone, al di là delle barriere culturali.
Mary decise di scoprire se funzionasse anche con una neanderthal, tanto più che era una storiella sul tema della caccia. Una sera sul tardi, dopo aver preparato un po’ il terreno, la racconto così a Bandra:
— Allora, senti. Ci sono due tizi che sono usciti a caccia, ok? All’improvviso uno dei due crolla a terra. Ha gli occhi sbarrati, sembra che non respiri più. L’altro allora chiama il 118… il nostro numero telefonico per i casi di emergenza, siccome non abbiamo i Companion… usa un cellulare, hai presente?… Insomma il tizio, in preda al panico, dice: “Aiuto! Ero uscito con il mio amico Bob, e lui all’improvviso si è accasciato, ho paura che sia morto. Che devo fare? Che devo fare?”. E l’operatrice gli risponde: “Si calmi. Respiri lentamente. Segua attentamente le mie istruzioni. Punto uno: si accerti che il suo amico sia davvero morto”. “Okay.” L’uomo posa il telefono, si allontana di qualche passo, e si sente: bang!… Poi torna al telefono e dice: “Fatto. E adesso?”.
Bandra rise talmente che aveva le lacrime agli occhi. — Fortissima!
— Vero? — disse Mary, con un sorriso da un orecchio all’altro che avrebbe fatto concorrenza a quello di Ponter.
Trascorsero il resto della serata a spettegolare sulle rispettive famiglie, a raccontarsi barzellette, ad ascoltare musica barast attraverso gli impianti cocleari. Prima di sposare Colm, Mary aveva una serie di amiche che però pian piano dopo il matrimonio aveva perso, e non ne aveva acquisite di nuove. Uno dei lati belli della società neanderthaliana invece era che facilitava le amicizie con persone dello stesso sesso. Anche se loro due venivano “da pianeti diversi”, Bandra era proprio il genere di confidente che Mary avrebbe sempre voluto: tenera, intelligente, generosa, spiritosa.