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Qualche altra modifica, e il periodo di incubazione del virus era stato portato a un decimo di quello naturale, e il suo tasso di mortalità innalzato dal 90 per cento al 99 percento. Infine, erano stati sostituiti i marcatori genetici che avrebbero tradito l’identità del portatore sano.

La seconda parte del progetto era stata ancora più ardua, ma Cornelius ci si era buttato come un cane sull’osso. Ricevere 200.000 dollari per una consulenza era un discreto incentivo.

Sulla carta, l’idea era abbastanza semplice: impedire al virus di attivarsi finché non fosse stato ospitato da cellule di un certo tipo. Per fortuna i dieci sapientoni neanderthaliani procurati da Tukana Prat avevano diffuso molte delle conoscenze in loro possesso, incluso il genoma barast completo. Grazie a quel dato, era possibile chiedere al virus di uccidere solo le vittime predestinate.

Ormai restava solo un punto: trasferire il virus. All’inizio Jock pensava che la soluzione più semplice fosse di infettarsi (tanto super-Ebola era inefficace contro un umano con 23 coppie di cromosomi) e attraversare il varco; poi si ricordò delle procedure di decontaminazione.

Occorreva una bomba-spray nascosta dentro un contenitore impermeabile ai laser. E qui sarebbe entrata in azione la sua squadra di esperti di ottica; tanto più che anche le tecnologie laser di decontaminazione erano state passate dai neanderthal ai sapiens.

Jock fece una chiamata interna. — Kevin? Qui Jock. Per favore, tu, Frank e Lilly potreste venire nel mio ufficio? Ho un lavoretto per voi.

Mary aveva trovalo una soluzione a breve termine al problema di lavorare nello stesso edificio con Ruskin: arrivare tardi e andarsene tardi dal lavoro. Cornelius terminava il turno prima ancora che lei arrivasse.

Ponter e Adikor venivano con lei, trascorrendo quindi gran parte del tempo al computer quantistico insieme a Lonwis, e a volte con Louise, che però seguiva orari normali.

Mary stava scrivendo a beneficio di Jock un Rapporto in cui elencava tutte le nozioni di Genetica che aveva raccolto da Lurt, Vissan e altre scienziate neanderthal. Un lavoro allo stesso tempo esaltante e deprimente. Esaltante per le tante cose imparate, deprimente al pensiero che quasi tutto ciò che lei sapeva era ormai obsoleto. Comunque…

Rumore di passi di qualcuno che correva in corridoio.

— Mèr! Mèr!

Adikor si affacciò alla porta. Era pallido in viso. — Lonwis Trob è svenuto! Abbiamo bisogno di un medico!

Lei si alzò e corse al laboratorio.

Lonwis giaceva supino, con gli occhi che si aprivano e chiudevano a scatti. Quando erano aperti mostravano solo una liscia superficie metallica; le iridi erano ruotate verso l’interno.

Accanto a lui si era inginocchiato Ponter. Con una mano eseguiva una versione neanderthaliana del massaggio cardiaco, ma senza successo. Il Companion dorato di Lonwis trasmetteva informazioni in lingua barasi dall’altoparlante esterno.

Mary compose il numero di emergenza.

— Vigili del fuoco, polizia o un’ambulanza? — chiese l’operatrice.

— Un’ambulanza!

— Che cosa è successo?

— Un infarto. Presto!

L’operatrice doveva leggere sul display l’indirizzo della chiamata. — L’ambulanza è partita. Sa come eseguire rianimazione?

— Sì, ma lo sta già facendo un’altra persona. E… senta, l’uomo che ha avuto l’infarto è un neanderthal.

— Signora, è punibile per legge chi…

Non è uno scherzo! Chiamo dal gruppo Synergy, un’unità speciale del governo americano. Ci sono dei neanderthal in questo edificio.

Ponter proseguiva l’operazione. Adikor aveva preso dal cinturone medico di Lonwis un iniettore a gas compresso e lo aveva premuto contro il collo dell’anziano scienziato.

— Lei come si chiama? — chiese l’operatrice.

— L’ambulanza sta arrivando? L’ha già avvisata?

— Sì, signora: è già per strada. Mi può fornire il suo nome?

— Mary Vaughan. V-a-u-g-h-a-n. Sono una genetista.

— Che età ha il paziente, signora Vaughan?

— Cento-otto… no, anche adesso non sto scherzando. Si tratta di Lonwis Trob, uno dei neanderthal che un mese fa è andato all’ONU.

Sulla porta apparve Stan Rasmussen, l’esperto in geopolitica. Mary coprì la cornetta e gli disse: — Lonwis ha avuto un infarto. Chiama Jock! — Lui si precipitò.

— Le passo un’infermiera — disse l’operatrice.

Si sentì una diversa voce femminile. — È in grado di descrivere le condizioni del paziente?

— No — rispose Mary — ma la metto in contatto con il suo Companion. — Prese tutto il telefono e si spostò accanto al gruppo. Poi impostò l’impianto artificiale di Lonwis: — Modalità lingua inglese. Rispondi alle domande che ti verranno fatte. I soccorsi stanno arrivando…

35

“Alcuni di noi, comunque, rimarranno stanziali su Marte. Ora, nei testi di scienza e fantascienza si è parlato spesso di terraformazione: trasformare Marte in una nuova Terra, accrescendone l’atmosfera e sciogliendone i ghiacciai in modo da renderlo un pianeta abitabile per l’uomo…”

Jock, Ponter e Adikor erano allo Strong Memorial Hospital insieme a Lonwis Trob, ancora privo di sensi. Quanto a Mary, non c’era nulla che potesse fare ed era rimasta alla Synergy come voleva Jock.

Le ci volle un’ora buona a calmarsi abbastanza da poter riprendere il lavoro. E quando finalmente ci riuscì, tutto andò in malora.

Mary aveva un amico che era un apostolo di Linux. Lei tendeva a non immischiarsi nelle polemiche informatiche, ma ogni volta che il suo PC Windows assumeva il colore blu della morte le veniva tanta voglia di aggregarsi alla guerriglia linuxiana. Ed ecco che adesso le succedeva di nuovo, per la seconda volta in un giorno: CONNESSIONE AL SISTEMA FALLITA.

Mary sospirò. Erano le 7 di sera, ma non poteva staccare perché Ponter e Adikor avevano bisogno di lei per tornare fino al Village, a qualunque ora fossero tornati dall’ospedale.

Però, a ben pensarci, lì dentro i computer non mancavano. In particolare, alla postazione di Jock c’era una poltroncina ergonomica che aveva un’aria così confortevole…

Mary scese al piano di sotto. La porta dell’ufficio di Jock era spalancata. Lei si diresse verso la postazione in metallo nero e plastica, con schienale a maglie fitte che, almeno in teoria, evitava la sudorazione. Eccitata dalla trasgressione si abbandonò voluttuosamente sulla sedia del capo.

“Ma allora la pubblicità diceva il vero!” pensò. Si divertì a ruotare a destra e sinistra con lievi colpetti del piede. Deciso: costasse quel che costasse, se ne sarebbe procurata una.

Terminata la pausa relax, si mise al lavoro. Jock, ricevuto l’allarme per l’infarto di Lonwis, era corso fuori dall’ufficio lasciando il computer connesso. Mary non era sicura al 100 per cento che la sua password avrebbe funzionato anche da quella postazione, perciò decise di restare collegata come “Jock”. Andò sul file-server e aprì la cartella GENETICA NEANDERTHAL, dove…

“Oh!” Era la cartella che Mary usava più spesso, ma qui comparivano due icone mai viste prima. La prima reazione fu di stizza: il crash del suo computer, al piano di sopra, doveva averla esclusa dalla directory principale.

Fece doppio click su una delle icone misteriose, che mostrava una doppia elica rossa e nera. Doveva essere il logo di qualche laboratorio di Ingegneria genetica, ma il simbolo le risultava nuovo.

Un attimo dopo si aprì una finestra, con la scritta “USAMRIID Geneplex-Surfaris” sulla barra e una schermata di testo e formule. L’acronimo USAMRIID era piuttosto frequente nella letteratura specializzata; stava per Istituto medico di ricerca dell’esercito USA sulle malattie infettive. Geneplex doveva essere il nome di un programma di ricerca. Surfaris, per quanto la riguardava, equivaleva a hic sunt leones.