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— Gli Skorpis vedono molto meglio di noi al buio —gli rammentò Frede. —Se abbiamo un qualche vantaggio, sta proprio nella luce del giorno.

— Conta di attraversare la spiaggia in pieno giorno?

Sorrisi. —No, sarebbe come cercare di nascondersi in mezzo a un branco di tirannosauri.

— Tiranno-che, signore?

— Tirannosauri. Rettili carnivori alti circa dieci metri, con denti grossi come il mio avambraccio —spiegai.

Frede mi guardò come si guarda un bugiardo.

— Ma se non può attraversare la spiaggia senza essere visto —riprese Manfred —come farà a raggiungere la base?

— Nuotando.

— Nuotando?

— La loro base si trova lungo la spiaggia, giusto? E ci sono anche dei piloni conficcati in acqua, vero?

— Sissignore, ma…

— Mi tufferò nella baia e lascerò che la corrente mi trasporti verso il mare; dopodiché nuoterò fino alla base.

— Una bella sfacchinata, signore —mi fece notare Manfred.

— Userò il volazaino. Immagino che sia resistente all’acqua.

— Sissignore, ma l’acqua salata è altamente corrosiva e…

— E se nelle acque ci fossero animali simili a quelli che ci hanno assalito nella palude? —domandò Frede.

A questo non avevo pensato. Sospirai. —Dovrò evitarli, oppure ucciderli.

— È un suicidio —ribadì lei con voce atona.

Le indirizzai un sorrisetto secco. —Non sto chiedendo il vostro permesso.

8

L’acqua era sorprendentemente calda, considerato che scendeva dalle montagne innevate. Dovevano essere state le lunghe giornate di sole ad aumentarne la temperatura.

Mi bastò allontanarmi dalla riva perché la corrente mi catturasse. Ne presi mentalmente nota, in vista del ritorno; contro quella stessa corrente avrei dovuto combattere, a meno che non mi fossi tenuto vicinissimo alla riva. Il volazaino sarebbe stato d’aiuto, sempre che non si scaricasse o l’acqua salmastra ne corrodesse i componenti metallici.

Con un ultimo cenno di saluto a Frede e Manfred che mi avevano accompagnato fino alla baia, scomparvi sotto il pelo dell’acqua e mi lasciai trascinare dalla corrente. Indossavo un paio di calzoncini e il mio equipaggiamento consisteva in una pistola e un pugnale, più naturalmente il volazaino assicurato con una cinghia sulla schiena.

Possedevo forza e abilità di molto superiori a quelle dei normali esseri umani, persino dei guerrieri clonati che costituivano l’esercito involontario di quest’era del mondo. Potevo tranquillamente restare in apnea per un quarto d’ora, e anche oltre se necessario; in caso di emergenza, riuscivo a spremere ossigeno di riserva dalle cellule del mio corpo.

Ma non sono sovrumano. Sapevo che, se uno di quei mostri tentacolari mi avesse afferrato sott’acqua, mi sarei trovato faccia a faccia con la morte. La pistola a raggi laser funzionava in acqua, ma con un raggio d’azione molto limitato, perché l’elemento liquido assorbiva l’energia con estrema rapidità.

Rimpiansi che non avessimo con noi bombole di ossigeno che mi avrebbero permesso tempi di immersione molto più lunghi, ma non facevano parte dell’equipaggiamento di cui eravamo stati dotati per quella missione. Avrei voluto procedere più speditamente, ma temevo di esaurire l’alimentatore del volazaino. No; molto meglio sfruttare la corrente e usarlo più tardi, quando la stanchezza avesse cominciato a farsi sentire.

Tornato in superficie, vidi che avevo superato la curva della costa. Il sole era alto nel cielo e le onde continuavano la loro corsa incessante verso la spiaggia, dove si infrangevano sollevando alti spruzzi. Oltrepassai il surf usando il volazaino per contrastare la corrente, poi presi a nuotare parallelamente alla spiaggia, diretto alla base degli Skorpis.

L’acqua era limpida, accesa dal sole pomeridiano. Miriadi di pesci dai colori brillanti mi guizzavano intorno, formando un caleidoscopio di colori. Un pesce predatore, dalle scaglie lucenti e l’espressione feroce, scivolò a pochi metri da me, ma senza prestarmi attenzione. Fortunatamente, non vidi tracce delle orribili creature che popolavano la palude.

Quando riemersi in superficie per respirare, mi accorsi di aver fatto pochissimi progressi. Probabilmente, stavo nuotando controcorrente. Seppur riluttante, aumentai la potenza del volazaino e mi tuffai di nuovo tra le onde.

Molto più in basso, scorsi nell’acqua cristallina qualcosa che in un primo momento presi per un tratto di barriera corallina. Una moltitudine di pesci vi nuotava intorno, creando una sorta di arcobaleno iridescente. Ma non si trattava di una formazione naturale, mi resi conto avvicinandomi, bensì di una serie di costruzioni ricoperte da incrostazioni di coralli e alghe.

Riemersi per una boccata d’aria. Di là della spiaggia erano visibili le rovine dell’antica città. Le costruzioni subacquee dovevano averne fatto parte, ipotizzai. Forse, esistevano anche dei tunnel che collegavano i due complessi. Una possibilità che, se verificata, in futuro avrebbe potuto tornarmi utile.

Nuotai verso i bizzarri edifici, simili a lunghe braccia che si protendevano in mare aperto per un chilometro circa, o forse più, sostenute da solidi pilastri e traverse. Chiunque avesse edificato la città era anche l’autore di quelle strutture. Ma perché? Non riuscivo a comprenderne la ragione, né a intuirne lo scopo.

Pesci predatori occhieggiavano tra le alghe. Mentre scivolavo tra i pilastri, alla ricerca di un varco, colsi un rapido guizzo. Un pesciolino colorato scomparve di colpo dietro a una fila di denti aguzzi. Guardai meglio: quella formidabile dentatura apparteneva a un pesce enorme, molto simile a un’anguilla, che se ne stava tranquillamente appoggiato sul fondo, in attesa che la preda si avvicinasse. Posai la mano sul pugnale e mi sentii subito più tranquillo.

Dedicai un po’ di tempo all’esame delle vecchie costruzioni. Portelli o bocchettoni per l’aria, se mai c’erano stati, dovevano essere stati ostruiti da coralli e altre formazioni. Che amaro paradosso! Gli esseri intelligenti che avevano costruito quel complesso sott’acqua si erano estinti da tempo, probabilmente autodistruggendosi in una guerra genocida, e la loro grandiosa opera serviva adesso da rifugio a pesci, crostacei e altre forme inferiori di vita.

Fu allora che vidi qualcosa avanzare. Qualcosa che aveva braccia e gambe.

Come l’anguilla predatrice, mi immobilizzai dov’ero, trattenendo il respiro. Se non mi fossi mosso, sarei stato quasi invisibile. Almeno era ciò che speravo.

Erano in tre. Tre sagome umane che scivolavano nell’acqua a poche decine di metri da me. Skorpis? Difficile stabilirne le dimensioni a quella distanza. Due sembravano notevolmente più grandi della terza. Portavano caschi di forma sferica e pinne. A mano a mano che si avvicinavano, notai che indossavano una tuta aderente come una seconda pelle, ma che erano disarmati. Non potevo vederne il viso, ma a giudicare dall’altezza, almeno due dovevano essere Skorpis. E il terzo? Un piccolo, forse?

Frugai nella memoria alla ricerca di altre informazioni sugli Skorpis. Sì, si spostavano in gruppo. La loro società era di tipo matriarcale e i loro capi erano tutti di sesso femminile. I guerrieri erano indifferentemente maschi o femmine, e tra loro non esisteva dimorfismo sessuale. Ciò significava che il terzo poteva essere un piccolo, oppure un esemplare di un’altra specie.

Cominciava a mancarmi l’aria. Presto sarei dovuto risalire in superficie. Ma non osavo muovermi con gli Skorpis tanto vicini. Per fortuna, la loro attenzione sembrava concentrarsi sul fondale marino.

Non appena mi ebbero oltrepassato, cominciai lentamente a risalire, ma senza abbandonare la protezione del pilastro.

L’aria salmastra mi parve più dolce del vino, ma tempo per assaporarla non ce n’era. Ero combattuto tra la necessità di raggiungere la base Skorpis e la curiosità di seguire quel singolare terzetto. Dov’era diretto? E che cosa stava cercando?