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— Adesso però lui può fare del male a te.

— Non lo rivelerà mai.

— Come puoi esserne sicuro?

— Perché questo riporterebbe a galla anche i suoi crimini. Se non al mio processo, a un altro.

— Forse sì — disse Mary, ancora furiosa. — Ma il giudice potrebbe stabilire che Cornelius ha già ricevuto una punizione più che sufficiente, visto che la legge canadese non prevede la castrazione. Perciò resterebbe a piede libero, e potrebbe fare di tutto per fare sbattere te in galera.

— Eppure, l’opinione pubblica scoprirebbe che lui è uno stupratore, con tutte le conseguenze.

— Avresti dovuto parlarne a me prima.

— Te l’ho detto: non avevo previsto di fare questo… questo…

— Questa vendetta — disse Mary, ma in tono piatto, come se stesse solo insegnando una parola nuova. Scosse la testa. — Non avresti dovuto farlo.

— Lo so.

— E senza dirmi nulla! Cristo, Ponter, tra noi non ci devono essere segreti!

Lui contemplò le fredde acque grigie del lago. — Il motivo è che penso di essere al riparo da ripercussioni, su questo pianeta. Ma se lo si scoprisse nel mio mondo…

— Che succederebbe?

— Verrei giudicato una persona violenta.

— Ti fidi di quel bastardo di Ruskin per mantenere un segreto, ma non di me!

— Non è quello. È che, se ti avessi rivelato l’accaduto, nei nostri archivi degli alibi sarebbe rimasta registrata la conversazione. E se per qualche motivo il tribunale barasi avesse aperto gli archivi, allora…

— Cosa? Cosa?

— Non sarei stato punito solo io, ma anche Mega e Jasmel.

“Oh Dio” pensò Mary. “Ora tutti i conti tornano.”

— Mi spiace — continuò Ponter. — Per ciò che ho fatto a Ruskin, e a te. — La guardò negli occhi. — Credimi, non è stato un peso facile da portare.

E di colpo, Mary comprese. — Lo scultore di personalità!

— Sì, è per questo che sono andato da Jurard Selgan.

— Non a causa della violenza che avevo subito…

— No, non direttamente.

— … ma a causa di ciò che tu avevi fatto.

— Sì.

Mary emise un lungo sospiro, che portò via la rabbia e tanti altri sentimenti. Ponter non la accusava per ciò che era successo. — Ponter — disse in un sussurro. — Oh, Ponter, Ponter…

— Io ti amo, Mèr:

Lei scosse il capo, chiedendosi quale fosse la prossima mossa.

34

“Un carisma che ci spinge ad andare sempre oltre, sempre oltre…”

Il Bristol Harbour Village era la realizzazione del sogno di un progettista di nome Fred Sarkis: cinque condomini di lusso appollaiati al di sopra delle rive del lago Canandaigua, uno dei Finger Lakes. Era stato costruito agli inizi degli anni 70, prima che l’economia di Rochester crollasse. Una bizzarria architettonica in stile Expo ’67, con ponti di collegamento di tutti i tipi, che avrebbero fatto la felicità dell’uomo ragno.

Tuttavia quel quartiere non era mai veramente decollato, nonostante i campi da golf e le piste da sci. ancora adesso c’erano parecchi alloggi contrassegnati da cartelli VENDESI, AFFITTASI. Di celebrità ce n’erano passate poche, però Mary sospettava che due neanderthal avrebbero potuto rinverdire la fama del luogo.

Mary affittò un appartamento di 100 mq, su due livelli, con due camere da letto. La moquette era ancora quella originale, di un arancione spaventoso. In compenso la vista sul lago era stupenda. Dal balcone superiore l’occhio spaziava libero; da quello inferiore si potevano ammirare le cime di quelle piante testarde che si inerpicavano per le coste scoscese. Da entrambi, si vedeva la sopraelevata di cemento che collegava l’ascensore esterno alla spiaggia.

— Finalmente una casa come si deve — commentò Ponter. — Le comodità moderne in mezzo alla natura. Sembra quasi di essere nel mio mondo.

Mary cuoceva bistecche su una griglia elettrica, mentre Ponter gustava il paesaggio e Adikor si interessava a un ragno impegnato nella scalata della ringhiera.

Quando fu ora di cena, i due uomini si servirono usando gli appositi guanti, mentre Mary tornò a coltello e forchetta. Quella era la parte facile della serata, pensò lei; presto o tardi, però, doveva uscire la domanda…

— Allora, come ci sistemiamo per la notte? — disse Adikor.

Mary inspirò a lungo. — Pensavo che io e Ponter potremmo…

— Eh no, no, no — disse Adikor. — I Due non sono Uno. Tocca a me dormire con Ponter.

— Sì, ma questa è casa mia, nel mio mondo — rimbeccò lei.

— Ciò è irrilevante. Ponter è il mio legittimo compagno; voi due invece non avete ancora celebrato il Legame.

— Fermi, fermi! — fece Ponter. Quindi sorrise a entrambi, ma per un po’ non disse alcunché. Alla fine azzardò:

— Potremmo dormire tutti e tre ins…

— No! — esclamarono Mary e Adikor all’unisono. “Cristo!” pensò lei.

— Sul serio — disse poi Mary — penso sia più logico se io e Ponter…

Ossa! — controbatté Adikor. — È invece evidente che…

— Tesoro… — intervenne Ponter. — Tesori miei, sapete benissimo quanto io voglia bene a entrambi. Ma ha ragione Adikor: in circostanze normali, in questo periodo del mese sto con lui. — Fece una carezza al compagno.

— Mèr; è una situazione alla quale ti devi abituare. Sarà così per tutto il resto della mia vita.

Mary si voltò verso il lago. Sulla sponda opposta, a un paio di chilometri di distanza, indugiavano gli ultimi barlumi del sole. Chissà, forse se avesse azionato al massimo il termoconvettore della propria camera da letto, avrebbe coperto tutti i rumori molesti…

Le cose stavano come diceva Ponter: doveva abituarsi.

— E va bene — disse, chiudendo gli occhi. — Ma allora toccherà a voi due preparare la colazione.

Adikor strinse la mano a Ponter e sorrise a Mary. — Affare fatto — disse.

Il codificatore di codoni veniva messo al sicuro nella cassaforte che Jock aveva fatto realizzare per prima cosa appena acquistato il palazzo. La cassaforte, incassata in una soletta di cemento, rispondeva a tutti i requisiti richiesti dal ministero della Difesa per essere inespugnabile e a prova di lanciafiamme.

L’oggetto usciva di lì solo quando voleva trafficarci un po’, come adesso. Su un lato della scrivania c’era l’interfaccia creata da Lonwis per scaricare schemi alfanumerici dal PC di Jock al codificatore di codoni. In quel momento sul monitor del computer compariva una delle formule elaborate da Cornelius; ovviamente, Jock gli aveva detto che si trattava di esercitazioni a scopo preventivo, tanto per immaginare possibili scenari prodotti da un uso distorto dell’invenzione.

Le norme prevedevano di passare l’apparecchiatura al Pentagono, ma quei figli di puttana l’avrebbero usata contro i “veri umani”. No, questa era per Jock la grande opportunità, e non se la sarebbe lasciata soffiare. In una fase ancora così sperimentale nei rapporti tra i due universi, sarebbe sembrato un incidente: “Ops, qualche maledetto virus è finito per errore dall’altra parte”. Che peccato. Avrebbe spopolato l’Eden, facendo una sola vittima tra i gliksin: l’ormai inutile Cornelius Ruskin.

Sarebbe stato messo al corrente solo dello stretto indispensabile. Per esempio, nessun genetista sapeva quale fosse il portatore sano del virus Ebola. Viceversa il governo USA lo aveva scoperto fin dal 1998: si trattava dell’uccello chiamato “becco a scarpa”, Balaeniceps rex. Informazione top secret, altrimenti qualcuno poteva approfittarsene.

Né Ruskin sapeva che il genoma dell’Ebola era già stato sequenziato, perciò pensava che la stringa genetica che stava manipolando fosse puramente teorica. Senza saperlo, stava producendo una versione ibrida, che combinava la virulenza del ceppo Eboia-Zaire alla capacità dell’Ebola-Reston di trasmettersi per via aerea.