— Ti prego, Orion — disse Kraal con voce triste e soffocata. — Se ti opporrai ci distruggeranno tutti.
Il tradimento era completo. Compresi che Reeva aveva convinto Kraal a passare al nemico. Lui era il capotribù, ma adesso lei era la sua sacerdotessa, e poteva manovrarlo a suo piacimento.
Udii un rumore di passi pesanti attraverso il fogliame. Dietro le misere capanne di fango emersero le teste di due draghi carnivori.
I padroni superarono Kraal e Reeva, portandosi di fronte a me. Erano alti quanto me, più alti degli uomini della tribù di tutta la testa. I loro volti da rettile non manifestavano emozione alcuna, ma in quegli occhi da serpente brillava un odio profondo nei miei confronti.
Silenziosamente, quello alla mia destra stese una mano. Gli consegnai il pugnale. L’avevo vinto sulle pianure di Ilio, davanti alle mura di Troia; Odisseo in persona me l’aveva donato come ricompensa del mio comportamento in battaglia. In quel momento non poteva servirmi a nulla. Eppure separarmi da esso era ugualmente un dolore.
Il padrone produsse un sibilo, quasi un sospiro, e porse a Kraal il mio pugnale. L’uomo lo prese con imbarazzo.
L’altro rettile si voltò verso i draghi e sollevò una mano. I mostri si fermarono a breve distanza dalle capanne. Senza quel cenno le avrebbero schiacciate sotto i piedi. I padroni si erano preoccupati di mantenere la parola: il villaggio non avrebbe corso alcun pericolo finché la gente di Kraal era intenzionata a cooperare.
— Non potete lasciarlo nelle loro mani! — urlò Chron agli uomini della tribù. I suoi occhi erano gonfi di lacrime, la voce rotta per la rabbia dell’impotenza.
Mi sforzai di sorridergli. — Non puoi fare nulla, Chron. Accetta l’inevitabile. — Quindi riportai lo sguardo su Kraal e Reeva. — Ma tornerò.
Kraal abbassò lo sguardo, ma Reeva mi lanciò uno sguardo di sfida.
— Tornerò — ripetei.
I padroni mi accompagnarono oltre le capanne. Con fischi e sibili fecero accovacciare i draghi su se stessi per lasciarci salire sul loro dorso; io venni posto alle spalle del rettile che mi aveva tolto il pugnale. Se anche costui (o costei, non avevo modo di capirlo) temeva che potessi afferrarlo alla gola per strangolarlo, non lo diede minimamente a vedere.
I draghi avanzarono pesantemente. Mi voltai a dare un ultimo sguardo al villaggio. I suoi abitanti erano ancora riuniti nella radura centrale, immobili. Chron sollevò la lancia sopra la testa in segno di sfida. Fu un bel gesto, tutto ciò che poteva fare.
L’intero villaggio era stato soggiogato; tutti gli uomini avevano piegato il capo a eccezione di un adolescente. Mi domandai quanto a lungo sarebbe potuto restare in vita se Reeva l’avesse giudicato una persona troppo pericolosa per i suoi piani.
Poi gli alberi si chiusero intorno al villaggio celandolo alla vista. I draghi procedevano a passo sostenuto, trotterellando sulle zampe posteriori, schiacciando il fogliame sotto i piedi. Non avevano sella né redini. Ero costretto a tenermi saldo con le mani e i piedi in groppa al dinosauro. Ci eravamo sistemati dietro il suo capo massiccio, di modo da non rischiare di venire colpiti dalle fronde degli alberi.
Gli umanoidi erano vestiti soltanto della loro pelle squamosa, senza una cintura o una tasca in cui riporre gli oggetti. Non sembravano disporre di arnesi, né di armi a eccezione delle loro zanne e dei loro artigli. E dei temibili draghi che stavamo cavalcando, naturalmente.
Mi domandai se comunicassero fra loro, quindi riflettei che senza un linguaggio non poteva svilupparsi l’intelligenza. Set aveva comunicato con me attraverso poteri telepatici. Forse anche i suoi sosia usavano la telepatia al posto del linguaggio.
Parlai al rettile seduto davanti a me senza ottenere alcun risultato. Qualsiasi cosa dicessi non sembrava produrre alcun effetto su di lui. Per quel che ne sapevo, era completamente sordo.
Eppure conduceva il drago senza sforzo. Doveva impiegare una qualche specie di telepatia, conclusi. Ricordai i neanderthaliani, i quali preferivano comunicare telepaticamente, sebbene fossero in grado di esprimersi mediante suoni.
Continuammo ad avanzare nella foresta senza fermarci. Scese la notte, ma anche allora le nostre cavalcature si limitarono a rallentare il passo. Se anche i draghi avevano bisogno di sonno non lo dimostravano, e per quanto ne sapevo i padroni che li guidavano potevano essere immersi in un sonno profondo. Mi chiesi se sapessero che, in caso di necessità, ero in grado di rimanere sveglio per settimane. O forse pensavano che potessi addormentarmi senza cadere dalla nuca di quel dinosauro saltellante?
Decisi di scoprirlo.
Mi lasciai scivolare dalla schiena del drago. Colpito il terreno con i talloni, mi allontanai dal percorso delle bestie che avanzavano con passo pesante e mi nascosi in una fitta macchia di sottobosco.
I draghi si fermarono di scatto e fecero dietro-front. Potevo udire il loro respiro pesante nell’oscurità, simile allo sbuffo di un gigantesco motore a vapore. Era nuvolo, e il cielo era così scuro che non riuscivo a scorgerli.
Dai rettili in groppa a quei colossi non giungeva alcun suono, però sentivo i draghi avvicinarsi, fiutando il terreno come enormi cani da caccia. Mi nascosi più profondamente tra i cespugli, appiattendomi a terra come uno scarafaggio in cerca di quiete.
Nella foresta era sceso il silenzio assoluto: non si sentiva ronzare un solo insetto.
Nell’oscurità un’immagine si formò nella mia mente. Il villaggio dal quale ero stato prelevato veniva raso al suolo da decine di draghi. Uomini e donne schiacciati tra le fauci impietose dei dinosauri. Vidi Chron squartato dai mostruosi artigli di un drago.
Qualcuno mi aveva inviato un messaggio. Che si trattasse dei padroni ai quali stavo cercando di sfuggire, o di Set in persona, il messaggio era piuttosto eloquente: o mi arrendevo o Chron e gli abitanti del villaggio sarebbero stati massacrati senza pietà.
Mi misi in piedi. L’oscurità era totale anche fuori dal cespuglio. Nemmeno la brezza più lieve muoveva l’aria. Dopo qualche istante udii il respiro sibilante e i passi poderosi di un drago. Uscii in un punto più aperto fra gli alberi e vidi gli occhi rossi di un rettile scintillare verso di me dalla schiena del dinosauro.
— Mi sono addormentato e sono caduto — mentii.
Non ci fu nessuna reazione da parte sua. Il rettile rimase a osservarmi in silenzio mentre il drago si chinava per farmi nuovamente salire sulla sua groppa. Quindi riprendemmo il nostro viaggio verso nord.
All’alba ricominciò a piovere, e io mi afferrai più saldamente sulla groppa dell’animale; ero zuppo, furente, deluso, e soprattutto terrorizzato all’idea di ciò che Set forse stava facendo ad Anya. Avevamo fallito, tutti e due. I nostri brevi momenti di felicità a Paradiso erano costati la vita di entrambi.
D’improvviso un nuovo pensiero balenò nella mia mente. I rettili avevano stipulato un vero e proprio accordo con la tribù di Kraal. Per quanto spregevole fosse stato il comportamento di Kraal, era possibile leggere in quell’atto un piccolo segno di vulnerabilità da parte di Set. I rettili non avevano mai dovuto ricorrere alla collaborazione di nessuno, prima del mio incontro con Kraal. L’idea dell’alleanza fra le varie tribù per resistere ai rettili doveva aver convinto Set a ideare quella nuova tattica.
I rettili erano vulnerabili. Dopotutto, avevamo ucciso alcuni dei loro temibili draghi disponendo delle armi più primitive. Avevamo convinto le tribù a unirsi nella battaglia.
Ma una voce nella mia mente continuava a chiedere cosa stesse accadendo ad Anya.
Il nostro operato era stato annullato dal sapiente uso che Set faceva del terrore. Il vecchio metodo dell’ostaggio: fai come ti dico o ucciderò coloro che ami. Kraal si era arreso di fronte a quella minaccia, spinto da Reeva. Set non si sarebbe mai abbassato a trattare con gli umani se non avesse cominciato a temere che potessimo costituire un pericolo.