Mi sollevò al di sopra della fontana di lava. Sentii le mie carni sfrigolare, il sangue ribollire, il dolore bruciare nella mia mente.
Nella mano destra stringevo ancora la spada. Sollevandola allo stremo delle forze, ne infilai la punta in un occhio di Set, spingendola nel suo cervello con tutta la forza di cui disponevo. Sentii la lama grattare contro l’osso dell’orbita oculare, e udii il demonio urlare di rabbia e di dolore.
Cominciò a barcollare, ma non allentò la presa sulla mia gola. La lava bollente mi bruciava la pelle; tutto ciò che riuscivo a vedere erano la lava rossa e il volto di Set, di un rosso ancora più intenso, le labbra contratte all’indietro in un ringhio d’odio profondo, la lama ricurva della scimitarra conficcata nell’occhio, da cui il sangue si riversava copioso tra le scaglie lucenti del suo viso.
Allora un lampo d’argento saettò davanti ai miei occhi annebbiati. Set lanciò un altro grido, e io mi sentii volteggiare nell’aria. Infine non sentii più la lava bruciarmi le carni. Un globo d’argento scintillante galleggiava a mezz’aria, emettendo un lampo bianco che si contorceva sibilando come una serpe d’elettricità, avvolgendosi intorno al corpo di Set.
Apparve quindi un globo dorato, poi un altro bianco come la neve. Infine un altro del più intenso rosso rubino, e tutti erano incandescenti e scagliavano dardi d’elettricità contro il corpo di Set. Il rettile mi lasciò cadere, soffiando e stridendo, dimenando la coda all’impazzata, stringendo le mani nell’aria senza riuscire ad afferrare nulla. Barcollò all’indietro verso la fontana di lava, contorcendosi su se stesso mentre le sue urla mi straziavano la mente come lame incandescenti.
Apparvero altri globi, color rame e verde smeraldo, bronzo e ottone, e ognuno aggiungeva agli altri il proprio lampo diretto verso la figura tormentata di Set, spingendolo verso la fontana di lava infuocata.
Con un ultimo strido d’agonia e di disperazione. Set sprofondò in quel metallo fuso e ribollente, scomparendo nella rovente fontana infernale che lui stesso aveva creato.
38
Ero disteso sulla schiena ustionata, più morto che vivo.
I globi d’energia fluttuarono nell’aria verso di me e assunsero forma umana: Anya, Zeus, Ares dai capelli rossi, la bella Afrodite, Era dagli occhi scuri. E il Radioso, naturalmente, superbo come sempre.
Fece un passo avanti, sorridendo, i capelli dorati scintillanti nella notte, il corpo muscoloso avvolto in un lungo mantello bianco e dorato.
— Abbiamo fatto un buon lavoro — disse con gioia. — Quel demonio non ci darà più fastidio.
— Orion ha fatto un buon lavoro — lo corresse Anya, inginocchiandosi al mio fianco sul terreno cosparso di sangue. Ero molto debole, e in preda alle vertigini. Continuavo a tenere lontano il dolore delle mie ustioni, ma sapevo che erano gravi, forse fatali. Eppure, non appena Anya posò le dita sulla mia fronte, sentii un nuovo vigore fluire dentro di me.
— Oh, anche lui ha fatto la sua parte. È andato tutto secondo i miei piani.
Zeus sollevò un sopracciglio. — Andiamo, Aten; se non fosse stato per Orion non saremmo mai stati in grado di penetrare le difese di Set.
Con tono veemente, Anya aggiunse: — Orion è riuscito a distrarre il mostro abbastanza a lungo perché potessi prendere il controllo della sua fonte d’energia e distruggerla.
Mi guardai intorno nel cortile semidistrutto. Le carcasse senza vita dei sauropodi e dei carnosauri erano disseminate dappertutto, simili a piccole colline. Fra esse giacevano i cadaveri degli shaydiani caduti. La parete ricurva della fortezza era crollata per metà. La fontana di lava era scomparsa.
— Era in stasi temporale — Anya mi spiegò con dolcezza. — Set aveva intenzione di immergerti in quell’inferno e lasciartici per l’eternità.
— E invece… — La mia voce era un gracchio soffocato.
— Invece l’abbiamo precipitato nel suo stesso inferno — disse lei. — Mentre tu lo tenevi impegnato, siamo riusciti a impadronirci della sua fonte d’energia e a fare ritorno dai luoghi in cui eravamo rimasti nascosti in attesa di sferrare l’attacco.
— È morto?
— È in condizione di stasi — disse Zeus. — Brucia per l’eternità.
Preoccupato, riuscii a sollevarmi su un gomito. — Allora potrebbe essere liberato?
Aten mi lanciò un sorriso di scherno. — Nessuno di noi ha intenzione di liberarlo. E tu, Orion?
Scossi il capo in preda alle vertigini e borbottai: — Sarebbe stato meglio ucciderlo.
— Non è così semplice, amore mio. Accontentati della nostra vittoria.
— Molti dinosauri sono fuggiti — ricordai.
— Ottime prede per i tuoi amici Mongoli — disse Aten, stringendosi il mantello contro il corpo. Quindi riprese a scintillare.
— Aspetta! — gridai.
I Creatori posarono lo sguardo su di me, chi con espressione incuriosita, chi con aria seccata.
— E Subotai? L’ho portato qui insieme alla sua guardia personale, meno di un migliaio di uomini.
— Un discreto numero, direi — commentò Zeus.
— Gli ho promesso che avrei portato qui l’intero esercito. Cioè la sua gente, le loro donne, le loro greggi e tutti i loro beni.
— E allora? — domandò Aten, con tono sprezzante. — Il generale barbaro non ha avuto nessuna parte in questa storia. Non ci serve più.
Alzandomi a sedere, ribattei:
— È mio amico. Gli ho fatto una promessa.
— Ridicolo — schernì Aten.
— Non è una decisione che spetti a te solo — rispose Anya con astio.
— Mi spiace, ma penso di essere d’accordo con Aten — disse Zeus. — Non servirebbe a nulla.
— È già abbastanza difficile mantenere integro il tessuto del continuum — disse Ermes. — Perché operare un’altra distorsione, se non è proprio necessario?
— Lo farò da solo — dissi.
Tutti mi fissarono sbigottiti.
— Tu? — rise Aten — un giocattolo, una mia creatura; e tu saresti in grado di agire come un dio?
— Chi di voi ha portato Subotai e i suoi uomini in questo tempo e luogo? — domandai.
Si guardarono l’un l’altro, quindi tutti insieme rivolsero lo sguardo verso Anya.
La dea scosse il capo, sorridendo. — Non io, di certo. Ero nascosta nelle profondità della terra, in attesa del momento giusto per prendere il controllo del pozzo nucleare di Set. E voi eravate dispersi fra le stelle.
— Ma non è possibile che sia riuscito a farlo da solo! — gridò Aten.
Anya annuì. — Dev’essere così. Non è stato nessuno di noi.
— Sono stato io — ripetei.
Zeus abbozzò un sorriso privo di allegrezza. — Orion, stai acquistando i poteri di un dio.
— Non ci sono dèi — risposi, con aria grave. — Soltanto esseri simili a voi… e a Set.
Si alzò un brusio inquieto.
— Se Orion vuole portare qui la gente di Subotai, io dico che ha ben meritato questo diritto — Anya asserì con fermezza.
Nessuno la contraddisse.
Chiusi gli occhi, grato a lei in così tanti modi da non poterli nemmeno contare. In quell’attimo vidi la storia snodarsi davanti a me come una pellicola cinematografica fatta scorrere ad altissima velocità.
Vidi la gente di Subotai insediarsi in quell’immensa savana che si stendeva dal Mar Rosso alle coste dell’Atlantico.
Vidi i guerrieri mongoli uccidere i carnosauri con le loro lance: uomini dalla pelle scura vestiti di sudicie pelli ed elmetti di metallo, a cavallo di piccoli pony del Gobi.
Nelle generazioni a venire avrebbero dato vita a splendide storie di cavalieri nelle loro armature scintillanti, intenti a uccidere draghi dall’alito di fuoco per salvare principesse tenute prigioniere da incantesimi.