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— Sono umani —risposi, sforzandomi di mantenere la calma.

— E credi che noi resteremo tranquilli ad aspettare che tu ci uccida?

Sapevo che non avevamo armi. Persino gli utensili di uso comune erano chiusi in un container fuori dallo spazio riservato all’equipaggio.

Sogghignai. —Voi siete ventidue, io sono solo. Ma dubito che possiate entrare qui dentro in più di tre o quattro alla volta. E sono in grado di tenere a bada tre o quattro uomini senza troppa fatica.

— Tu sei pazzo! —gridò Randa. —Noi siamo “scienziati”, maledetto idiota! Uno solo di noi vale cento dei tuoi miserabili soldati.

Preferii ignorare il suo commento. —Se vi manterrete calmi, tornerete alla base Skorpis tra un’ora o giù di lì. In caso contrario, farò esplodere la nave.

Lei mi fissò inorridita. —Non ti importa di morire?

Mi sorpresi a scuotere la testa. —No, non me ne importa. La morte non mi spaventa affatto. Anzi, la accoglierei con sollievo.

Questa volta Randa non ribatté, ma rabbrividendo se ne tornò dai colleghi.

Mancavano meno di cinque minuti allo scadere dell’ora quando il comandante Skorpis si mise in contatto con me. Doveva essere stata maledettamente indaffarata a escogitare la maniera di catturare il velivolo o impedirmi di farlo esplodere; soppesare il valore dei quarantanove soldati ibernati a fronte dei ventidue scienziati dell’Egemonia; decidere quale ricompensa offrire ai guerrieri che avevano catturato i miei uomini. Mi chiesi se avessero divorato qualcuno dei Tsihn catturati in battaglia.

Suo malgrado, la Skorpis aveva deciso di accettare la mia offerta. Le quarantanove casse furono trasportate a bordo da tre shuttle, dato che avevo rifiutato l’utilizzo del trasmettitore di materia. Quando furono tutte a bordo, permisi agli scienziati di salire sull’ultimo shuttle.

Accanto a me, Delos guardava i suoi colleghi sfilare verso il tunnel che collegava il nostro velivolo allo shuttle.

— Dove andrai, ora? —mi domandò.

— A cercare un posto in cui sia possibile riportare in vita i miei soldati.

— E dopo?

— Non lo so —confessai.

— Continuerai a combattere?

— Suppongo di sì.

Randa fu l’ultima a sbarcare. Con la mano sul bordo del portello, si voltò a guardarmi.

— Ci avresti davvero uccisi tutti per una catasta di cadaveri congelati?

Una catasta, avrebbe voluto aggiungere, di cadaveri di soldati, creati per combattere e morire su qualche pianeta roccioso tra le stelle?

— Se ci fossi stato costretto —risposi.

Le sue labbra si curvarono in un sorriso maligno. —E come fai ad avere la certezza che quelle casse contengano i tuoi preziosi soldati? Forse il comandante Skorpis ci ha messo dentro quarantanove dei suoi guerrieri, per coglierti di sorpresa.

Sorrisi. —Abbiamo stretto un patto. Lei è un soldato. Mi ucciderebbe, se potesse, ma non mi mentirebbe mai.

— Lo credi davvero?

— I suoi valori non sono i tuoi —affermai.

Lo sguardo di Randa si spostò sul marito. —Andiamo —gli disse —e lasciamo questo pazzo con i suoi soldati congelati. —Scivolò fuori.

Delos mi guardò con tristezza. —Ho la sensazione che potrei imparare molte cose, se venissi con te.

— Se lo desideri, sei il benvenuto.

Scosse la testa. —Lo vorrei, ma non posso. Anche se non sono un soldato, ho anch’io i miei doveri. E so qual è il mio posto.

— Forse potresti aiutarmi a porre fine a questa guerra.

— Come?

— Vorrei saperlo.

Mi tese la mano. —Abbiamo scelto fazioni opposte, lo so. Ma… buona fortuna, Orion. Vorrei tanto che ci fosse il modo di mettere fine a questa assurda guerra.

— Cercalo —risposi, stringendogliela.

18

Parte dell’accordo tra me e il comandante della base Skorpis prevedeva che io lasciassi indisturbato il sistema di Lunga. Ormai solo, presi la stessa direzione dei Tsihn. Le navi Skorpis non mi seguirono, ma sapevo che un semplice ordine del comandante sarebbe stato sufficiente per annientarmi.

La mia nave non era in grado di raggiungere la velocità della luce e la mia unica speranza di salvezza stava nell’intercettare un altro velivolo della Suprema Alleanza. “Una speranza remota” mi dissi. Lo spazio è sconfinato, e gran parte dei mezzi che lo percorrono procedono alla velocità della luce.

Ma io possedevo altri mezzi di comunicazione.

Inserii il pilota automatico, con l’istruzione di avvertirmi in caso di avvistamenti di navi Skorpis o dell’Egemonia. Poi mi appoggiai allo schienale della poltrona, davanti al quadro-comandi e chiusi gli occhi.

Questa volta fu facile. Il Radioso apparve immediatamente, coperto da un meraviglioso mantello. Si stagliava contro il vuoto e l’oscurità dello spazio, splendida figura irradiante gloria e potenza.

— Che strana scimmia sei, Orion! —esordì. —Minacciare di ucciderti se il nemico avesse rifiutato di restituirti i tuoi soldati!

— Sono già morto altre volte —replicai. —Non è poi così terribile.

— Ma ogni volta ti aspetti che io ti resusciti.

Ricordai vagamente una hindu dalla pelle scura e grandi occhi liquidi. —Sarebbe un sollievo poter lasciare la ruota della vita —dissi.

— È il nulla che cerchi? L’oblìo?

— La fine della sofferenza.

Aton abbozzò un sorrisetto sarcastico. —Non è ancora il tempo del tuo nirvana, Orion. Ho altri compiti per te.

— Prima riporta in vita i miei soldati. Risvegliali e permetti loro di condurre un’esistenza normale. Lo meritano.

— Torneranno in vita, te lo prometto. Non ho rinunciato alla speranza di arruolare gli Antichi e altre antiche razze. I tuoi uomini ti aiuteranno a stabilire il prossimo contatto con loro.

— Metti fine a questa guerra —incalzai. —Fa’ cessare questo massacro. Che cosa può esserci di tanto importante da sacrificare miliardi di creature?

— E che cosa hanno queste creature, perché il quando e il dove della loro morte abbia una qualche importanza? Sono creature, Orion. Creazioni mie. Posso usarle come meglio credo. Le uso come devo.

— Perché dovremmo aiutarti a continuare questa guerra? Che senso ha? Perché non puoi mettervi fine?

Scosse il capo, come deluso dalle mie insistenze. —Quanto è scarsa la tua comprensione, Orion! Non credi che lo farei, se solo potessi? Ma non è così facile.

— Perché no?

— Bisogna essere in due per fare la guerra, e bisogna essere in due per stipulare la pace. Anya e i suoi non smetteranno di combattere. Vogliono fare a modo loro e questo ci porterà tutti al disastro.

— Evidentemente lei la pensa in modo diverso.

— E sbaglia!

“Se solo potessi trovare Anya” pensai. “Se solo potessi parlarle, capire perché sta combattendo, quali sono i suoi obiettivi.”

Il radioso mi lesse nella mente. —Ti ucciderebbe, Orion. La dea che ami, ora vuole solo sangue e vendetta. Chiunque sia al mio servizio è suo nemico e lei lo distruggerà. È mia nemica, Orion, e quindi è anche la tua.

“No” pensai. “Anya non sarà mai mia nemica.”

— Pazzo! —sibilò Aton e scomparve.

Ero di nuovo nella cabina di pilotaggio. Le luci sul quadro comandi lampeggiavano e l’allarme suonava a ripetizione.

Lo schermo mostrava una sola nave, dalla linea affusolata, che puntava verso di noi. Aumentando la capacità dei sensori, individuai su una fiancata il simbolo esagonale della Suprema Alleanza.

Era una nave dei Tsihn. Di lì a poco, comparve sullo schermo l’immagine del suo comandante: piccolo e sottile, con il corpo ricoperto da scaglie rosa e giallo pallido.