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— Ma questo non è tutto.

Se gli avessi detto che ero stato creato da un egocentrico semifolle appartenente a un lontano futuro, creato per compiere missioni suicide in tutte le ere dello spazio-tempo, avrebbe senz’altro pensato che ero pazzo, oppure che mi stavo prendendo gioco di lui.

Così dissi: —Sì, è più o meno tutto…

— I tuoi genitori?

— Sono un soldato —ripetei. —I soldati di Farcall hanno i genitori? Non vengono clonati e quindi addestrati nei campi militari? Non vengono tenuti separati dal resto della collettività, ibernati quando non c’è bisogno di loro, resuscitati, bombardati di ordini e mandati a combattere per voi?

Lui si lisciò la barba. —Immagino di sì. A dire il vero, non so molto di vita militare. Questo soggiorno presso gli Skorpis è l’esperienza più vicina alla guerra che ciascuno di noi abbia mai avuto. E credimi —aggiunse con veemenza —basterà per una vita intera!

— Ma se siete stati in guerra per tutta la vostra vita, e lo stesso vale per le due generazioni che vi hanno preceduti…

— Senza dubbio, ma sono affari dell’esercito. Noi siamo scienziati, non partecipiamo ai combattimenti.

— Eppure vi aspettate protezione dai militari.

— Naturalmente! È questa la loro funzione.

Un sospiro di infelicità mi si gonfiò in petto. —Ebbene, pensa a me come a uno di quei soldati.

Mi guardò con quei suoi occhi indagatori e gentili.

— No, Orion, non basta. C’è molto di più in te. Voglio sapere che cosa mi nascondi, e perché.

— Che ti fa pensare che ti stia nascondendo qualcosa?

— Il fatto che gli Antichi ti hanno parlato —proruppe, e il suo sguardo si fece duro, tradendo i suoi veri sentimenti. —La mia équipe e io siamo stati su Lunga due mesi senza riuscire a stabilire nessun contatto con loro. Ma ecco che arrivi tu, e gli Antichi ti parlano nel giro di poche ore.

Mi venne da ridere. Delos era geloso! —Forse sto mentendo —dissi.

— No, tu non stai mentendo, Orion. E neppure sei un semplice soldato. Chi sei, allora? Perché sei stato mandato su Lunga?

— Vorrei saperlo anch’io —risposi. Vuotai la tazza in un sorso, poi mi volsi e mi allontanai, lasciando Delos in preda alla curiosità e al risentimento.

Randa era ancora in cabina di pilotaggio, in compagnia di un collega. Dissi a entrambi di uscire.

— Da questo momento prendo io i comandi —aggiunsi.

Randa mi lanciò uno sguardo carico di scetticismo. —Sei sicuro di potertela cavare? Pilotare un velivolo all’interno di un’orbita planetaria non è facile come credi, Orion.

Era stata chiarissima, e altrettanto lo era il sorrisetto tollerante che le curvava le labbra. “Io sono una scienziata” mi stava dicendo “e so come pilotare un velivolo di ricognizione grazie al quadro comandi e al computer. Tu sei solo un soldato, e conosci e sai fare solo quello per cui sei stato addestrato.”

Mi avvicinai e l’afferrai per un braccio, costringendola ad alzarsi. —Posso pilotare qualunque cosa, se necessario —dissi. —Perché non lo chiedi a tuo marito?

Sembrò sorpresa, quasi seccata, ma non fece resistenza, e con un’ultima occhiata risentita lasciò la cabina.

— Vattene anche tu —dissi al suo compagno. —Me la caverò da solo.

L’uomo borbottò qualcosa di incomprensibile tra i denti, ma si allontanò. Ispezionando il quadro comandi, notai che nella memoria del computer figurava un programma di inserimento orbitale automatico. I sensori stavano già valutando la massa di Lunga e la distanza che da esso ci separava. Non dovevo far altro che premere il pulsante di inserimento automatico; la navetta avrebbe fatto tutto da sé.

Attivai il sistema di comunicazione e chiamai la base degli Skorpis. Diversi ufficiali si offrirono di parlare con me, ma io non aprii bocca finché sul video non apparve il viso del comandante.

— Ti arrendi, Orion? —La sua sembrava più un’affermazione che una domanda.

— No —risposi. —Sono tornato per proporti uno scambio.

— Che cosa hai da offrirmi?

— La tua équipe di scienziati.

Abbozzò un sorrisetto. —Li hai catturati e ora vuoi restituirli?

— Li ho salvati dai Tsihn e ora te li riporto.

Con un gesto inconsapevole, cominciò a lisciarsi la peluria che le ricopriva il viso. —Non attribuisci loro molto valore, se sei pronto a ridarmeli.

Quasi sorrisi, ricordando le interminabili contrattazioni nei bazaar delle città mongole, perfino nei consigli di amministrazione di società interplanetarie.

— Diciamo che per me non valgono quanto valgono per te —mi limitai a rispondere.

— E quanto dovrebbero valere per me? Non sanno combattere, e non possono essere usati come cibo. La loro missione è fallita. Per causa loro ho perduto quasi due battaglioni di guerrieri.

— Avevate l’ordine di proteggerli. Avete combattuto bene e vi siete fatti onore. Sfortunatamente, dovrai dire ai tuoi superiori che “voi” avete fallito. Gli scienziati sono stati catturati, e questo nonostante il sacrificio di due battaglioni. Una circostanza davvero spiacevole.

Se mai un gatto ha sorriso, lo fece lei in quel momento. —Io non ho perduto gli scienziati. Sono sulla tua navicella.

— Ma non sulla tua.

— Sarebbe a dire?

— Sarebbe a dire che farò esplodere la mia nave con tutti gli scienziati se non accetterai le mie condizioni.

— Moriresti anche tu.

— Proprio così, e nessuno si ciberà della mia carne. L’esplosione ci trasformerà tutti in gas.

Scrollò le ampie spalle in modo quasi umano. —Continua. Sono tutta orecchi.

— Che cosa diranno i tuoi superiori quando sapranno che la missione è fallita? Quando sapranno che hai rifiutato di riprendere gli scienziati che ti venivano restituiti? Finirai anche tu nelle loro dispense, temo.

Quelle parole le strapparono una smorfia. —Possiamo catturare la tua nave e…

— Non prima che io la faccia esplodere.

Restò a fissarmi. Benché fosse solo un’immagine sullo schermo, riuscivo a percepire la sua furia. Se avesse potuto, mi avrebbe dilaniato con i suoi artigli.

— Ma io sarò ben lieto di restituirti gli scienziati —ripresi, in tono noncurante.

— In cambio di che cosa?

— Dei miei soldati.

— Sono nostri prigionieri. Si sono arresi senza neanche combattere.

— Valgono molto poco, quindi —la stuzzicai. —Quanto coraggio potrebbero trasmettervi, soldati di quella fatta?

— Perché li vuoi, allora?

Dovevo escogitare qualcosa. —Voglio resuscitarli e addestrarli a diventare veri soldati, degni del nome che portano. Così, la prossima volta che li incontrerai, ti offriranno un cibo di qualità superiore.

Ora toccava a lei riflettere. Di certo pensava che le stessi mentendo, che le mie parole nascondessero chissà quali disegni. Ma di fatto, le avevo detto qualcosa di molto vicino alla verità. I miei soldati avevano davvero bisogno di un addestramento migliore… e di migliori superiori… se volevano sopravvivere in battaglia.

— Devo pensarci —disse infine la Skorpis. —I prigionieri sono stati ibernati e appartengono ai capi di coloro che li hanno catturati. Devo decidere quale ricompensa offrirgli, nel caso accettino di rinunciare al loro cibo.

Annuii. —Sto entrando in un’orbita fissa attorno al pianeta. E tra un’ora farò esplodere la nave.

— Avrai la mia risposta tra meno di un’ora, Orion.

— Bene. —Quando chiusi la comunicazione, mi accorsi che mi tremavano le mani.

— Non puoi aver parlato sul serio!

Feci girare la sedia: Randa era in piedi dietro di me. Evidentemente non aveva obbedito al mio ordine ed era rimasta lì, ad ascoltare.

— Oh, sì, invece —la contraddissi.

— Saresti pronto a farci morire per una manciata di soldati? Soldati, poi! Che diavolo, sono poco più di macchine.