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— Non troppo male, almeno in base ai loro standard. Ripari per la notte non ce ne sono. Dormiamo per terra e ci danno da mangiare una volta al giorno, verso il tramonto.

— Allora non mi sono perso la razione di oggi.

Frede diventò seria. —L’impressione che ho è che stessero aspettando qualcosa. Lei, probabilmente. E ora ci hanno tutti.

— E potranno finalmente mettere in atto qualsiasi cosa abbiano in mente —aggiunse Quint.

— Sapevate che ci sono altri uomini in questa base?

— Altri uomini? —si stupì Frede.

— Non ne abbiamo visto neanche uno —rincarò il tenente.

— A quanto pare, sono scienziati e lavorano per gli Skorpis.

— Di loro spontanea volontà?

— Non lo so.

— Tu, laggiù! —gridò la voce cavernosa di uno Skorpis. —Quello di nome Orion. Al cancello e subito!

Andai al cancello e i miei uomini mi seguirono. A chiamarmi era stato l’ufficiale addetto al controspionaggio. Riconobbi il suo viso e le decorazioni sull’uniforme color cannella.

— Portatelo fuori —ordinò alle guardie. —Voglio che risponda ad alcune domande.

Lanciai uno sguardo a Frede e agli altri. —Credo che per oggi salterò il pasto.

Mi condussero nella stanza dell’ufficiale e mi costrinsero a sedermi su una sedia troppo grande per me.

— Almeno questa volta hai l’uniforme asciutta —borbottò l’ufficiale mentre andava a sedersi. Alle mie spalle stavano due enormi Skorpis. La mia “uniforme” consisteva nello stesso paio di short che indossavo durante il nostro precedente incontro.

— Gli altri umani non sanno niente di te, anche se qualcuno di loro è disposto a mentire per favorirti.

— Sono scienziati —replicai. —Non guerrieri.

— E tu?

— Io sono un guerriero.

— Perché sei venuto qui?

— In questo pianeta? Per allestire una base da cui attaccarvi.

— E dopo che la vostra base è stata distrutta, perché hai cercato di infiltrarti nella nostra? Da solo?

— Avevo l’ordine di distruggerla. Ero in ricognizione quando mi avete sorpreso.

— In ricognizione da solo?

— Sì.

— E contavi di attaccarci con cinquantadue uomini appena, senza armi pesanti né rinforzi?

— Esatto.

Lei mi guardò sgranando i suoi gialli occhi di gatto. —Non ti credo. Neanche un umano sarebbe tanto stupido.

Cercai di guadagnare tempo. —Sapevo che avevate armi nucleari e pensavo che avrei potuto farne esplodere una.

— Morendo con noi.

Scrollando le spalle, replicai: —Mi ucciderete comunque. Che differenza fa?

La Skorpis mi scrutava con diffidenza. —No. Sei venuto qui per prendere contatto con gli altri umani. Alcuni di loro sono traditori e lavorano contro di noi. Mi dirai quali sono.

Scossi il capo. —Ignoravo la presenza di umani nella vostra base. Per me è stato un autentico choc. E ancora non so che cosa ci facciano qui.

— Non ti credo.

— Avrete una macchina della verità con voi, no? O un qualche siero speciale.

Lentamente, lei sollevò una mano e sfoderò gli artigli. —Posso strapparti la verità con questi.

Dovevo restare calmo. —Ho già detto la verità. Qualunque cosa mi facciate, questo non potrà cambiare.

— Vedremo —biascicò lei. —Mi hai colpito, prima di fuggire. Un simile affronto esige vendetta.

A un suo cenno, le due guardie mi afferrarono le braccia torcendomele dietro la schiena. L’ufficiale si alzò, gli artigli affilati come bisturi protesi verso di me. Se un gatto potesse sogghignare, avrei giurato che era un sogghigno quello che vedevo sul suo viso. Un basso ronronio le scaturiva dal petto, e i suoi occhi splendevano.

Sentii i miei sensi farsi più acuti e l’adrenalina cominciare a scorrermi rapida nelle vene. Avevo le mani bloccate dietro la schiena, ma l’impeto con cui balzai in piedi fece sì che le due guardie allentassero la presa. Non mi serviva altro. Mi divincolai con uno strattone talmente violento da slogarmi quasi un braccio, ignaro del dolore.

Con un calcio, colpii l’ufficiale in pieno petto. Crollò sulla scrivania, mentre con il pugno mi accanivo sulla guardia che reggeva la mia arma. L’altra mi affondò gli artigli nella spalla. Mi girai e, bloccatala con un ceffone a mano aperta, la colpii di taglio alla gola. Un fiotto di sangue gli scaturì dalla bocca, mentre si accasciava. Tornai a occuparmi della prima guardia, che armeggiava con la fondina della pistola.

Gli afferrai il braccio e lo torsi fino a sentire scricchiolare le ossa, poi lo spinsi addosso all’ufficiale, ancora semiprona sulla scrivania. Con uno scrollone lei se ne liberò e fece per prendere la pistola. Rapido, gliela sfilai di mano e gliela puntai contro.

Il suo viso era pieno d’odio.

— Ho detto la verità —affermai. —Potrei ucciderti ora, ma questo non cambierebbe la verità delle mie parole.

Altre due guardie si catapultarono nella stanza, ma si fermarono di colpo vedendo il loro comandante sotto tiro.

— Non mi farò massacrare solo perché voi volete a tutti i costi trovare traditori inesistenti —ripresi. —Non ho mentito. Per me è stata una sorpresa trovare degli uomini nella vostra base.

Le resi la pistola. Subito lei la puntò contro di me.

— Ho anche un messaggio da parte degli Antichi —proruppi.

La canna della pistola tremò leggermente. —Gli Antichi? Le creature del mare?

— Loro.

Con un sibilo irato, la Skorpis posò l’arma sulla scrivania.

13

Le guardie ferite furono portate via, mentre il capo del controspionaggio si sforzava di recuperare l’autocontrollo. Infine, usò l’interfono per mettersi in contatto con il suo superiore, il comandante della base. Nel giro di pochi minuti, ero nel suo ufficio.

Delos, l’uomo con la barba, era già lì. Il comandante della base sembrava più anziano degli altri Skorpis che avevo visto, e la peluria sul viso e le mani tendeva al grigio. Indossava un’uniforme azzurro pallido, con nappe e decorazioni. Quanto allo scienziato, portava la solita tuta grigia e informe.

— Questa l’unica divisa che hai a disposizione? —borbottò il comandante non appena mi vide.

— Ho nuotato —risposi. —Con gli Antichi.

Per poco Delos non cadde dalla poltrona. —Gli Antichi? Sei stato con loro?

— Gli ho parlato. Mi hanno affidato un messaggio.

Il comandante fece cenno al capo del controspionaggio di uscire. —La chiamerò, se avrò bisogno di lei.

Poi lasciò la scrivania e indicò un tavolo collocato all’altro capo della stanza. —Sediamoci —disse. Il tavolo era troppo alto e la sedia troppo grande perché potessi sentirmi a mio agio. Ero come un bambino seduto alla tavola dei grandi; piccolo, insignificante.

Delos, invece, non pareva minimamente preoccupato.

— Che cosa ti hanno detto gli Antichi? —domandò con evidente curiosità. —Come hai fatto a entrare in contatto con loro? Da dove vengono?

— Ci affiancheranno in questa guerra? —volle sapere il comandante della base.

— Rifiutano di schierarsi —spiegai. —E respingeranno ogni tentativo di coinvolgimento.

— Respingeranno, dici? —tuonò l’alto ufficiale. —Un paio di testate nucleari potrebbe far loro cambiare idea.

— Le vostre armi non funzioneranno contro di loro —la ammonii. —Così mi hanno detto.

— Sciocchezze!

— Io gli credo, invece. Sono più vecchi e più saggi di noi.

— Lo erano anche i Tsihn, ma noi li abbiamo scaraventati dall’altra parte della galassia.

— Inimicandoceli per sempre —commentò Delos.

Gli occhi di lei si accesero di un bagliore sinistro quando si volse verso di me. —Riferiscimi quanto hanno detto gli Antichi. Parola per parola.