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Un agente con la pancia che gli ballava al di sopra del cinturone si stava avvicinando dall’ufficio della dogana.

Fece cenno a Mary di parcheggiare sulla piazzola di fronte all’edificio. Lei, finora, si era fermata lì solo in alcuni casi in cui aveva un bisogno disperato del bagno.

— La signora Vaughan? Mary Vaughan? — chiese il doganiere.

— Sì.

— La stavamo aspettando. Stiamo inoltrando una chiamata per lei.

Mary era sbalordita. — Per me?

— Sì. È un’emergenza. Venga!

Le due donne lo seguirono nell’ufficio. L’agente prese la cornetta del telefono e disse: — La signora Vaughan è arrivata. — E le passò la linea.

— Pronto? — fece Mary.

— Mary, finalmente! — esclamò una voce con accento giamaicano.

— Reuben! — Vide che sul viso di Louise era comparso un sorriso. — Che succede?

— Dio benedetto, ragazza mia, ma perché non ti compri un cellulare? — rispose lui. — Ascolta, sapevo che tu e Louise vi stavate dirigendo a Toronto, ma penso sia meglio che dirottiate su Sudbury. E in fretta!

— Perché?

— Il tipo ha appena attraversato il varco.

Mary ebbe un tuffo al cuore. — Cosa? E come ha fatto, così presto?

— Ha preso l’aereo, come dovreste fare anche voi. Vi ho prenotato un posto sul Nickel Pickle. — II Nickel Pickle era il jet privato della Inco. — Ho avuto un puro colpo di fortuna a scoprire che Jock era passato di là: l’ho notato sull’elenco dei viaggiatori trans-universo, mentre inserivo un altro nome.

— Perché nessuno lo ha fermato?

— E perché avrebbero dovuto? Ho parlato con gli agenti canadesi all’Osservatorio: Jock ha un passaporto diplomatico, può andare e venire come gli pare. Comunque, ho spedito via fax alla dogana una mappa per permettervi di raggiungere la base di decollo.

39

“Sì, perché è una nuova Era, quella in cui stiamo entrando. Il Cenozoico, ‘epoca della vita recente’, si è concluso. Sta per iniziare il Novozoico…”

— Emergenza medica! — gridò Reuben. — Immediatamente al livello inferiore!

Il tecnico dell’ascensore annuì. — Faccia conto di essere già lì, dottore.

La gabbia metallica li aveva aspettati su richiesta telefonica di Reuben. Mary, Louise e il medico si infilarono nell’ascensore; il tecnico avviò la modalità di discesa senza fermate intermedie. E il gruppo cominciò a calarsi nelle viscere della Terra per una profondità che superava di cinque volte l’altezza delle ex Torri Gemelle.

Nel tragitto fino a lì, i tre si erano muniti di elmetti e giubbotti da minatore, che si infilarono goffamente mentre l’ascensore scendeva sferragliando per il pozzo.

— Com’è la polizia neanderthaliana? — chiese Reuben, urlando per farsi sentire.

— Quasi inesistente — rispose Mary. Aggiunse tra sé: “E speriamo che resti così”. Un mondo senza violenza.

— Quindi dovremo cavarcela da soli? — fece lui.

— Temo di sì.

— E se ci facessimo scortare da qualche militare canadese? — suggerì Louise.

— Non sappiamo chi ci sia dietro questo intrigo internazionale — disse Man’. — Potrebbe essere coinvolto anche il nostro governo.

Louise si voltò verso Reuben, che le si accostò per farle coraggio. Gesto comprensibilissimo, se quei due erano terrorizzati la metà di lei, pensò Mary. Si mise a osservare le pareti del pozzo per concedere loro un minimo d’intimità.

— Il mio vocabolario è ancora carente — le disse Christine nell’impianto cocleare. — Che significa getèm?

Mary non aveva sentito una parola della conversazione tra Louise e Reuben, ma il Companion aveva sensori raffinati. Mary rispose in un sussurro: — E francese: je t’aime, che significa “ti amo”.

— Ah — disse Christine.

E infine, l’ascensore arrivò a destinazione. Davanti a loro, un cunicolo semibuio.

— A che ora è sceso? — chiese Mary, una volta raggiunta la piattaforma da cui si imboccava il varco.

— Chi? — disse il soldato, sollevando un sopracciglio.

— Jock Krieger, del gruppo Synergy.

Il militare consultò un bloc-notes. — Circa tre ore fa.

— Portava qualcosa con sé?

— Mi perdoni, professoressa Vaughan, ma non credo di essere autorizzato…

Reuben fece un passo avanti e mostrò la propria targhetta. — Sono il dottor Montego, responsabile sanitario della miniera. Questa è un’emergenza: Krieger ha un’infezione grave.

— Devo sentire i miei superiori — disse il soldato.

— E lo faccia! Ma per favore ci dica se portava del bagaglio.

Lui ci meditò. — Aveva un trolley.

— Nient’altro?

— Una scatoletta metallica. Reuben guardò Mary. — Merda.

— La scatola è stata sottoposta a decontaminazione?— chiese Mary.

— Certo — rispose il militare, un po’ irritato. — Come tutto.

— Bene. Andiamo — disse Mary.

— Posso vedere i vostri documenti, per favore? Mary e Louise gli mostrarono i passaporti. — Soddisfatto? — disse Mary. — E adesso, via.

— E lei? — chiese il soldato a Reuben.

— Maledizione, le ho appena fatto vedere la mia qualifica alla Inco. Non ho qui il passaporto.

— Il regolamento…

— Cristo santo! — gridò Mary. — C’è un’emergenza!

Il soldato annuì. — E va bene. Avanti.

Mary si introdusse per prima nel tubo Derkers. Sentendo rumore di passi dietro di sé, non perse nemmeno un secondo a controllare che i due la stessero seguendo.

Uscita che fu dal varco, vide un muscoloso tecnico barast dall’aria incuriosita. Doveva essere la prima volta che arrivavano dei visitatori di corsa.

Mary conosceva di vista quel neanderthal. Anche lui la riconobbe; poi, con enorme stupore di Mary, si lanciò dritto contro Reuben.

All’improvviso, lei comprese l’equivoco: il neanderthal pensava che la stessero inseguendo. — No! — gridò.

— Sono con me! Falli passare!

Il volume con cui gridò era tale che Christine, per farsi sentire, dovette attendere che lei tacesse. Quindi dal polso sinistro si sentirono le parole: — Rak! Ta sooparb nolani, rak! Derpant helk!

Già a metà della traduzione il tecnico tentò di frenare, ma scivolò sul lucido pavimento di granito dell’impianto e andò a sbattere contro Reuben, mandandolo a gambe all’aria. Louise inciampò nel corpo del neanderthal e rovinò a terra.

Mary aiutò Louise a rialzarsi, mentre Reuben si tirava da solo in piedi.

Lupal — disse il tecnico. “Chiedo scusa.”

Mary guidò il terzetto, sempre di corsa, su per i gradini fino in sala controllo. Superato un altro neanderthal esterrefatto, proseguirono lungo il cunicolo che portava agli ascensori.

— Fermi! — urlò il secondo barast. — Dovete fare la decontaminazione!

— Non c’è tempo! È un’emergenza! — replicò Mary.

— No! — la fermò Reuben. — Ha ragione lui. Ricordi la malattia di Ponter? Siamo qui per prevenire un’epidemia, non per diffonderla.

Mary bestemmiò. — Okay. — Osservò i due fidanzati. Di sicuro si erano visti nudi molte volte, ma mai lei.

— Spogliatevi — disse, in preda all’ansia. — Tutto, inclusi orologi e gioielli.

Louise e Reuben si erano abituati alle procedure di decontaminazione già all’Osservatorio di neutrini, ma ebbero un attimo di esitazione. — Forza! — disse Mary. — Non c’è un minuto da perdere.

I due cominciarono a sfilarsi gli abiti.

— Lasciate qui i vestiti — disse Mary, gettando i suoi nella cesta. — Nella stanza accanto ne prenderemo altri.