Выбрать главу

— Perché?

La sua espressione divenne seria. — Ci sono molte cose che non posso dirti. Non ancora. Sei stato inviato qui per una missione di caccia. Il tuo compito è trovare il Tenebroso… Ahriman.

— L’uomo che era nel ristorante con te?

— Esattamente. Ahriman.

— Ahriman. — dunque, si chiamava così. — Ha ucciso Aretha.

— Sì, lo so.

— Lei, chi era? — chiesi.

Ormazd scrollò le spalle. — Aretha era un messaggero. Una figura senza importanza nel…

— Per me era importante!

Mi guardò con un’espressione nuova nei suoi occhi oro palliò. Sembrava quasi sorpreso. — L’hai vista una sola volta nel ristorante…

— E la sera all’ospedale — aggiunsi. — E il giorno dopo… — Mi mancò il fiato. — Il giorno dopo l’ho vista morire. L’ha uccisa lui.

— Una ragione in più perché trovi il Tenebroso — disse Ormazd. — Il tuo compito consiste nel trovarlo e distruggerlo.

— Perché? Chi mi ha mandato qui? E da dove?

Si drizzò sulla poltroncina, e un sorrisetto sicuro gli riaffiorò sulle labbra. — Perché? Per salvare dalla distruzione il genere umano. Chi ti ha mandato qui? Io, ti ho mandato. Da dove? Da circa 50 mila anni nel futuro rispetto all’epoca presente.

Avrei dovuto essere scioccato, sorpreso, o almeno scettico. Invece mi sentii risollevato. Era come se l’avessi saputo fin dall’inizio, e sentire la verità da lui allevio i miei timori. Mi accorsi di mormorare: — Cinquantamila anni nel futuro.

Ormazd annuì, solenne. — È quella la tua epoca. Io ti ho rimandato in questo cosidetto ventesimo secolo.

— Per salvare il genere umano dalla distruzione.

— Sì. Trovando Ahriman.

— E quando l’avrò trovato?

Per la prima volta parve sorpreso. — Be’, dovrai ucciderlo, ovvio.

Lo fissai, muto.

— Non credi a quanto ti ho detto?

Mi sarebbe piaciuto dire che non ci credevo. Invece risposi: — Ti credo. Ma non capisco. Perché non ricordo nulla? Perché…?

— Choc temporale, forse — m’interruppe. — O forse Ahriman ha già raggiunto la tua mente e bloccato alcuni tuoi poteri.

— Alcuni?

— Conosci i poteri della tua mente? L’addestramento al quale ti abbiamo sottoposto? La capacità di usare ogni emisfero cerebrale indipendentemente?

— Cosa?

— Sei destro o mancino?

La domanda mi colse in contropiede. — Sono… ambidestro — mi resi conto.

— Sai scrivere con ambedue le mani, vero? Puoi suonare la chitarra anche con la tastiera girata dall’altra parte.

Annuii.

— Hai la capacità di usare indipendentemente i due lati del cervello. Potresti usare un computer e dipingere un paesaggio nel medesimo tempo.

Mi sembrava ridicolo. — Insomma, potrei trovare lavoro in un circo come fenomeno da baraccone, eh?

Ormazd tornò a sorridere. — Puoi fare di più, Orion. Molto di più.

— E questo Ahriman? — chiesi. — Che pericolo rappresenta per il genere umano?

— È il male stesso — rispose Ormazd, e la luce che avvampò nei suoi occhi d’oro mi confermò che era sincero. — Cerca di distruggere il genere umano. Se glielo permetteremo, cancellerà l’uomo dalla faccia della Terra per l’eternità.

Strano, eppure la mia mente accettava tutto quanto. Era come se stessi reimparando le storie della mia infanzia. Echi lontani di racconti semidimenticati si agitarono in me. Ma adesso si trattava di storie reali, non più di leggende narrate ai bambini dagli adulti.

— Se è vero che sono arrivato qui da 50 mila anni nel futuro — dissi lentamente, riflettendo — questo significa che il genere umano esiste ancora in quell’epoca. Il che significa che il genere umano non è stato distrutto, qui nel ventesimo secolo.

Ormazd sospirò. — Pensiero lineare.

— Cosa vuol dire?

Piegandosi in avanti, appoggiando le mani dorate sulla scrivania, Ormazd spiegò pazientemente: — Tu hai salvato il genere umano. È già successo, in questa sequenza spazio-temporale. Cinquantamila anni nel futuro, l’umanità ha eretto un monumento in tuo onore. Si trova nella Vecchia Roma, vicino alla cupola che copre l’antico Vaticano.

Fui io a sorridere, adesso. — Dunque, ho già salvato l’umanità, quindi…

— Devi ancora recitare la tua parte — ribatté Ormazd. — Devi trovare Ahriman e bloccarlo.

— E se rifiutassi?

— Non puoi!

— Come lo sai?

La luce attorno a lui sembrò pulsare, in una reazione di collera. — Come ti ho detto, è già successo… in questa sequenza temporale. Hai trovato Ahriman. Hai salvato la razza umana. Ora devi solo recitare il ruolo che come dimostra la nostra storia hai già recitato.

— Ma se rifiutassi?

— È inconcepibile.

— Già… ma se rifiutassi? — insistei.

Ormazd scintillò come una nube di lucciole. La sua espressione si fece torva. — Se non ti adeguerai al tuo ruolo predestinato, se non bloccherai Ahriman, la struttura stessa dello spazio-tempo si frantumerà. Questa sequenza temporale si spaccherà, liberando energia sufficiente a distruggere l’universo che conosciamo. L’umanità scomparirà. Tutto lo spazio-tempo si sposterà lungo linee diverse, in un continuum diverso. Il pianeta Terra si dissolverà. Questo universo spazio-temporale svanirà, quasi non fosse mai esistito.

Era decisamente convincente.

— E se collaboro? — chiesi.

— Troverai Ahriman. Salverai dalla distruzione il genere umano. Il continuum spazio-temporale non si disgregherà. L’universo continuerà.

— Ucciderò Ahriman, allora?

Ormazd esitò un attimo prima di rispondere. — No. Non puoi ucciderlo. Lo fermerai, gli impedirai di raggiungere il suo scopo. Ma… lui ti ucciderà.

Avrei dovuto capirlo quando mi aveva parlato del monumento. Il mio ruolo era quello dell’eroe morto. Era già andata così.

D’un tratto, tutto mi parve insostenibile. Scattai dalla poltrona, lanciandomi sulla scrivania, verso il braccio di Ormazd. La mia mano attraversò completamente la sua immagine luccicante.

— Sciocco: — ringhiò lui, volatilizzandosi.

Mi ritrovai solo nello studio dello psichiatra. Avevo già visto proiezioni olografiche in precedenza, ma mai così convincenti, concrete. Avevo le ginocchia molli per il peso che Ormazd mi aveva caricato sulle spalle. Mi afflosciai sulla poltrona, avendo come unica compagnia la consapevolezza che il destino dell’umanità dipendeva da me. E l’unico essere umano che desiderassi veramente salvare era già morto. Non potevo accettarlo. La mia mente si rifiutava di pensarci.

Invece, mi ritrovai a frugare lo studio in cerca dell’apparecchio olografico che quell’imbroglione aveva usato per proiettare la propria immagine. Frugai fino all’alba, ma non riuscii a scovare alcun laser né qualsiasi altro impianto elettrovisivo.

5

Per parecchi giorni mi rifiutai di prendere in considerazione quello che Ormazd mi aveva detto. Era troppo fantastico, continuavo a ripetermi. Eppure, sotto sotto, sapevo che era vero. Stavo solo rimandando l’inevitabile.

E nel mio intimo, smaniavo dalla voglia di trovare il Tenebroso, l’uomo che aveva ucciso Aretha. Fremevo dal desiderio di stanarlo e distruggerlo. Non per il dramma cosmico che Ormazd mi aveva descritto. Volevo mettere le mani addosso ad Ahriman per una ragione semplicissima, umanissima: volevo fare giustizia, vendicare il mio amore morto.

Finalmente, un barlume di memoria mi mise sulle tracce di Ahriman. Ricordai l’origine dei nomi usati dal radioso: Ormazd, il dio della luce e della verità; Ahriman, il dio delle tenebre e della morte. Appartenevano all’antica religione della Persia, lo Zoroastrismo, fondata dall’uomo che gli antichi greci chiamavano Zoroastro.