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— Ci farai uccidere tutti —sibilò lui a denti stretti, ma le sue dita si muovevano rapide sui comandi. Sentii i generatori entrare in funzione.

Chiesi al computer di fornirmi un elenco delle attrezzature di bordo. —Dobbiamo aprire il portello della camera di decompressione —mormorai.

— Navi come queste non sono dotate di armi —obiettò Delos.

Ma nell’elenco figurava un laser perforante. Premetti un paio di tasti e lo schermo mi mostrò dov’era custodito.

Lasciai l’abitacolo, e con l’aiuto di due degli uomini più robusti tolsi dall’imballaggio il laser. I Tsihn, intanto, pestavano furiosamente sulle porte della gondola, mentre l’interfono gracchiava: —Orion, è il comandante che parla. Sei impazzito? Metti fine a questa follia o sarò costretto a farmi strada sparando: salterete tutti in aria!

— Comandante! —gridai di rimando. —Voglio riportare questi umani su Lunga e scambiarli con i miei uomini.

— È impossibile! Non ha ricevuto alcun ordine in proposito.

— Farò uscire il velivolo dal portello della camera di decompressione! —bluffai.

— Danneggiando la mia nave e uccidendoti.

— La navetta è piuttosto solida. Io dico che ce la farà. —Parlando, continuavo ad aiutare gli altri.

— È pura follia!

— Potrebbe evitare un bel po’ di danni alla nave semplicemente aprendo la camera di decompressione —mi accontentai di rispondere.

— E permettervi di fuggire?

— Evitando danni a voi. Pensaci… il nostro motore-spia potrebbe surriscaldarsi ed esplodere mentre cerchiamo di uscire a forza dai portelli della camera di decompressione.

Intanto, avevamo cominciato a collegarlo al generatore e ai dispositivi di rilevamento ottico.

— Stai minacciando di distruggere la nave? —abbaiò il comandante.

— Io voglio solo tornare a Lunga e scambiare questi uomini con i miei.

— Potrei permettervi di lasciare il Blood Hunter e distruggervi non appena sarete a distanza di sicurezza.

A questo non avevo pensato. —Potresti, è vero —riconobbi.

— Guardate! —gridò uno dei miei compagni.

La porta della gondola aveva preso una cupa tonalità rossastra. I Tsihn ci stavano lavorando con una lancia termica.

Poi, con un rombo, il portello interno della camera di decompressione cominciò ad aprirsi.

— Stiamo creando il vuoto —avvisò una voce registrata. —Il settore dev’essere evacuato in dieci secondi.

Abbandonammo i pezzi del laser e ci affrettammo verso il portello. Spinsi da parte gli scienziati che affollavano lo spazio abitativo e raggiunsi la cabina-comandi, dove Randa sedeva accanto a Delos.

— Il comandante ci lascia andare —dissi. Attraverso la paratia di osservazione vidi che il portello esterno si stava aprendo.

— Sì, per farci esplodere nello spazio non appena saremo usciti dalla sua preziosa nave —borbottò Randa.

— Io credo di no. —Dopotutto, pensai, il comandante e io avevamo bevuto insieme.

Ora più nulla ci sbarrava la strada. Delos sfiorò il pulsante principale di propulsione e con un sussulto la navetta scivolò dolcemente fuori, nel vuoto stellato.

Mi chinai tra i due e digitai sul quadro di comunicazione finché non mi trovai a fissare gli occhi rossi del comandante Tsihn.

— Mi addolora doverla tradire in questo modo, —volli spiegare. —Ma c’è qualcosa che devo assolutamente fare.

— Non sprecherò un solo colpo per fermarti, traditore —sibilò lui. —Che ci pensino gli Skorpis a farlo. Ne troverete a sufficienza.

Sogghignai. —Grazie, comandante.

Lo vidi socchiudere gli occhi. —Va’ con onore, Orion —disse piano.

Di lì a pochi minuti, la Blood Hunter spariva alla nostra vista in un silenzioso lampo luminoso. Aveva raggiunto la velocità della luce ed erano diventati inaccessibili agli Skorpis.

Così non era per noi. Non appena Randa accese i sensori a lungo raggio, una mezza dozzina di navi apparve sullo schermo.

Delos cominciò immediatamente a digitare un messaggio. “Qui è il dottar Delos, dell’Università di Farcall, direttore dell’équipe di ricerca scientifica sul pianeta Lunga. Stiamo tornando a bordo di un velivolo di ricognizione. Siamo disarmati. Il nostro equipaggio è formato esclusivamente da scienziati e dall’umano Orion. Ripeto: siamo disarmati e stiamo tornando a Lunga.”

Poi restammo in attesa di vedere se gli Skorpis avrebbero dato ascolto al suo messaggio, o se prima avrebbero aperto il fuoco e poi fatto domande.

Gli dettero ascolto, e i sospiri di sollievo riempirono il velivolo.

Il capo della squadriglia Skorpis parlò a lungo con Delos, poi puntammo verso Lunga, il nostro piccolo velivolo circondato da poderose navi da guerra: una sardina scortata da balene assassine.

Gli scienziati sembravano grandemente sollevati. Solo quando si raggrupparono intorno a me per ringraziarmi di averli salvati, mi resi conto di quanto avessero temuto gli Tsihn.

— Quelle lucertole mi facevano gelare il sangue —confidò una delle donne. —Non hanno un briciolo di decenza umana.

Pensai agli Skorpis e alle loro abitudini alimentari, e mi chiesi in quale misura l’opportunismo politico avesse influito sul suo atteggiamento. “I tuoi nemici alieni sono inumani; i tuoi alleati alieni sono extraterrestri.”

E oltre a loro, oltre a tutte le fazioni umane e razze aliene intelligenti coinvolte in quella guerra interstellare, c’erano i Creatori… discendenti degli uomini ma infinitamente più evoluti. “E se nel conflitto fossero state impegnate razze superiori perfino a loro?” mi chiesi. Aton aveva parlato della crisi suprema come di una realtà ben più catastrofica di questa “semplice” guerra che pure vedeva l’annientamento di miliardi di creature e devastazioni planetarie.

Sapevo che gli Antichi esistevano, ma che non volevano avere parte nei dissidi che ci laceravano. Forse c’erano altre razze, ancora più antiche e di gran lunga superiori a noi? Era quella la crisi suprema che Aton e gli altri Creatori temevano?

Ma non c’era il tempo per certe riflessioni. Eravamo di nuovo in prossimità di Lunga. Ora avrei dovuto trattare per la vita dei miei soldati: molto presto gli scienziati che mi avevano appena ringraziato per averli salvati dai Tsihn mi avrebbero maledetto e avrebbero cercato di uccidermi.

17

— Chi sei tu veramente?

Delos e io eravamo soli nella stiva del velivolo di ricognizione, un’ora dopo che eravamo entrati nell’orbita di Lunga. Il comandante della squadriglia di scorta aveva proposto di inviare a bordo una pattuglia, ma io avevo rifiutato, assicurandole che il nostro ritorno era del tutto pacifico e che non avevamo alcun bisogno di aiuto.

— Sono Orion —risposi, mentre mi versavo una tazza di soluzione stimolante a base di sali minerali.

Sorridendo, lui scosse il capo. —Anch’io posso dirti di essere Delos, ma che cosa ti direbbe questa se non il modo in cui chiamarmi?

Il suo sguardo era interessato, ma non inquisitore, e il suo sorriso gentile.

— Capisco che cosa intendi. Tu sei il dottor Delos dell’Università di Farcall, direttore dell’équipe di ricerca scientifica sul pianeta Lunga.

Si versò anche lui da bere. —Nonché il figlio del professor Leoh of Albion e di Lady Jessica, direttore dell’Istituto di Esopsicologia, membro onorario del Golden Circle e marito di Randa.

Quell’ultima informazione mi sorprese. —Tu e Randa siete sposati?

— Non lo sapevi?

L’idea mi divertì. Dal modo in cui li vedevo in disaccordo praticamente su tutto, non lo avrei mai immaginato.

— Ora che ti ho detto chi e che cosa sono, chi e che cosa sei tu? —incalzò Delos.

Mi strinsi nelle spalle. —Sono Orion. Un soldato.