— Be’…
— Dico bene?
Non che avesse bisogno della risposta. Cornelius aveva letto così spesso il contratto collettivo tra il sindacato docenti e il Consiglio d’istituto che avrebbe potuto recitare a memoria gli articoli incriminati.
— Cornelius, mi dispiace… — disse lei dopo interminabili secondi.
— Chiunque si trova più avanti, nella lista, di un uomo di pelle bianca e senza difetti fisici.
— Ma solo perché…
Qaiser tacque, e Cornelius le piantò addosso le pupille. — Sì?
Lei si mosse nervosamente sulla sedia. — Solo perché in passalo i bianchi e i forti hanno sempre avuto i posti d’onore.
A Cornelius tornò in mente l’ultima volta che aveva sentito quella frase: l’aveva detta a un party il classico liberal piagnone, bianco. Cornelius gli era volato addosso e lo aveva assordato urlando che non doveva pagare luì gli errori dei suoi antenati, e quindi…
E quindi si era reso ridicolo a quella festa. Se ne rese conto solo adesso.
— Forse hai ragione — le disse. — Come recitava quella vecchia preghiera? “Dio, dammi la serenità per accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio per cambiare quelle che posso cambiare, e la saggezza per distinguerle.” — Pausa. — In questo caso vedo bene la distinzione.
— Mi dispiace tanto, Cornelius.
— Perciò, tanti saluti. — “Porto via le palle” pensò, ma non era appropriato.
— Molte università seguono questi stessi protocolli. Dove andrai?
— In qualche istituzione privata, magari. Insegnare mi piace, ma…
Qaiser annuì. — C’è il boom dell’Ingegneria genetica, con un sacco di opportunità. E poi…
— E poi — concluse Cornelius — siccome è una branca nuova, non ci sono vecchie ingiustizie da riparare.
— Ehi, sai cosa farebbe per te? Il gruppo Synergy!
— Che roba è?
— Un think tank del governo americano impegnato nello studio dei neanderthal. Sono quelli che hanno assunto Mary.
A Cornelius l’idea di lavorare gomito a gomito con Mary non faceva impazzire. Ma Qaiser soggiunse: — Ho sentito che le hanno offerto 150.000 dollari USA.
Gli venne un colpo. Corrispondevano a… Dio mio, un quarto di milione di dollari canadesi. Ecco uno stipendio confacente a un laureato a Oxford come lui.
Anche se… — Non mi va di invadere il territorio di Mary.
— Non lo faresti affatto — disse Qaiser. — Per quanto ne so Mary ha lasciato la Synergy. Daria Klein ha ricevuto da lei un’e-mail in cui dice che si è data alla vita dei nativi, trasferendosi in modo permanente nell’universo neanderthal.
— Permanente?
— Così pare.
Cornelius ci pensò. — Allora, non farà male presentarsi a quei signori.
— Ma certo! — esclamò Qaiser, apparentemente lieta di rendersi utile. — Ascolta, permettimi di scriverti una lettera di presentazione. Scommetto che stanno cercando un genetista per sostituire Mary, e tu… tu sei specializzato a Oxford al Centro per le biomolecole antiche, vero? Saresti l’uomo giusto al posto giusto.
Cornelius si era trasformato in un maniaco a causa delle sue frustrazioni. Ora, per uno strano giro del destino, quell’atto (con le sue conseguenze), stava finendo per offrirgli la carriera su un piatto d’argento. — Ti ringrazio, Qaiser — disse, sorridendole. — Davvero.
30
“Comunque, che i neanderthal vengano o no con noi, dovremmo imparare a guardare il pianeta rosso come lo guardano loro. Marte non è il simbolo della guerra ma della salute, della vita. E se attualmente, forse, è privo di vita, ciò non significa che dobbiamo lasciarlo in quella condizione…”
Era il momento per Mary di consegnare a Jock il codificatore di codoni, così che lui lo potesse portare su…
Su “dove”? I barast chiamavano il pianeta con il singolo appellativo di “Jantar”, ma per i gliksin poteva essere Earth, Terra, Terre (francese), Tero (esperanto), Gea (termine ambientalista derivato dal greco ghé), Zemlja (russo), Jorden (svedese), Eretz (ebraico), Ard (arabo), Zamin (farsi), Diqiu (cinese), Chikyuu (giapponese)… A Mary piaceva in particolare il nome che le davano i tahitiani: Vuravura. Ponter la chiamava spesso “il mondo di Mèr”, ma c’era da dubitare che la definizione prendesse piede.
Insomma, Jock avrebbe portato il codificatore… in gliksinia.
Hmm, bruttino. Allora, Sapientia? Oppure…
Nel frattempo era arrivato il cubo volante che aveva prenotato. Prese posto su uno dei sedili posteriori, e disse:
— Alla miniera di Debrai.
Il conducente la osservò con aria imperturbabile. — Si torna a casa?
— Non io — rispose Mary. — Qualcun altro.
Mary ebbe un sussulto di gioia quando notò Ponter in mezzo al gruppo che rientrava dall’isola di Donakat. Però si era ripromessa di comportarsi da brava nativa, quindi non corse ad abbracciarlo. I Due non erano Uno.
Tuttavia, in un momento in cui nessuno vedeva, gli lanciò un bacio da lontano; lui sorrise a trentadue denti.
Poi Mary si accostò a Jock con il fagotto sottobraccio.
— “Temo i gliksin anche quando portano doni” — disse, riadattando Virgilio.
— Mary! — esclamò Jock.
Lei gli fece cenno che doveva parlargli in privato. Un Esibizionista fece atto di seguirli, ma lei lo dissuase fulminandolo con lo sguardo.
— Allora — disse Mary a Jock — che te ne pare di questo mondo?
— Assolutamente sbalorditivo. Sapevo, in teoria, che noi avevamo strapazzato l’ambiente, ma finché non ho visto questo spettacolo… — fece un ampio gesto all’intorno. — È come essere tornati al paradiso terrestre.
Mary rise. — Peccato che sia già occupato, eh?
— Già — rispose Jock. — Torni indietro con noi, o resti ancora un po’ in giardino?
— Se a voi non crea problemi, vorrei fermarmi ancora qualche giorno. — Cercò di non sorridere in modo troppo sfacciato. — Sto facendo… molti progressi. — Mostrò il pacco. — Però c’è qualcosa che ti chiederei di portare via.
— Che cos’è?
Mary scrutò a destra e sinistra, poi alle sue spalle, infine si accertò che Jock non avesse un Companion. — Un sintetizzatore barast di DNA.
— Perché vuoi che lo porti io? Non puoi farlo tu, appena ti capiterà?
Lei abbassò il volume di voce: — Si tratta di tecnologia illegale. Non dovrei esserne in possesso… né io né nessun altro. Ma è un vero miracolo scientifico. Ne ho dato una breve descrizione, si trova in alcuni fogli infilati nel pacco.
Jock era visibilmente impressionato. — Tecnologia illegale? Sapevo di aver avuto una buona idea ad assumerti.
E all’improvviso Mary si svegliò. Le ci volle qualche istante a distinguere qualcosa nell’oscurità, e ricordare dove si trovasse.
Accanto a lei dormiva una figura robusta, che la scaldava con il proprio calore. Ponter?
No. Non ancora.
Era Bandra, con cui condivideva il letto da alcune notti.
Mary guardò il soffitto, su cui si distinguevano cifre digitali barast che indicavano l’ora. Di per sé sarebbe stata in grado di leggerle, ma ora aveva ancora la vista offuscata. Pian piano però le decifrò: 8 decimi e mezzo. Le 3 del mattino.
Resistette alla tentazione di saltare giù, anzi fuori dal letto. Non perché la urtasse dormire insieme a una donna; quella era una novità a cui si era abituata sorprendentemente in fretta. Ma il pensiero che le aveva interrotto il sonno continuava a perseguitarla.
Già in passato, in alcune occasioni, si era svegliata di soprassalto con un’idea geniale in testa. Poi si era riaddormentata, e al mattino l’idea si era dileguata. Ma questa volta il pensiero che le era venuto, questa intuizione meravigliosa, oh sì, meravigliosa, non sarebbe svanita alle luci dell’alba. Stavolta era troppo importante.