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— Vale anche per i soldati clonati? —domandai.

— Certo! Sono umani e vogliono vivere, clonati o no. Devono essere addestrati per restare al loro posto e combattere, non per ruggire quando intorno a loro si scatena l’inferno.

— Addestrati anche a uccidere —osservai.

— Naturalmente! Uccidere è importante in guerra. Nessuno ha trovato il modo di vincerne una senza uccidere, e scienziati e computer non bastano.

— Generale, che ne sarà dei miei uomini?

Mi guardò senza capire. —Che cosa ne sarà? —ripeté. —Gli verranno affidate altre missioni, che altro?

— Senza neppure un periodo di riposo? Una licenza?

Uxley si raddrizzò nella sedia. —Stiamo parlando di soldati semplici, Orion. Creati per combattere. Non sono persone vere, come te e me. Noi abbiamo una famiglia, amici e una casa. Loro no. Sono soltanto soldati. Che cosa se ne farebbero di una licenza? Non hanno un posto dove andare, una famiglia da cui tornare. Non hanno una casa, eccezion fatta per l’esercito.

— Lei stesso mi ha detto di essersi allontanato troppo dalla sua famiglia —gli ricordai.

— E con questo? Ce l’ho pur sempre! La troverei lì, se dovessi decidere di tornare a casa. Non è così anche per te?

Esitai, incerto, ma alla fine dissi soltanto. —No, io… io sono orfano.

— Ah, un vero peccato! Ma i tuoi soldati sono solo dei cloni. Li abbiamo creati per combattere, non per mescolarsi alla società civile.

— Nella vita non hanno altro che guerra e addestramento.

Uxley ammiccò. —Ma fanno sesso, giusto?

— Perché qualche psicologo ha stabilito che avrebbero combattuto meglio se i loro istinti aggressivo/protettivi fossero stati enfatizzati da relazioni sessuali. Per voi non significano altro? Un fascio di istinti addestrati e impiegati come armi?

Lo vidi arrossire, turbato. —Da’ retta a un veterano, Orion. Essere un soldato vuol dire alternare lunghi mesi di noia a istanti di profondo terrore. Noi abbiamo eliminato la noia dalla loro vita. Dovrebbero essercene grati.

— Lasciando loro nient’altro che il terrore. Le sembra giusto?

— Giusto? —Il rossore sul suo viso si accentuò. Non capivo se stesse per esplodere in una sonora risata o in un accesso di collera. —Giusto? Siamo in guerra, ragazzo! Abbiamo bisogno di tutti i soldati che possiamo creare! E al costo più basso. Non possiamo preoccuparci anche dei loro sentimenti. Servirebbe solo a renderli più deboli, vulnerabili e a diminuirne la capacità di combattere.

Mi sforzai di fargli vedere i soldati come esseri umani. Umani come lo era lui, o come credeva di essere. Ma fu inutile. Ne discutevamo ogni notte, ma Uxley arrivava sempre alla stessa conclusione: —Sono stati creati per combattere. Altrimenti, non sarebbero stati creati affatto. Dovrebbero esserci grati per la vita che gli abbiamo dato e per l’opportunità di servire la Suprema Alleanza.

“Già” pensai. “Proprio come io dovrei sentirmi grato per aver ricevuto una vita dopo l’altra, e tutto per il privilegio di servire Aton e gli altri Creatori.”

— Quale sarà la loro prossima missione? —gli domandai una sera.

Uxley si strinse nelle spalle. —Al quartier generale non hanno ancora deciso. O, almeno, io non sono stato informato.

— Non verranno riaddestrati durante il sonno crionico?

— Per quel che ne so, non ancora.

Cominciai a farmi domande. E a pensare. Dopo aver salutato il generale, sdraiato sulla mia branda riflettevo su ciò che mi aveva detto il Radioso e su quanto avevo visto con i miei occhi in questa era, in quest’epoca di guerra interstellare, in questa battaglia tra gli stessi Creatori.

Il Radioso aveva detto che Anya mi aveva rinnegato, aveva rinnegato la forma umana, e ora era la sua principale avversaria. Io ero programmato per credergli, e nondimeno il dubbio mi logorava. Anya e io ci eravamo amati attraverso i secoli, in ogni era in cui ero vissuto. Perché avrebbe dovuto cambiare proprio adesso?

Il Radioso aveva aggiunto che se l’avessi trovata, Anya mi avrebbe ucciso con la stessa facilità con cui un uomo schiaccia un insetto molesto. E che lui non mi avrebbe riportato in vita; forse perché non ne sarebbe stato in grado, o forse perché non lo avrebbe voluto.

“Molto bene” pensai. Se avessi trovato Anya e scoperto che le parole di Aton rispondevano a verità, ebbene, sarei stato ucciso e quella sarebbe stata la fine di tutto. La fine di ogni sofferenza. La fine di tutte le speranze e di tutte le angosce. La fine dell’amore.

E se invece Aton mi aveva mentito? Se Anya mi amava ancora e mi voleva con lei? Che follia restare al servizio del Radioso. Sì, decisi; dovevo andare a cercarla.

Amore o morte. Non c’erano alternative.

Cominciai a elaborare un piano.

Ma, scoprii, anche il Radioso aveva dei progetti per me.

Una volta alla base sei del settore, decisi di assistere allo scarico delle capsule contenenti i miei soldati. Volevo cominciare ad addestrarli per la missione che avevo in mente e dovevo trovare il modo di inserirmi nei computer che in quella base programmavano i sistemi di addestramento durante il sonno.

Ma avevo appena cominciato a giocherellare con il mio personal computer, quando Aton ricomparve. Un attimo prima, ero alla mia scrivania e subito dopo sedevo sull’erbosa collina che sovrastava la città dei Creatori. Il sole splendeva caldo, una leggera brezza marina agitava i cespugli fioriti. Guardando le onde che andavano a infrangersi sulla riva, pensai ai delfini che mi erano amici.

Una sfera dorata mi comparve davanti, accecante nel suo splendore, costringendomi a coprirmi il volto e ad accasciarmi sulle ginocchia.

— Così va meglio, Orion —disse la voce arrogante di Aton. —La posizione appropriata a un adoratore.

Quando alzai lo sguardo, il Radioso aveva assunto sembianze umane, ed era in piedi davanti a me nella sua uniforme immacolata.

— Ti sei comportato egregiamente a Bititu —commentò.

— È stata una carneficina.

— Ma necessaria.

— Perché?

— Mi stai dicendo che non ci sei ancora arrivato, Orion? Tu, che pretendi di essere pari ai tuoi Creatori? Tu che trami nell’intento di trovare la dea di cui sei tanto innamorato? Perché la Suprema Alleanza dovrebbe volere Bititu?

Era solo un ammasso roccioso, mi dissi. Quindi, il suo valore doveva essere di natura strategica. Ma nel sistema di Jilbert non c’era altro che quella stella nana ormai morente, un unico, gigantesco pianeta gassoso che le orbitava intorno e i resti di altri asteroidi, piccoli ammassi di roccia e metallo…

Cercai gli occhi dai riflessi dorati di Aton. —C’era un altro pianeta nel sistema. E tu l’hai distrutto.

— Altri due —mi corresse. —Li abbiamo distrutti entrambi.

— A prezzo di quante vite?

Si strinse nelle spalle, incurante. —L’Egemonia aveva stabilito delle colonie su quei mondi e li stavano trasformando in potenti basi militari.

— Ma che cosa minacciavano? —domandai. —In quel settore non c’è un mondo della Suprema Alleanza per almeno cento anni-luce, se non di più.

— E dunque? Rifletti, Orion —mi sfidò.

L’unico pianeta del sistema di Jilbert era il gigante gassoso, un enorme mondo blu avvolto di nubi sotto le quali i gas si condensavano in liquidi a causa della massiccia gravità. Un oceano grande quanto un pianeta. D’acqua, probabilmente.

Allora capii. —Gli Antichi.

Aton applaudì. —Bravo, Orion! Il gigante di gas nel sistema di Jilbert è un mondo su cui gli Antichi vivono da tempi immemorabili. Forse è addirittura il loro pianeta d’origine.

— L’Egemonia vi aveva installato delle basi nel tentativo di stabilire un contatto con gli Antichi.

— E per impedire a noi di fare altrettanto —aggiunse il Radioso.