— Mèr? — disse Ponter.
— Cosa?… Oh, sì, certo. Naturalmente.
5
“Quarant’anni fa, il mio predecessore John Fitzgerald Kennedy disse: ‘È il momento per l’America di accelerare il passo… il momento per una nuova grande impresa!’. All’epoca io ero solo un ragazzino del ghetto di Montgomery, ma ricordo bene il brivido di esaltazione che mi diedero quelle parole…”
Mary e Ponter infilarono il viale della villa di Reuben verso le 7 di sera. Parcheggiarono e si diressero all’entrata.
Reuben possedeva un terreno di un ettaro a Lively, piccolo borgo fuori Subduby. A Mary piaceva molto quella casa a due piani, ampia e moderna. Suonò il campanello, e un secondo dopo la porta si aprì rivelando Reuben seguito a ruota da Louise.
— Mary! — esclamò lui, abbracciandola. — E c’è anche Ponter! — Salutò con un abbraccio anche lui.
Reuben Montego era un trentacinquenne di colore, rasato a zero e azzimato. Indossava una felpa con il logo dei Blue Jays.
— Entrate, entrate — li invitò.
— Si rifà la quarantena! — disse Ponter. In effetti, il gruppo dei quattro era lo stesso di allora, quando Ponter si era ammalato e la Sanità li aveva reclusi lì dentro.
— Proprio così, amico mio — rispose il padrone di casa. Mary intanto ammirava il mobilio, che mischiava in modo intelligente elementi canadesi e caraibici, con legno e scaffali dappertutto. Di per sé Reuben era un po’ sciatto nelle faccende domestiche, ma la sua ex moglie aveva gusto.
Mary si sentì subito a proprio agio. Non guastava il fatto che proprio lì si era presa la prima cotta per Ponter, e che quel luogo fosse diventato il suo rifugio inaccessibile, con tanto di sorveglianza armata, due soli giorni dopo che Cornelius Ruskin l’aveva violentata al campus della York University.
— Per quanto, in questa stagione, sia un po’ tardi — disse Reuben — propongo un barbecue.
— Yu-huuu! — fu la risposta entusiasta di Ponter.
Reuben rise. — Benissimo, allora. Datemi solo il tempo materiale.
Louise era vegetariana ma la compagnia dei “carnivori” non la infastidiva. E buon per lei, perché Ponter mangiava come un lupo. Reuben e Louise facevano servizio avanti e indietro; Mary li osservava mentre sfaccendavano in cucina, lavorando gomito a gomito, toccandosi affettuosamente di tanto in tanto. Anche i primi tempi del matrimonio con Colm erano andati così; poi, man mano, sembrava sempre che stessero a intralciarsi a vicenda.
Lei e Ponter si erano offerti di dare una mano, ma Reuben disse che non ce n’era bisogno, e ben presto tutti e quattro furono intorno al tavolo. Mary notò tra sé, stupita, che conosceva quelle tre persone, tra le più importanti in assoluto nella sua vita, da soli tre mesi. Quando i pianeti entrano in collisione, l’evoluzione accelera.
Mary e Reuben usavano coltello e forchetta. Ponter si era portato dei “guanti riciclabili da pasto”: afferrava grossi pezzi di carne e li sbrindellava con le zanne che aveva.
— Sono stati mesi formidabili — disse Reuben, dando voce anche ai pensieri di Mary. — Per tutti noi.
Altroché. Oltre all’arrivo inatteso di Ponter su questa Terra, sull’altra Terra Adikor era stato accusato di averlo assassinato; Jasmel, figlia maggiore di Ponter, era riuscita a ristabilire e a mantenere il varco abbastanza a lungo da recuperare il padre e scagionare Adikor; a sua volta, tornato in patria, Ponter aveva convinto il Gran Consiglio dei Grigi ad aprire un varco permanente tra i due universi paralleli.
Nel frattempo, nel mondo dei gliksin, il campo magnetico terrestre sembrava sul punto di subire un’inversione. Nel mondo dei neanderthal, ciò era successo da poco; l’intero processo di collasso magnetico e ricomparsa del campo si era risolto in soli 15 anni.
Mary si era unita alla squadra di Jock nel gruppo Synergy. Al suo rientro su questa Terra, Ponter era riuscito a individuare l’autore dello stupro suo e di Qaiser Remtulla: Cornelius.
— Davvero — disse Mary. Sorrise alla coppietta che aveva di fronte: erano così carini insieme. Anche lei avrebbe preso volentieri la mano a Ponter, se non ci fosse stato di mezzo quel maledetto guanto.
La discussione procedette ininterrotta dai piatti principali al dessert al caffè (per i sapiens; Ponter prese una Coca-Cola). Mary assaporò ogni secondo di quella serata, pur con un velo di tristezza al pensiero che, in futuro, di occasioni conviviali insieme a Ponter ne avrebbe avute poche e distanziate nel tempo.
— A proposito — disse Reuben — una mia amica dell’Università Laurenziana continua a insistere perché te la presenti.
— Davvero? — chiese Ponter.
— Si chiama Veronica Shannon, è una praticante postdottorato al Gruppo di ricerca di neuroscienza.
Ponter attendeva maggiori ragguagli. Ma non arrivavano, così disse: — Ka? — che nella sua lingua significava: “Sì?”.
— Chiedo scusa — disse Reuben. — Non so bene come introdurre il tema. Avete mai sentito parlare di un certo Michael Persinger?
— Io sì — rispose Mary.
— Chi è? — chiese Ponter.
Ruben posò la forchetta. — Uno arrivato qui ai bei tempi in cui la fuga di cervelli avveniva dagli USA al Canada e non viceversa. Lavora da anni alla Laurenziana, dove ha inventato un marchingegno in grado, tramite stimolazione magnetica, di indurre fenomeni mistici.
— Oggesù, quel Persinger — sbottò Mary.
— Non sembri convinta — disse Reuben.
— Non lo sono, infatti. Tutte cretinate.
— Mi ci sono sottoposto anch’io — disse Reuben. — Non con lui, ma con la mia amica Veronica che ha sviluppato una metodologia di seconda generazione.
— E hai visto Dio? — ridacchiò Mary.
— Oso affermare di sì. — Si voltò verso Ponter. — E qui entri in gioco tu, ragazzo mio. Veronica vorrebbe sperimentare su di te la sua tecnologia.
— E perché? — fece Ponter.
— Come “perché”? — replicò Reuben. — Perché su questa Terra la vostra mancanza di religione ha sollevato un vespaio. Non solo in questo momento non ne avete una, ma non l’avete mai avuta.
— Dio, vita dopo la morte… — disse Ponter. — Tutte cose che… come dire?… svaniscono come foschia alla luce del sole. — Guardò Mary. — Perdonami. So che tu ci credi, ma…
Mary annuì. — Ma tu no.
— Be’ — riprese Reuben — il gruppo di ricerca di Persinger ritiene di aver individuato la radice neurologica della fede degli Homo sapiens in Dio. Veronica vorrebbe scoprire se funziona anche con un neanderthal. Se sì, spetta a loro spiegare perché. Ma Veronica parte dal presupposto che su di te non avrebbe effetto, perché i cervelli neanderthaliani devono essere strutturati in maniera piuttosto diversa.
— Una premessa affascinante — disse Ponter. — La procedura presenta dei rischi?
Reuben scosse la testa. — Assolutamente nessuno. Anzi, mi hanno sottoposto all’esperimento proprio perché, in quanto medico, dessi il nulla-osta. — Sorrise. — Il grosso problema, con questo genere di studi, è che gran parte delle persone che accettano di collaborare sono studenti di Psicologia, e non è detto che la loro psiche sia “tipica”. Veronica mi ha contattato l’anno scorso per chiedermi se qualche minatore di Creighton poteva rendersi disponibile; li avrebbe pagati, ma la società Inco ha prima voluto che io dessi il benestare. Cosa che ho fatto.
— Pagherà anche me? — chiese Ponter. Reuben restò di stucco.
— Ehi, ehi, uno dovrà pur campare! — disse Ponter. Poi gettò la maschera e rise. — Dai, scherzavo! — Guardò Mary. — La cosa che davvero mi interessa è approfondire questo aspetto della tua vita, Mèr. Questo aspetto che per te è fondamentale, ma che per me resta incomprensibile.