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— Siete in dodici, e noi soltanto in nove — protestai.

Kraal si strinse fra le spalle. — Avresti dovuto portare più uomini.

— Non ne avevo altri. L’uomo fece un gesto con la mano come per dire: “È un problema tuo, non mio.”

— Invece di batterci tutti insieme — suggerii — perché non organizziamo un combattimento singolo? Uno contro uno.

Kraal aggrottò la fronte. — E a che scopo?

— Se vincerete voi, i miei uomini torneranno alle loro dimore e non faranno mai più ritorno da queste parti.

— E se perderemo?

— Entrambe le nostre tribù potranno cacciare in questa zona. La selvaggina quaggiù è sufficiente a sfamarci tutti.

— No, Orion. Molto meglio uccidervi tutti e farla finita una volta per sempre. Dopodiché andremo a prenderci le vostre donne. Così qualsiasi altra tribù saprà che questo è il nostro territorio, e che non possono cacciare qui.

— E come faranno a saperlo?

Kraal sembrò sinceramente sorpreso per la stupidità di tale domanda. — Pianteremo dei paletti con le vostre teste in cima, naturalmente.

— Supponiamo — ribattei — che noi uscissimo vincitori dal confronto. Cosa accadrebbe, allora?

— In nove? Con due ragazzi e un invalido? — Kraal proruppe in una risata.

— Uno di noi ha ucciso un drago — dissi, con voce dura.

— Questo è quel che dite.

— È la verità! È la verità! — gridarono i miei uomini.

Li indussi al silenzio con un gesto della mano, perché la mia dichiarazione di potenza non sfociasse in una rissa. Una nuova idea si stava affacciando alla mia mente. Chiesi a Chron di portarmi arco e frecce.

— Sai cos’è questo? — domandai, tenendo l’arco dritto di fronte a Kraal.

— Certo. Ma non è così efficace contro una lancia. L’arco è un’arma da agguato, inutile per il combattimento corpo a corpo.

Porgendogli arco e frecce, dissi: — Prima di dare inizio alla battaglia, perché non cerchi di colpirmi con questo?

Kraal mi guardò, dapprima sorpreso, poi sospettoso. — Cosa vorresti dire?

Portandomi con la schiena contro un vecchio olmo, spiegai: — Scagliami addosso una freccia; io resterò qui fermo.

— Non capisco.

— Non vuoi credere che ho ucciso un drago. Be’, non vedo draghi qui intorno, stamattina; perciò sono costretto a fornirti un altro tipo di prova. Tira!

Perplesso, insospettito, Kraal incoccò una freccia e tese la corda dell’arco. I miei uomini si allontanarono; Kraal sembrava curioso di scoprire a cosa volevo arrivare. Mi accorsi che tirava la corda soltanto fino al petto.

I miei sensi entrarono in ipervelocità, e il mondo sembrò rallentare intorno a me. Le pupille di Kraal si contrassero leggermente mentre prendeva la mira. Un uccello volò pigramente da un ramo a un altro, sferzando l’aria con lentezza infinita.

A soli dieci passi di distanza Kraal lasciò volare la freccia, che vidi avanzare lenta verso di me. Con estrema facilità distesi una mano e ne alterai la traiettoria.

Gli uomini proruppero in un gemito soffocato.

— Adesso — dissi — state a guardare.

Portatomi di fronte a uno degli uomini di Kraal gli dissi di reggere la lancia con tutt’e due le mani, parallela al terreno. L’uomo lanciò uno sguardo in direzione di Kraal, che annuì, quindi fece con riluttanza come gli avevo detto. Con una repentina rotazione del braccio, lanciando un urlo feroce, spezzai in due la lancia col taglio della mano.

Prima che chiunque potesse dire o fare alcunché, mi portai dietro Kraal e lo afferrai per la vita. Lo sollevai sopra la testa, e con una sola mano lo tenni lassù a gridare e a dimenarsi.

— Vuoi sempre combattere, Kraal? — domandai con una risata. — Vuoi proprio che ci prendiamo le vostre donne?

— Mettimi giù! — gridò il capotribù. — Non è questo il modo di combattere!

Lo misi coi piedi per terra e rimasi a guardarlo fisso negli occhi. Era furibondo. E spaventato.

— Kraal, se ci darete battaglia sarò costretto a uccidere te e la tua gente.

Non rispose. Il suo petto si contraeva e si rilassava con movimenti rapidi e violenti, e il sudore formava rigagnoli lungo le sue guance e fra la barba arruffata.

— Ho un’idea migliore — proseguii. — Permetteresti ai miei uomini di entrare a far parte della tua tribù, sotto la tua guida?

— Ma il nostro capo sei tu, Orioni — gridò Noch con voce lamentosa.

— Io sono un estraneo in questa terra, e il mio luogo d’origine è piuttosto lontano. Kraal è un ottimo capo e un valente cacciatore.

— Ma…

Da ambo le parti si levò una marea di obiezioni. Ma se non altro, avevo ottenuto di farli discutere invece che combattere. Il volto di Kraal perse l’espressione di rabbia impotente che aveva assunto e si fece riflessivo. Il capotribù strinse gli occhi a fessura. Stava soppesando attentamente quella nuova possibilità. Lo invitai a visitare il luogo del dio che parla, e mentre procedevamo verso la valle dell’eco continuammo a discutere della fusione dei due gruppi.

Il progetto che era sorto nella mia mente riguardava più della semplice unione di due tribù di cacciatori. In quei boschi dovevano esserci molti più uomini che rettili. Se fossi riuscito a unire tutte le varie tribù in una sola, quella che ne sarebbe derivata sarebbe stata numericamente superiore ai draghi di Set. Sapevo che il nemico disponeva di una tecnologia molto più avanzata di quella dei neolitici, ma grazie al vantaggio numerico e con il tempo a nostro favore avremmo potuto combatterlo su basi più eque.

Il primo passo era quello di far confluire il gruppo di schiavi che avevo liberato nella tribù di Kraal. Non sarebbe stato facile, ne ero cosciente. Ma nessun inizio lo è mai.

8

Kraal rimase molto impressionato dall’eco, ma cercò di nasconderlo.

— Il dio non fa che ripetere quello che dici.

— Quasi sempre, è vero — risposi, accarezzando nella mente una nuova idea. — Ma qualche volta il dio si esprime con parole sue.

L’uomo emise un grugnito, cercando di assumere un atteggiamento di scetticismo.

Fu anche piuttosto impressionato da Anya, che lo salutò coi modi cortesi più adatti nel rivolgersi a una persona importante. Kraal non aveva mai visto un vestito metallico simile a quello che indossava Anya: era praticamente inattaccabile, e teneva lontana la polvere grazie a una carica elettrica superficiale che la faceva brillare come una dea.

Non aveva mai incontrato una donna così bella, e il suo volto barbuto mostrava con una certa evidenza il rimescolio di soggezione, desiderio e concupiscenza che si muovevano dentro di lui. Era dotato di molta esperienza, e sembrò comprendere i vantaggi che potevano derivare dall’unione della sua tribù con quella di Noch. Ma una cosa simile non era mai stata fatta, e Kraal non era certo tipo da accogliere con entusiasmo un’innovazione.

Quella notte banchettammo tutti insieme sul fondo del canyon, raccolti attorno a un fuoco sul quale avevamo posto ad arrostire conigli, opossum, procioni e altri roditori più piccoli. Le donne portarono il pane, un cibo che Kraal e i suoi uomini non avevano mai mangiato prima, mucchietti di noci, carote, bacche e una radice dal sapore piccante che un giorno sarebbe stata chiamata barbaforte.

In giornata avevo discusso a lungo con Anya su ciò che avevo intenzione di fare, e lei era letteralmente deliziata.

— Sei sicura di riuscirci? — le avevo chiesto.

— Sì, certo, non temere.

Era magnifico ammirarne il sorriso, vedere la gioia e la speranza illuminare i suoi occhi grigi.

Finito di mangiare, le donne rientrarono nelle caverne e gli uomini si disposero seduti a cerchio intorno alle braci morenti del fuoco a raccontare storie.