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Mi obbligò a ripetere il messaggio più volte, e ogni volta la sua tetraggine cresceva. Delos, invece, era sempre più eccitato.

— Più vecchi della razza umana di decine di milioni di anni! —proruppe a un certo punto con aria soddisfatta. —Quante cose potranno insegnarci! Il loro patrimonio di conoscenze dev’essere infinito!

— Non ci insegneranno un bel niente finché continueremo a ucciderci a vicenda. Ci guardano con disgusto.

— Ma sicuramente parleranno con degli scienziati —azzardò speranzoso Delos. —Non siamo guerrieri, noi; non abbiamo ucciso nessuno.

— Forse, col tempo —replicai. E sorrisi intimamente, consapevole che la concezione che gli Antichi avevano del tempo era ben lontana dalla nostra.

Dovetti ripetere l’ambasciata un’altra mezza dozzina di volte prima che il comandante si decidesse a congedarmi. Fuori, trovai ad aspettarmi il capo del controspionaggio. Se gli Skorpis avessero avuto la coda, di certo la sua avrebbe frustrato impaziente l’aria.

— Dunque ti ha creduto —osservò, mentre tornavamo al recinto dei prigionieri.

— Come fai a saperlo? Puoi sentire attraverso le porte chiuse? —Forse era rimasta incollata alla porta, con la scusa di proteggere il comandante?

— Non c’era nessun bisogno di origliare —replicò secca. —Se la vecchia tigre non ti avesse creduto, ti avrebbe ridotto a brandelli.

Ci raggiunse Delos. —Il comandante mi ha dato il permesso di ospitare Orion nei nostri alloggi —annunciò.

La Skorpis storse il naso, ma non fece obiezioni. Ci dirigemmo verso il settore riservato agli scienziati.

— È sotto la tua responsabilità —ricordò in tono minaccioso a Delos, prima di allontanarsi.

— Aspetta —la fermai. —Che ne sarà dei miei soldati?

— I prigionieri? —Scrollò le imponenti spalle. —Saranno ibernati in vista di un futuro utilizzo.

— Un futuro utilizzo? Quale?

Lei mostrò i denti. —Per essere mangiati, no? Per che altro?

— Voi mangiate gli umani?

— Sono di carne, giusto? Certo, non sono nutrienti come altri nemici che abbiamo combattuto, ma serviranno allo scopo. Integrati con vitamine, ovviamente.

Sembrava divertita dalla mia costernazione. Da parte mia, mi ripresi quanto bastava per chiedere: —Be’, prima di infilarli nelle celle frigorifere, non potresti fornirgli un riparo? E magari farli nutrire in modo più appropriato?

— No, non posso, umano. —Di scatto si voltò e si allontanò.

Gli altri scienziati non si dimostrarono meno curiosi di Delos a proposito degli Antichi, e quando entrai nel fabbricato, mi si strinsero subito intorno. Eravamo in uno stanzone squallido, il cui mobilio era composto unicamente da un tavolo, alcune sedie e un paio di computer in un angolo. Una fila di finestre si affacciava sul campo degli Skorpis, dove si allungavano le ombre violette, araldi della notte. Le pareti erano spoglie, fatta eccezione per un display che mostrava una carta astronomica.

Mentre per l’ennesima volta raccontavo la mia storia, studiai la piccola folla che mi attorniava. Gli scienziati erano ventidue, di cui diciannove donne, e quasi tutti giovani, con una vita intera davanti a loro. A differenza dei miei soldati, non erano stati clonati da un numero ridotto di geni. Ce n’erano di alti e di bassi, di bruni e di biondi, e con carnagioni che andavano dal cioccolato al roseo.

La donna di nome Randa, quella che mi aveva denunciato al capo del controspionaggio, evitava il mio sguardo. Forse si vergognava, oppure ce l’aveva con me per i guai che avevo causato. Nessuno dei presenti commentò i segni sanguinolenti di artigli visibili sulla mia spalla.

— Ora tocca a me fare qualche domanda —dissi quando ebbi finito.

— Spara —mi sollecitò Delos, evidentemente il leader del gruppo.

— Che cosa ci fate su questo pianeta, e perché lavorate per gli Skorpis?

— Lavorare per gli Skorpis?

— Ma di che stai parlando?

— Noi non lavoriamo per gli Skorpis —affermò in tono dignitoso uno di loro. —Sono gli Skorpis a lavorare per noi.

— Gli Skorpis sono soldati mercenari. Sono qui per proteggerci —spiegò Delos. —Mentre noi studiamo gli Antichi. O almeno, ci proviamo.

— Proteggervi da chi?

— Da te! —proruppe Randa. —E dagli altri maniaci assassini della tua fatta che vogliono ucciderci.

Dunque era la collera ad animarla, non la vergogna.

— Non sapevamo che ci fossero altri umani su questo pianeta —mi giustificai. —Ci era stato detto soltanto della base Skorpis; e che avremmo dovuto distruggerla.

— Tipico dei militari. Ti dicono soltanto quello che vogliono tu sappia.

— Mi stai dicendo che gli uomini si combattono fra di loro? —domandai. —Che siamo coinvolti in una guerra civile interstellare?

— Sono ormai tre generazioni che l’Egemonia si batte esclusivamente per continuare a esistere —disse Randa. —La vostra cosiddetta Suprema Alleanza ha cercato di annientarci. Voi e le lucertole vostre alleate.

— I Tsihn?

— Sì, è così che si fanno chiamare —confermò uno degli uomini.

— Ma com’è cominciata la guerra? E perché?

— Quando le flotte della Suprema Alleanza hanno cominciato ad attaccare i nostri insediamenti su una dozzina di mondi diversi.

— Hanno spazzato via le nostre biosfere e distrutto ogni cosa viva.

— Bruciato pianeti fino a trasformarli in masse inerti.

— E senza nessuna ragione!

— Né una formale dichiarazione di guerra.

Scossi il capo. —Non è possibile. Deve pur esserci una ragione! I popoli non si aggrediscono l’un l’altro senza un motivo.

— Le lucertole lo fanno.

— I Tsihn ci odiano. Odiano tutti gli uomini, odiano chiunque non sia come loro.

— Ma mi avete appena detto che la Suprema Alleanza è alleata con i Tsihn.

— Per combattere l’Egemonia, certo, ma prima o poi i Tsihn si rivolteranno anche contro la Suprema Alleanza, è certo.

C’erano odio e paura nei loro volti, nelle loro voci.

— Ancora non riesco a capire quale sia stata la causa di tutto —sospirai. —Per me non ha alcun senso.

— Sei solo un soldato —replicò Randa con sarcasmo. —Come puoi pretendere di capire qualcosa che non sia l’assassinio?

Era quello che in un primo momento anche gli Antichi avevano pensato di me. Poi, però, mi avevavano dato ascolto e mi avevano aiutato.

Delos mi indirizzò un’occhiata preoccupata. —Se davvero ti interessa capire le cause del conflitto, puoi usare uno dei nostri lettori. —Fece un gesto verso il sistema video collocato in un angolo della stanza.

— Perché no? —interloquì una delle donne. —Noi abbiamo da discutere il modo in cui usare le tue informazioni e quale sarà la nostra prossima mossa.

Capii che volevano restare soli e io morivo dalla voglia di capire come e perché quella dannata guerra era cominciata. Andai a sedermi davanti al computer.

— Ti mostro come funziona. —Sorpreso, sollevai lo sguardo su Randa.

— Lo so già —replicai. —I soldati non sono necessariamente degli idioti.

— Oh! —arrossì. —D’accordo. —Girò sui tacchi e si affrettò a raggiungere gli altri, seduti attorno al grande tavolo.

Accesi il computer e a bassa voce formulai la mia richiesta. Il video si illuminò per un istante.

E invece delle informazioni, nel punto esatto in cui si trovava il terminale, comparve Aton. Indossava una tunica dorata e pantaloni aderenti; gli stivali gli arrivavano a metà polpaccio. L’aura dorata della sua presenza mi avviluppò come una fitta nebbia. Sapevo che mi aveva fatto uscire dal continuum in una bolla di spazio-tempo sospeso, per interrogarmi all’insaputa dei miei compagni di stanza.